Peste suina. In Veneto allevatori in allarme per la diffusione del virus

Torna l’allerta per la Peste suina africana dopo i recenti casi scoperti in Germania di una quarantina di cinghiali positivi al virus.

Gli allevatori di Confagricoltura Veneto chiedono misure di protezione e controlli intensificati, ma soprattutto azioni incisive di contenimento della fauna selvatica, per scongiurare il rischio che il virus si diffonda tra gli ungulati.

“Secondo le stime dal 2016 la Psa ha causato l’abbattimento di 1,3 milioni di suini – sottolinea Rudy Milani, presidente degli allevatori suini di Confagricoltura Veneto -. Come temevamo, il virus è arrivato in Germania e si sta diffondendo velocemente in Europa, con conseguenze economiche che rischiano di affossare un comparto che sta cercando di riprendersi dopo il periodo buio del lockdown. Bisogna cominciare a fare un piano di contenimento serio della fauna selvatica, a cominciare dalle aree dei Colli Euganei e della Pedemontana trevigiana, dove gli ungulati si stanno moltiplicando a dismisura, per proseguire con la montagna veronese e tutto l’arco alpino dal Friuli Venezia Giulia alla Lombardia. Il Trentino ha dimostrato di avere intelligenza in questo campo, come si è visto nella gestione degli orsi. Così dobbiamo fare noi, controllando e abbattendo gli animali selvatici che mettono a rischio la nostra salute e la nostra economia”.

Il settore della carne suina e dei prodotti derivati sta riprendendo fiato dopo mesi difficili: “Le quotazioni della carne erano scese da 1,8 euro al chilo a 1 euro, ma siamo riusciti a risalire a 1,6 – sottolinea Milani -. Il problema della Germania non ci voleva, perché, oltre al rischio che la peste suina entri in Italia, c’è anche quello della chiusura delle esportazioni tedesche verso la Cina, con la conseguenza che buona parte delle carni si riversa adesso sul mercato europeo. Un surplus che causerà, inevitabilmente, un crollo dei prezzi. Ricordiamoci che il valore del comparto in Veneto è stato valutato dall’Istat in oltre 200 milioni di euro. Con l’Horeca bloccato, i prosciutti in stallo e il rischio del crollo dei prezzi della carne fresca si rischia un tracollo per tutto l’indotto”.

Proprio sul fronte dei prosciutti arrivano le note più dolenti. Con le nuove restrizioni in arrivo nel settore Horeca il calo delle vendite è inevitabile. ““Il consumo dei prosciutti, legato alla ristorazione e al turismo, sta un po’ riprendendo fiato – sottolinea Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura a Verona, che è la prima città in Veneto per allevamenti di suini e dove sorgono parecchie grosse imprese di trasformazione che producono prosciutti e salumi con lavorazioni d’eccellenza e carni al 100 per cento italiane -. Il mercato però è ancora in forte sofferenza e la nuova ondata della pandemia non aiuta. In primavera abbiamo chiesto alla grande distribuzione di aiutare i prodotti italiani, a cominciare dai prosciutti e dai salumi che sono arrivati a perdere il 70 per cento nelle vendite sugli scaffali. Ma nonostante le paginate di pubblicità dei supermercati paladini dell’italianità vediamo ancora tanta carne straniera sui banchi e pochi aiuti concreti alle filiere nazionali. Bisogna che la grande distribuzione spinga di più il prodotto italiano e che ci sia anche una politica più forte per l’export, che con normative meno complesse potrebbe aiutarci a vendere i nostri prodotti a mercati molto importanti come quello cinese. Ricordiamo che i nostri prosciutti, a cominciare da quelli dop, sono salubri, certificati, garantiti. E se ripartono loro, ripartiranno anche l’economia e l’occupazione”.

 

 

Informazione pubblicitaria