Agriturismi. Pienone per il pranzo di Pasquetta, ma camere occupate all’80%

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ROMA – Sole e schiarite sulla giornata di Pasquetta hanno portato il tutto esaurito nei 24 mila agriturismi d’Italia, scelti per il pranzo, anche di Pasqua, da una comitiva su 10.

Si è trattato in gran parte di italiani, gruppi ristretti di amici e parenti, che per il 90% stanno rimandando ancora i viaggi all’estero, optando per il turismo sostenibile e di prossimità. I soggiorni, però, vanno ancora a rilento. Sebbene nelle strutture di tutto il Paese, per il weekend lungo di festa, siano state riempite l’80% delle camere, le prenotazioni sono arrivate davvero tutte all’ultimo minuto. Colpa, ancora, dell’incognita Covid e di una crisi economica esasperata dalla guerra in Ucraina. A dirlo è Cia-Agricoltori Italiani con Turismo Verde, la sua Associazione per la promozione agrituristica che, ora, per la vera ripartenza, allunga le aspettative sull’estate.

Secondo Cia, dunque, è questo il ritratto di un’Italia che stenta a riprogrammare la normalità. Ha bisogno di vacanze – circa 14 milioni di persone hanno, comunque, fatto le valigie in questi giorni – ma organizza last second o finisce per disdire. La vera impresa per gli operatori del settore, precisa, infatti, Cia, è la gestione delle prenotazioni. Mentre fino al 2019 si ricevevano richieste di soggiorno 2/3 mesi prima, adesso è questione di settimane, se non di poche ore dalla previsione di arrivo. Nel caso dei pranzi di Pasqua e Pasquetta, rimpiazzare le disdette non è stato difficile. Per i pernotti, invece, il guadagno è perso e, sommato alle riduzioni di servizio per mancanza di personale causa pandemia, supera in media i 15 mila euro a struttura, da inizio anno a oggi. A rianimare un po’ il settore ci sono, comunque, anche le previsioni di ripresa di tutto il turismo nazionale con il ritorno degli stranieri già in questa primavera e pari al 30% nel lungo weekend di Pasqua, rappresentate per lo più da tedeschi e inglesi.

Nell’incertezza generale, annota Cia, a resistere e crescere è sicuramente il valore delle destinazioni regionali per riscoprire l’Italia delle piccole comunità e delle autentiche ricette tradizionali, in montagna e collina, dove si trovano l’84% degli agriturismi del Paese, promotori di quella ruralità lenta e sostenibile che è lontana anni luce dall’overtourism.

Dunque, conferma Cia, anche nel post emergenza sanitaria, la proposta agrituristica funziona, garantendo la giusta combinazione di strutture ampie e spazi con attività all’aria aperta, oltre al requisito fondamentale della sicurezza e della qualità nell’accoglienza e a tavola.

Difficile, però, parlare già di vera ripartenza. In atteggiamento contenitivo per la guerra e il caro-energia, gli italiani che stanno tornando a concedersi il fuori porta, tra questa prima festività dell’anno e i prossimi 25 aprile e primo maggio, rinunciano già a due gite su tre, si concedono un solo pernotto e spenderanno in totale tra il 10 e il 25% in meno rispetto al 2019, anno in cui i turisti di Pasqua crearono un giro d’affari sopra gli 8 miliardi, ma quello fu anche l’anno del lungo ponte. Per il prossimo bisognerà aspettare il 2025.

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