Peste suina africana. Aral: con la biosicurezza si combattono le pandemie

MONTICHIARI (BS) – “ARAL torna a dimostrare la sua vicinanza ed attenzione al comparto suinicolo scegliendo la FAZI di Montichiari per un nuovo confronto sulla Peste Suina Africana, problema di stringente attualità che in Lombardia riguarda da vicino un settore da 1600 allevamenti professionali per un totale di 4,5 milioni di suini: nel convegno di un anno fa avevamo manifestato la preoccupazione per la diffusione di questa patologia, oggi siamo ad attuare le misure di prevenzione necessarie per ridurre il più possibile l’impatto sul territorio di questa nuova emergenza”.

Questo il messaggio lanciato dal direttore ARAL Gianfranco Drigo in apertura del convegno “PSA e Biosicurezza in allevamento”, organizzato nell’ultimo giorno della 94esima FAZI di Montichiari, domenica 23 ottobre, in collaborazione con Coldiretti Brescia, Regione Lombardia e ANAS. Un incontro importante per fare il punto su questa malattia dall’impatto devastante, arrivata purtroppo anche sul territorio nazionale lo scorso 7 gennaio con l’accertamento del primo caso di PSA su un cinghiale ad Alessandria.

“Questo convegno deve rappresentare un’importante opportunità per fare il punto della situazione sulla PSA e su come sta evolvendo in Italia – ha spiegato Laura Gemma di Regione Lombardia -. Soprattutto per capire l’orientamento governativo dopo il decreto ministeriale che ha dato regole precise sulla biosicurezza: questo ovviamente richiederà requisiti più stringenti per proteggere gli allevamenti e prevenire malattie sull’onda dei nuovi regolamenti sanitari, ma anche un adeguamento per prepararsi alla possibile diffusione della PSA”.

Si parla come ormai noto di una patologia mortale, che colpisce i suini domestici e i cinghiali: nell’ambito di dieci giorni il capo contagiato muore. Il virus ha un altissimo indice di resistenza negli alimentari: sembra infatti che la PSA sia scoppiata inizialmente in Georgia perché i cinghiali si alimentavano in discariche con scarti di carni prodotte con capi infette. Il tasso di morbilità è del 100%, nel senso che in un allevamento se un capo prende il virus si ammalano tutti, mentre la mortalità è del 95%. I fattori di rischio sono quindi rappresentati dall’introduzione di animali infetti, alimentazione con scarti contaminati, movimentazione illegale di suini, macellazioni famigliari, interfaccia di cinghiali con suini domestici.

“Regione Lombardia si è già attivata per il contenimento del rischio, creando innanzitutto una barriera con Piemonte e Liguria, ma anche con operazioni di controllo della fauna selvatica, non solo con la caccia, che stanno ottenendo buoni risultati – ha detto Mario Chiari, tecnico di Regione Lombardia-. Ma ora la speranza è che i vicini piemontesi e liguri creino la barriera di vuoto sanitario di cui abbiamo tanto bisogno. Al momento tutto quello che possiamo fare è cercare di individuare il prima possibile la malattia in caso dovesse entrare sul territorio, sensibilizzando in primo luogo tutta la cittadinanza alla sorveglianza passiva, perché ogni carcassa morta di cinghiale va segnalata immediatamente a polizia provinciale e ATS per il sequestro. Vanno poi messe in atto tutte le azioni possibili per ridurre la densità dei cinghiali, ma già oggi siamo arrivati a 9000 abbattimenti, più del doppio dello scorso anno in Lombardia. Le segnalazioni di casi sospetti restano comunque l’unico metodo per identificare velocemente la malattia e mettere in atto tutte le azioni per ridurre i rischi di diffusione”.

Non poteva mancare un approfondimento sul decreto 28 giugno 2022 del Ministero della Salute per i requisiti biosicurezza degli allevamenti, che prevede 12 mesi per adeguarsi da parte delle misure preesistenti con termine fissato al 26 luglio 2023. “Ma è di fondamentale importanza adeguarsi in tempi veloci – ha detto Claudia Nassuato di ATS Brescia -. Perché prima ci si adegua prima si è tutelati e si tutela anche gli altri: se malauguratamente dovesse arrivare la PSA un azienda che ancora non avesse operato questi accorgimenti andrebbe incontro a restrizioni delle movimentazioni dei capi, con pesanti ricadute economiche, perché ATS non potrebbe certificare il rispetto dei requisiti della norma”.

Importante in questo senso anche il ruolo dell’assistenza tecnica per il comparto suinicolo messa a disposizione da ARAL, un servizio che, come ricordato dal tecnico dell’associazione Marco Gusmini, può concretamente contribuire a sostenere un comparto centrale dell’economia agricola lombarda in questa particolare e complessa congiuntura.

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