Siccità. Anche la piscicoltura in crisi per mancanza di ossigeno e proprio nel momento del picco di consumi

ROMA – D’estate si consuma più pesce, ma quello allevato in Italia è stato messo a durissima prova dalla drammatica mancanza di piogge, che tutto il Paese sta vivendo ormai da molti mesi. “Non possiamo fermare, nemmeno provvisoriamente, la nostra attività, né possiamo attuare una sorta di “Fermo Pesca”, tantomeno un lockdown.  Il ciclo biologico, il benessere dei pesci, qualsiasi sia la loro taglia, da avannotto a pronto per il consumo rendono impossibile qualsiasi blocco dell’attività.  Le criticità sono enormi per riuscire salvaguardare il pesce allevato che, con un ciclo vitale fino a 18 mesi, si rifletterà sulle tavole natalizie, creando un danno economico incalcolabile”. Lo ha sottolineato Pier Antonio Salvador, presidente dell’API, l’associazione che riunisce i piscicoltori di Confagricoltura.

Il periodo troppo lungo di siccità estrema crea, in gran parte dell’Italia dove c’è attività di acquacoltura, grandi disagi. Fiumi importanti e meno conosciuti, canali, lagune, laghetti e sorgenti dispongono di sempre minore quantità d’acqua e molti sono quasi completamente secchi. L’Italia è il Paese dove si mangia più pesce e solo due, ogni 10 consumati, sono di provenienza nazionale. “Senza piogge ristoratrici – spiega Salvador – ci aspetta una stagione negativa, aggravata dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime che, da una stima effettuata, hanno fatto lievitare i costi su una scala che va dal 30%, per la troticoltura con acqua da derivazione superficiale e impianti offshore, al 40/50% per le strutture di piscicoltura a forte consumo energetico”.

Nel 2021, la piscicoltura ha sfiorato i 300 milioni di euro di Plv per il solo pesce, superato i 35 milioni di euro per avannotti e uova embrionate, con produzioni di 55 tonnellate per il caviale (1° produttore europeo, 2° nel mondo) e 25 tonnellate per le uova di trota destinate al consumo umano. “La piscicoltura italiana avrebbe tutte le carte in regola per essere tra i leader europei. Chiediamo – conclude il presidente dell’API di Confagricoltura – che le istituzioni ascoltino anche la voce dell’acquacoltura, settore importate tanto quanto la pesca, soprattutto in momenti critici come quello che stiamo attraversando. Siamo un comparto efficiente e sostenibile, ma soprattutto necessario per assicurare l’approvvigionamento di prodotto ittico sicuro, di qualità e di elevato valore nutrizionale”.

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