Si chiama Boss, è il primo agnellino nato in carcere

ANCONA – Si chiama Boss. Ed è il primo agnellino nato nel gregge allevato all’interno della Fattoria Barcaglione, nel carcere di Ancona (Barcaglione), nell’ambito di un programma di recupero dei detenuti.

A fine 2020 sono state portate dal Montefeltro alla Fattoria sorta nelle vicinanze della direzione dell’Istituto Penitenziario di Barcaglione, una ventina di pecore di razza sarda, fra queste la madre di Boss.

Quest’istituto, ad alta valenza trattamentale, situato nella periferia nord di Ancona, è immerso in circa due ettari di terreni demaniali, destinati a una piccola azienda agricola.

In questi ultimi quindici anni, infatti, da quando nel 2006 il carcere fu aperto sotto la guida della direttrice Manuela Ceresani, sono state realizzate numerose attività lavorative che hanno coinvolto i detenuti in un percorso di formazione, curato dall’agronomo Sandro Marozzi, per trasmettere loro manualità e competenze, utili una volta reinseriti nella società.

La Fattoria, modello a ciclo chiuso, si è dotata nel tempo di un oliveto con 300 piante autoctone e del frantoio, di un apiario, di una serra per piccoli frutti e infine di un orto.

E’ arrivata, poi, l’esigenza di tenere in fattoria qualche animale che potesse pascolare e un locale adeguato dove trasformare il latte prodotto in formaggio.

Il progetto si è concretizzato alla fine del 2020 quando diversi attori istituzionali e il Gruppo TreValli Cooperlat, con sede a Jesi, si sono coordinati per portare nella Fattoria venti pecore partorienti e creando un piccolo caseificio.

TreValli Cooperlat per ora ha fornito gratuitamente il latte per fare le prime prove di caseificazione ma intende portare avanti questa positiva esperienza mettendo a disposizione le proprie maestranze esperte nelle produzioni casearie di qualità della controllata Fattorie Marchigiane.

L’obiettivo finale è quello di formare futuri operatori che saranno in grado di produrre latte di pecora da trasformare in Formaggio di Fossa certificato PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). E’ questa la base per un nuovo accordo che verrà sottoposto nei prossimi mesi dall’azienda cooperativa marchigiana TreValli Cooperlat all’Istituto penitenziario.

SCOPO SOCIALE

“La Trevalli ha insito nel suo DNA di cooperativa l’espressione di un paradigma ‘tecnologico’ più evoluto; integra infatti, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera – sostiene Paolo Cesaretti brand manager della Trevalli Cooperlat -.

E’ una gestione del gruppo che richiede il bilanciamento tra l’interesse dei soci e l’interesse della collettività.

Con l’adesione alla Fattoria Barcaglione insieme al Progetto Lega del Filo d’Oro, al Progetto Abele e al sostegno degli enti teatrali regionali perseguiamo di ottenere effetti positivi sulla comunità, i territori e i beni e le attività culturali e sociali.

In particolare, alla Fattoria Barcaglione vogliamo mettere a disposizione la nostra esperienza nella produzione e commercializzazione di un formaggio di qualità quale il Formaggio di Fossa certificato PAT”.

Il progetto di collaborazione con l’Istituto penitenziario di Ancona mira al recupero sociale e professionale dei carcerati e alla loro riabilitazione nella società una volta terminata la detenzione.

Trevalli Cooperlat

Ha sede a Jesi, è una società cooperativa agroalimentare di secondo grado, che in sessant’anni, ha saputo costruire un modello imprenditoriale innovativo, attestandosi come terza realtà nel panorama italiano tra i gruppi lattiero-caseari con 220 milioni di euro di fatturato e 600 addetti.

Da sempre TreValli Cooperlat collabora con le organizzazioni e con le associazioni nazionali e locali per dimostrare la propria vicinanza a chi soffre e un sostegno di rilevante importanza sociale ai soggetti più esposti del territorio.

 

 

 

 

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