Dazi Usa, a rischio 10% export. Cia serve massimo sforzo diplomatico

I nuovi dazi minacciati da Trump rischiano di far saltare il 10% dell’export agroalimentare italiano e serve il massimo sforzo diplomatico per scongiurare un impatto economico devastante, soprattutto in questo primo periodo di ripresa post coronavirus, sui prodotti più importanti del Made in Italy

È questo l’appello di Cia-Agricoltori Italiani dopo il nuovo aggiornamento della lista dei prodotti e dei Paesi europei che rischiano di subire la scure dei dazi imposti dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

In base a questa revisione, infatti, oltre a formaggi, salumi e alcuni alcolici che già da mesi hanno subito un incremento dei dazi del 25%, anche prodotti come vino, olio extravergine d’oliva e pasta rischiano pesanti stangate.

Nell’ultimo anno, l’Italia ha spedito 4,2 miliardi di euro di prodotto sul mercato statunitense e il 10% delle esportazioni agroalimentari italiane sono approdate sulle tavole dei consumatori a stelle e strisce.

Gli Usa sono, in particolare, il primo mercato di sbocco del vino italiano, con 1,5 miliardi di euro e un peso sulle esportazioni totali oltreoceano del 35%. Percentuale in crescita, visto che nei primi 9 mesi del 2019 avevano già superato del 4,6% il dato dell’anno precedente, con un’impennata per gli spumanti (+9%). Si tratta di un’incidenza di quasi il 30% sull’export totale di vini tricolore, molto più del diretto competitor transalpino, la cui quota non arriva al 20%.

Il rischio dazi, quindi, lascerebbe strada libera ai competitor che potranno aggredire una quota di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno.

“L’imposizione di nuovi dazi doganali infliggerebbe danni alle imprese e ai produttori e metterebbe a rischio un mercato florido per le nostre aziende – spiega Dino Scanavino, Presidente Cia-Agricoltori Italiani -. Serve lavorare a livello europeo per salvaguardare il nostro sistema agroalimentare che già soffre a causa delle conseguenze della pandemia”.

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