Scarsa produttività e poca innovazione. Ecco tutte le raccomandazioni UE per il piano strategico Italiano della PAC

ROMA – Elevato rischio idrogeologico, tasso di ricambio generazionale tra i più bassi d’Europa, limitata crescita della produttività, insufficiente digitalizzazione delle campagne e indebolimento della  posizione contrattuale all’interno della filiera.

Sono alcune delle principali problematiche strutturali che affliggono l’agricoltura italiana e che ostacolano la transizione verso un modello produttivo sostenibile, resiliente ed equo, così come indicato dalla strategia Farm to Fork del Green Deal. È da da qui, almeno secondo le raccomandazioni  dell’Europa, che l’Italia dovrà partire nella definizione del suo Piano Strategico Nazionale della Nuova PAC.

Le raccomandazioni della UE si inseriscono nel quadro del dialogo strutturato per la preparazione dei PSN dei diversi Paesi membri e riguardano appunto gli obiettivi economici, ambientali e sociali specifici della futura PAC e in particolare l’ambizione a convergere verso  la strategia “Dal produttore al consumatore” e quella sulla biodiversità per il 2030.  Quelle rivolte all’Italia sono contenute in un documento di circa 40 pagine che prende le mosse da un’analisi molto accurata della situazione attuale del settore primario nazionale e delle  priorità da affrontare nelle zone rurali.

L’Italia – si legge nel testo – continua a dover far fronte a una bassa crescita della produttività nelle sue aziende agricole a causa dell’invecchiamento della popolazione agricola, del basso livello di digitalizzazione e delle piccole dimensioni delle aziende. Inoltre, nonostante il buon livello di organizzazione dei produttori, la quota di valore aggiunto del settore primario nella filiera alimentare è diminuita.

Il reddito agricolo rimane volatile e, nonostante il ruolo cruciale svolto dai pagamenti diretti nella stabilizzazione del reddito agricolo, differenze significative nella distribuzione del sostegno (principalmente pagamenti diretti basati su riferimenti storici individuali) ne limitano l’efficacia. Tali differenze, che emergono in ragione di caratteristiche della produzione del passato, nel corso del tempo hanno perso la loro giustificazione. È inoltre auspicabile una distribuzione più equa a favore delle aziende agricole familiari redditizie, vincolando una quota maggiore di sostegno al reddito alle prestazioni ambientali.

Tra le priorità indicate da Bruxelles c’è poi quella di migliorare l’adattamento ai cambiamenti climatici, in un paese come l’Italia, tra i più vulnerabili in Europa ai rischi idrogeologici e di erosione del suolo, con danni crescenti causati da eventi metereologici estremi.

Risparmio idrico e uso efficiente dell’acqua è un altro dei fronti con cui in particolare il nostro Paese dovrà confrontarsi: il passaggio a colture a minore intensità idrica, associato a una maggiore diffusione di tecnologie di irrigazione efficienti potrebbe contribuire a ridurre gli impatti degli episodi di siccità che sono sempre più frequenti in l’Italia in ragione dei cambiamenti climatici.

Anche gli obiettivi ambientali sono particolarmente rilevanti per l’agricoltura nazionale. Nella penisola, le emissioni agricole (comprese le emissioni di gas a effetto serra e di ammoniaca), dopo una riduzione registrata tra il 1990 e il 2013, sono rimaste sostanzialmente stabili negli ultimi 7 anni e sarà necessario fare di più per ridurle al fine di contribuire agli obiettivi dell’Unione (UE). Il settore zootecnico, soprattutto nelle zone soggette a un uso agricolo più intensivo nel nord Italia, svolge un ruolo particolarmente importante in tale contesto, in quanto le emissioni derivanti dalla fermentazione enterica e dalla gestione del letame rappresentano le principali fonti di emissioni totali.

Quanto alla produzione di energia rinnovabile dal settore agricolo e forestale, la Commissione invita a fare di più, dato che l’Italia si attesta su valori inferiori alla media UE nonostante un potenziale significativo di produzione di biomassa, energia solare ed eolica.

Il bilancio dei nutrienti per l’azoto, segnala ancora il documento inviato dalla UE,  è superiore alla media comunitartia e numerose zone presentano un livello elevato di inquinamento da nitrati, soprattutto nelle zone soggette ad uso intensivo e nelle acque sotterranee. A questo proposito, strumenti digitali di gestione dei nutrienti delle aziende agricole possono essere di grande utilità ed esiste un margine considerevole per migliorare la coerenza tra gli incentivi della politica agricola e la legislazione ambientale (direttive sulle acque e sui nitrati).

Nonostante l’agricoltura biologica in Italia sia ben al di sopra della media UE sia in termini di incidenza delle superfici sulla Sau totale ( 15%  vs 8% della media Ue nel 2018), che in termini di numero operatori coinvolti (Italia prima in Europa), la situazione della biodiversità in Italia è in costante peggioramento, soprattutto per quanto concerne gli uccelli, le specie e gli habitat legati ai terreni agricoli. L’invito di Bruxelles è dunque di attuare sforzi maggiori per promuovere un uso decisamente inferiore e più razionale dei prodotti fitosanitari, considerando anche che talune regioni italiane sono tra gli utilizzatori più intensivi di pesticidi nell’UE.

Altro punto messo in luce nelle raccomandazioni riguarda il basso livello di innovazione tecnologica e digitale nella campagne, in parte connesso al digital divide che affligge le aree rurali e al basso livello di formazione del tessuto imprenditoriale e in parte anche alla mancanza di un efficace coordinamento del sistema italiano di conoscenza e innovazione in agricoltura che dovrebbe propagare e promuovere sul territorio l’adozione di innovazioni.

L’intero documento è disponibile a questo link

 

 

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