OMS. Allarme Città del Vino: Per combattere l’alcolismo l’Organizzazione mondiale della sanità non deve colpire la cultura del vino

SIENA – “I circa 15 milioni di enoturisti che ogni anno percorrono le strade del vino italiane non possono essere trattati come degli alcolizzati cronici. Senza dimenticare i valori dell’export del vino italiano e del turismo del vino anche per l’indotto: ristorazione, accoglienza, ricettività”.

A sottolinearlo è Angelo Radica, presidente residente dell’Associazione nazionale Città del Vino, che esprime forte preoccupazione per la decisione presa dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – Regione Europa, che ha adottato una risoluzione che demonizza il vino ed un intero comparto in Italia come in Europa.

Il documento dell’Oms approvato nei giorni scorsi a Tel Aviv – “European framework for action on alcohol 2022-2025” – non tiene in considerazione quanto affermato dalla “Global alcohol strategy” approvata lo scorso maggio dalla stessa Oms e dalla votazione al “Cancer plan” da parte del Parlamento europeo che avevano rimarcato l’esigenza di focalizzare l’azione sul consumo dannoso di alcol e che avevano visto Città del Vino intervenire, unitamente a tutta la filiera, in difesa del valore culturale ed economico del vino.

Le nuove linee guida espresse dall’Oms, tra l’altro accolte integralmente senza fare opposizione da parte della delegazione italiana, prevedono l’attuazione di programmi di contrasto al consumo dell’alcol con l’obiettivo di una riduzione del 10% pro-capite entro il 2025. Per raggiungere questo obiettivo, l’Oms proporrà ai Paesi interessati l’aumento della tassazione sui prodotti a base di alcool, il divieto di fare pubblicità, promozione e marketing in qualsiasi forma di tali prodotti, la diminuzione stessa della produzione , l’obbligo di health warning (avviso di allarme per la salute) da stampigliare sulle etichette.

“Queste nuove indicazioni dell’Oms – afferma il presidente Radica – sono un ulteriore colpo al mondo del vino europeo e italiano in particolare, perché non tengono assolutamente conto del valore culturale delle produzioni vitivinicole e del fatto che bere vino, oggi, non è certo sintomo di alcolismo, ma semmai di piacevole convivenza, di scoperta dei territori e del valore cultuale del vino che racconta storie anche millenarie di persone e di luoghi. Bere con moderazione è sempre stato il nostro slogan: criminalizzare il vino non è la via giusta per combattere l’alcolismo che non è certo causato dalla presenza del vino di qualità ma semmai dalle problematiche sociali ed economiche che possono colpire ampie fasce di popolazione. Il vino è cultura”.

La nuova ondata proibizionista per il settore preoccupa non poco. L’Oms basa il suo programma sul concetto che “non ci sono livelli di sicurezza” nel consumo di bevande alcoliche. L’obiettivo del taglio ai consumi potrà colpire anche il vino, senza che vi siano distinzioni, ad esempio, tra i comportamenti compulsivi e quindi patologici, dal semplice consumo durante i pasti, oltre che tra le diverse tipologie di bevande. Un approccio del tutto contrario alle politiche di prevenzione e formazione promosse dai vari attori del comparto vitivinicolo.

“Non dimentichiamo – afferma ancora Radica – che colpendo il vino si colpisce anche la Dieta Mediterranea una delle migliori rappresentazioni del nostro Paese al mondo. Non a caso il turismo internazionale sceglie l’Italia non solo per le sue bellezze artistiche, storiche e culturali ma anche per il cibo, vino compreso, veri motori del nostro prodotto interno lordo”.

Insomma non possiamo trattare come “alcolizzati cronici” i circa 15 milioni di enoturisti che ogni anno percorrono le strade del vino italiane, “come indica il nostro Osservatorio annuale sull’enoturismo” ribadisce il presidente delle Città del Vino.

La prossima settimana, dal 19 al 21 settembre, il turismo del vino sarà al centro della tre giorni della World Travel Organization delle Nazioni Unite  UNWTO che si terrà ad Alba, in Piemonte. “Potrà essere l’occasione, data la vetrina internazionale, di ribadire all’OMS che, per quanto riguarda la giusta prevenzione contro l’alcolismo, sono sulla strada sbagliata” – conclude Radica.

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