Pomodoro. Con 3,7 mld di fatturato, 25 mila lavoratori rappresenta il 53% della produzione europea. A rischio però la filiera

NAPOLI – La campagna di trasformazione del pomodoro 2022 è partita con qualche giorno di anticipo e, purtroppo, con qualche preoccupazione in più. Uno scenario particolare nel quale si combinano la precoce maturazione dei frutti conseguente alle alte temperature delle scorse settimane, per cui ormai tuti gli stabilimenti produttivi hanno avviato la trasformazione, e le tante incognite che caratterizzano un contesto economico quanto mai incerto, di cui bisogna tenere conto già in questo inizio di campagna. In ordine sparso: la siccità, in particolare nel bacino Nord, la difficoltà nel reperire manodopera stagionale sia nei campi che nell’industria, l’esponenziale aumento dei costi delle materie prime, degli imballaggi primari e secondari e soprattutto delle risorse energetiche e il crescente rischio di pericolose speculazioni, mettono in grande difficoltà uno dei comparti più rappresentativi e importanti dell’industria alimentare italiana.

Per questa campagna di trasformazione del pomodoro, in Italia sono stati messi a coltura 65.180 ettari – con una riduzione dell’8,5% rispetto all’anno record 2021 – di cui 37.024 nel Bacino Nord (-4,1% rispetto alla scorsa campagna) e 28.156 nel Bacino Centro Sud (- 13,6% sul 2021). Sulla base di questi dati e considerando quanto fatto in media negli anni scorsi, si può prevedere una produzione tra 5.2 e 5.4 milioni di tonnellate.

Naturalmente, si tratta di stime e il volume delle produzioni dipenderà sia dalle rese agricole che da quelle industriali, anche in ragione della qualità della materia prima conferita sulla quale l’attenzione dell’industria resta alta dovendo garantire un prodotto finito che rispetti gli elevati standard dei nostri derivati: la qualità rappresenta, infatti, da sempre un must per le nostre aziende.

“I rincari, che hanno raggiunto livelli senza precedenti non solo in termini di quantità ma soprattutto per la generalità degli elementi di costo interessati, hanno fatto lievitare enormemente i costi di produzione. – dichiara Marco Serafini, Presidente di ANICAV – Il comparto sarà messo a dura prova, ma restiamo fiduciosi confidando nelle capacità di resilienza dei nostri imprenditori che cercheranno, almeno in parte, di attutire le conseguenze di tali aumenti incidendo sui propri margini”.

“La campagna di trasformazione – dichiara Giovanni De Angelis, Direttore Generale di ANICAV – parte tra tante incognite – siccità, condizioni climatiche, difficoltà nel reperimento della manodopera – e in un complesso quadro macroeconomico. Ci preoccupa, ancor più, l’atteggiamento speculativo di una parte del mondo agricolo, già palesato in questo avvio di campagna, che rischia seriamente di mettere in discussione la sopravvivenza della filiera, in particolare nel bacino centro meridionale.”

“E’ il caso di ricordare – continua De Angelis – che l’industria, dopo mesi di trattative, ha riconosciuto un prezzo di riferimento del pomodoro al Nord e, ancor di più, al Centro Sud che non ha precedenti nella storia della contrattazione del pomodoro da industria e che rimane il più alto pagato al mondo.”

La filiera del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato, nel 2021, di 3,7 miliardi di euro, di cui circa 2 miliardi derivanti dall’export, riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto.

L’Italia, specializzata nella produzione di derivati destinati al consumatore finale, è il secondo Paese trasformatore a livello globale dopo gli Stati Uniti e rappresenta il 15,6% della produzione mondiale e il 53% del trasformato europeo.

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