Pecorino toscano. Balze Volterrane DOP: i produttori chiedono che il latte venga pagato il giusto prezzo per tutelare la qualità

Pecorino delle Balze Volterrane, Fattoria Lischeto

La campagna elettorale si scalda. E può farlo anche con il formaggio, come ha dimostrato il recente episodio legato alla visita di Salvini ad un caseificio di Fauglia, mentre annusa un pecorino, con la mascherina abbassata sul mento, scatenando prese di posizione, proposte di boicottaggio come quella dell’assessore alle Culture di Volterra, Danti, e migliaia di commenti sui social.

Ma il formaggio toscano, eccellenza del Made in Italy, come sta? Non basta certo la percentuale dell’export, per rispondere a questa domanda. Neanche due anni fa, il presidente di Cia Toscana Luca Brunelli, denunciava che “il latte viene pagato ai nostri allevatori come trenta anni fa” ma che, coi costi della burocrazia in aggiunta, di fatto ci si andava a rimettere.

Anche la Regione corse ai ripari, istituendo un tavolo per un settore, quello del comparto ovi – caprino, che vede ancora in Toscana oltre 1.500 aziende e impegna circa 5.000 posti di lavoro. Per vasti territori delle province di Siena, Grosseto e Pisa, è un settore che incarna l’identità profonda di una Toscana interna che è stata capace, nel tempo, di sviluppare produzioni di grande qualità, pur tra mille difficoltà, traendo forza da ciò che il territorio offre.

Come la recente DOP del Pecorino delle Balze Volterrane, a latte crudo e lavorato con caglio vegetale, ricavato dal cardo selvatico. Usa il sale di Volterra e latte locale. Eccellenze di territorio che si devono però confrontare con i meccanismi della globalizzazione e con le logiche di mercato, cercando di far attenzione a non essere travolte per sempre. “Purtroppo stiamo assistendo ad una lenta agonia degli allevamenti in Toscana” dichiara il Presidente del Consorzio Tutela del Pecorino delle Balze Volterrane, Bartolomeo Carta.

“Non solo il prezzo del latte continua ad essere basso, ma, con la scusa dell’effetto Covid, molte grosse aziende, a parte Granarolo che ha rispettato il contratto, hanno ulteriormente ridotto, nell’ordine dei dieci centesimi al litro, il valore del latte. Inoltre, chiediamoci da dove viene molto del latte che serve a realizzare grandi quantità di prodotti, che spesso finiscono sui banchi della grande distribuzione. Se non c’è una vera tracciabilità, non c’è nessuna rispondenza fra numero dei capi e reale produzione di latte locale. Nel nostro Consorzio ci son regole rigide, ma altrove non è così”.

Se potesse chiedere una cosa a chi si candida, cosa direbbe? “Chiederei di garantire un prezzo equo per il latte e la tutela del consumatore – continua Carta – che deve sapere da dove viene il latte”.

Sulla stessa linea Giovanni Cannas, storica anima dei produttori del Pecorino delle Balze Volterrane. “I problemi a carico dei produttori locali rimangono e anche la tutela del Made in Italy e delle produzioni di qualità, necessita di maggiori risorse per chi produce e per chi crede davvero nel territorio. Le aziende sui territori possono rappresentare una risorsa a 360 gradi, anche in ambito sociale e scolastico”.

Intanto, mentre sui territori si resiste vendendo cara la pelle, a livello globale, dopo un primo stop ad accordi di libero scambio transnazionale, come il famigerato TTIP, altri progetti di questo genere sembrano spuntare di continuo all’orizzonte. Oppure non esser mai tramontati. Magari con liste di prodotti italiani da tutelare, come accadde per il TTIP, col compito di proteggere il Made in Italy da copie e concorrenza sleale. Secondo ISTAT, sui prodotti tutelati dall’Europa, al 31 dicembre 2014, ben 269 erano italiani. Ma nella bozza di proposta europea riguardo al TTIP, i prodotti italiani da tutelare erano, ad esempio, solo quarantuno. Altre DOP, Doc o simili, non sarebbero potute entrare a far parte della lista, se non si fosse dimostrato che c’era un motivo specifico e una “rilevanza commerciale” per venir protette.

“Anche queste liste – chiude Cannas – sono state spesso sbandierate come successi, ma in realtà tutelano solo le realtà più forti. Noi andiamo avanti, con riconoscimenti che continuano ad arrivare, ma il problema c’è”. Mentre le dinamiche globali spesso sfuggono alla percezione comune, più orientata ad alimentare le schermaglie sui social, la partita vera che si gioca è quella sulla tutela di una sorta di microcosmo unico, costituito dalle mille sfaccettature che le produzioni italiane di qualità riescono, nonostante tutto, ad esprimere. Grazie di resistere.

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