DL Rilancio, coltivatori diretti e autonomi esclusi da esonero contributi previdenziali. Cia Toscana: decisione sconcertante

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Decisione sconcertante. Secondo alcune interpretazioni di cui siamo venuti a conoscenza, l’esonero dei contributi previdenziali in agricoltura riguarderebbe solo i dipendenti, sottolinea la Cia Agricoltori Italiani della Toscana.

Così – come prevedrebbe il Decreto Rilancio approvato oggi – resterebbero esclusi i coltivatori diretti, gli autonomi ei titolari di azienda gli imprenditori agricoli professionali (Iap).

«E’ una decisione assurda che crea grande disparità fra le imprese – commenta il direttore di Cia Toscana Giordano Pascucci – e che danneggia in particolar modo le piccole aziende agricole come sono in maggioranza nella nostra regione. Chiediamo che questo passaggio, ovvero l’articolo 222 del Dl Rilancio, venga al più presto rivisto e si ponga rimedio ad una situazione imbarazzante, che mette in ulteriore crisi tutti i coltivatori diretti. Bene che l’esonero straordinario dal versamento dei contributi (per il periodo 1 gennaio – 30 giugno 2020) riguardi i dipendenti di azienda; male, anzi malissimo che tutti i coltivatori diretti rimangano esclusi. Si rimedi a questo errore molto grave. Positivi invece gli interventi che comprendono sgravi fiscali per i settori più in crisi, fra questi florovivaismo agriturismo apicoltura, cereali e vitivinicolo».

Impresa 1 e Impresa 2 – In un settore interessato agli sgravi (come agriturismo e vivaismo), abbiamo due imprese che occupano entrambe 5 persone. Nell’impresa 1 gli iscritti all’Inps sono il titolare e i familiari-coadiuvanti (moglie, figli, fratelli) che con questa interpretazione non avrebbero diritto a nessuno sgravio contributivo. Nell’impresa 2, con 5 dipendenti a tempo indeterminato o parziale, spetta invece lo sgravio contributivo totale o parziale per 6 mesi. Perché – si chiede la Cia Toscana – due imprese che operano nello stesso settore e con le stesse difficoltà devono avere trattamenti previdenziali diversi? Così si tutela sicuramente il lavoro dipendente, ma si discrimina e si penalizza il lavoro familiare, che in Toscana interessa il 75 per cento delle imprese.

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