Morale in calo per gli agricoltori italiani (-14,7%). Ismea: ma la sfiducia non scoraggia gli investimenti

ROMA – La crisi economica e l’aumento dei costi continuano a pesare sulla fiducia degli imprenditori agricoli anche nel terzo trimestre del 2022.

L’indice che misura il sentiment delle imprese del settore elaborato dall’ISMEA  scende a -14,7 punti (in una scala che va da -100 a +100), in peggioramento rispetto al trimestre precedente (-2,6 punti), e sotto di 17,8 punti rispetto allo stesso periodo del 2021. L’eccezionalità dell’attuale situazione economica, sottolinea l’ISMEA nel report Agrimercati appena pubblicato, è testimoniata da questo dato che risulta il peggiore dall’inizio della serie storica nel 2011.
Il calo della fiducia, tuttavia, non scoraggia la propensione ad investire delle imprese. La crisi energetica sta infatti spingendo gli operatori a indirizzare gli investimenti in energie rinnovabili.  Il 28,7% degli intervistati ha dichiarato di avere in programma un investimento nell’ultimo scorcio del 2022 e nel corso del 2023 (la quota era del 24,9% nel 2021) e tra questi il 42% prevede l’introduzione di impianti di energia rinnovabile, che figurano in cima alla lista tra le destinazioni degli investimenti.

Il clima di fiducia, elaborato per l’industria alimentare, ha assunto nel periodo in esame un valore pari a 1, in linea con quello del trimestre precedente, mentre resta ancora evidente il crollo dell’indicatore rispetto a un anno fa (-17,6 punti).

L‘analisi sui fornitori di materie prime e semilavorati di origine agricola ha evidenziato che mediamente la spesa per la materia prima acquistata sul mercato pesa il 67% del valore del prodotto finito di ciascuna impresa. Le imprese intervistate si riforniscono principalmente nei mercati di prossimità, solo il 6% di queste ha dichiarato di attivare catene di fornitura estere, prevalentemente europee, con punte più elevate tra gli operatori dell’industria del pesce, molitoria, mangimistica, della macellazione di carni rosse e della cioccolateria.

Interpellati sugli eventuali effetti del conflitto in corso sugli approvvigionamenti di materie prime e di semilavorati, la maggior parte degli operatori ha dichiarato di non aver avuto problemi rilevanti su questo fronte; tuttavia, il 15% di essi è stato costretto a ridurre i volumi degli acquisti, mentre l’8% ha subito delle interruzioni temporanee di fornitura, con punte più elevate nei settori di lavorazione dei cereali.
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