PAC. Vincenzini (Georgofili): Impronta ambientalista, potrà avere ripercussioni su produttività e reddito agricoltori

FIRENZE – Il momento attuale dell’agricoltura italiana, condizionata dalle vicende internazionali; la nuova Pac ambientalista ai nastri di partenza; ma anche ricerca, innovazione e sovranità alimentare.

Ne abbiamo parlato con il professor Massimo Vincenzini, presidente dell’Accademia dei Georgofili.

Professor Vincenzini, dopo tre anni di pandemia e un anno di conflitto ai confini d’Europa, qual è lo stato di salute dell’agricoltura italiana?

Vorrei innanzitutto ricordare che, anche nel periodo più difficile della pandemia, il settore della produzione primaria in Italia non ha mai interrotto la sua attività, garantendo il rifornimento delle derrate alimentari in produzione nei diversi periodi interessati dalle restrizioni anti-Covid e operando al limite delle sue potenzialità. Certamente, il settore ha anche mostrato le sue fragilità: frammentazione produttiva e carenza delle infrastrutture necessarie per una efficiente raccolta e distribuzione dei beni prodotti, solo per ricordare quelle più evidenti. Nel complesso, però, credo si possa affermare che lo stato di salute sia buono, sicuramente migliorabile, ma il settore è sostanzialmente vivo, reattivo e flessibile, come hanno dimostrato quelle aziende che si sono rapidamente organizzate per fornire un servizio di consegna a domicilio dei propri prodotti agricoli, ordinati anche per via telematica.

Diverso il discorso sulle conseguenze imposte all’agricoltura dal conflitto scatenato dalla Federazione Russa a danno dell’Ucraina: la disponibilità di alcune materie prime essenziali si è rapidamente ridotta e i costi di produzione sono lievitati fino a livelli economicamente insostenibili per molte imprese agricole, specialmente quelle di più piccola dimensione.

In definitiva, non penso che la responsabilità della situazione di difficoltà in cui versa la nostra agricoltura sia da attribuire esclusivamente al nostro sistema agricolo, che, viceversa, dovrebbe ricevere gratitudine dai cittadini-consumatori e sostegno da parte della pubblica amministrazione.

La guerra ha cambiato le carte in tavola, prospettando nuove priorità per il settore, su tutte l’esigenza di una maggiore produttività. Siamo pronti?

A mio avviso, la guerra ancora in atto non è la causa prima dell’esigenza di conseguire una maggiore produttività e, d’altra parte, la FAO, ben prima che scoppiasse il conflitto in Europa, ha voluto richiamare l’attenzione sulla necessità di aumentare la produttività e la produzione globale di cibo, stimando che nel 2050 la domanda aumenterà del 70% rispetto a oggi, secondo una dieta che prevedrà meno cereali e più ortaggi, frutta, carne e prodotti lattiero-caseari. Il problema della maggiore produttività, quindi, ha una valenza globale ed è la conseguenza dell’aumento demografico che negli ultimi 70 anni ha visto crescere la popolazione mondiale da 2,5 miliardi di persone agli attuali 8 miliardi. Del significato e delle conseguenze di questi dati, in Italia, forse, non abbiamo sufficiente consapevolezza, perché, nello stesso arco di tempo, la popolazione nazionale è cresciuta da 48 a 58 milioni, un incremento del 20% contro l’oltre 300% registrato nell’intero Pianeta.

In altre parole, per essere davvero pronti, dovremmo tutti avere piena consapevolezza della problematica e della inevitabile necessità di cambiare stile di vita, a cominciare dalle nostre abitudini alimentari e dal comportamento nei confronti del cibo, che non può continuare ad essere sprecato e scartato ai ritmi ed ai livelli attuali.

Cosa può fare in questo contesto il mondo della ricerca? Quali strumenti, conoscenze e tecnologie potrebbero essere maggiormente valorizzate ed utilizzate?

Nella storia della civiltà umana, la conoscenza scientifica e le innovazioni tecnologiche sono state sempre alla base del progresso e, quindi, è ragionevole attendersi che la scienza sia in grado di mettere a disposizione gli strumenti necessari per affrontare e vincere le sfide che abbiamo di fronte. Purtroppo, devo con rammarico registrare che il rapporto tra scienza e opinione pubblica, un tempo forte e solido, si è progressivamente indebolito e i decisori politici, sempre attenti agli umori dell’opinione pubblica, cedono, a volte, a pressioni di carattere ideologico, prive di valide basi scientifiche, piuttosto che assecondare le indicazioni fornite dalla scienza. Naturalmente, sto pensando alle vicende che hanno accompagnato l’introduzione in agricoltura degli OGM, contro cui è stata dichiarata, almeno in Europa, una guerra che oggi, a distanza di oltre 20 anni, possiamo definire sostanzialmente ideologica. Oggi, per contrastare le calamità biotiche ed abiotiche (carenza di acqua) che colpiscono l’agricoltura, la scienza ci propone di adottare le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), ma la diffidenza, alimentata dalla non-conoscenza, ancora persiste e l’UE, pur intraprendendo la strada di una revisione delle norme in materia di OGM, procede con lentezza estrema.

Intanto, mentre in Europa ci dimostriamo incerti sulle nuove tecnologie da adottare e su quali settori eventualmente applicarle, giunge dagli Stati Uniti la notizia che la Food and Drug Administration ha autorizzato per il consumo umano un prodotto ottenuto da cellule animali prelevate da animali vivi e moltiplicate in un bioreattore. In questo caso, si tratta di una applicazione tecnologica resa possibile dalle conoscenze scientifiche accumulate nel campo della biologia cellulare e dagli imponenti finanziamenti da parte di molte multinazionali del cibo, ma che prospetta non poche perplessità sotto molteplici aspetti. In Italia, in questi ultimissimi giorni, tanto il neoministro dell’agricoltura quanto tutte le confederazioni agricole hanno fermamente espresso la loro contrarietà alla possibile introduzione nell’UE di cibo prodotto in laboratorio, ma, come sempre, sarà l’opinione pubblica globale a decretare il successo o il fallimento di una innovazione tecnologica. Perché una innovazione sia tale, infatti, è necessario che sia compresa, accettata e condivisa. Ecco, allora, un compito aggiuntivo che dovrebbe stare a cuore agli scienziati: spiegare le innovazioni, illustrarne gli impatti a livello sociale, ambientale ed economico, fornire risposte chiare e scientificamente corrette a ogni possibile quesito, sostenendone la circolazione all’interno della società civile.

Pac ai nastri di partenza: è una politica agricola ancora attuale a suo avviso?

La nuova PAC 2023-27, di cui mancano ancora dettagli non trascurabili, procederà nel solco del Green Deal annunciato dalla Commissione UE alla fine del 2019 e in sintonia con le strategie collegate Farm to Fork e Biodiversity. Avrà, quindi, una impronta fortemente ambientalista, con conseguenze negative importanti, a detta di molti analisti, sulla capacità produttiva europea e sul reddito degli agricoltori. Lo scenario che si prospetta è, dunque, preoccupante, specialmente alla luce delle esigenze produttive richiamate dalla FAO per soddisfare la domanda di cibo da parte dei possibili 10 miliardi di persone che popoleranno il Pianeta nel 2050. Difficile, quindi, non prendere atto di una certa divergenza tra percorso intrapreso dalla UE e percorso indicato da altre Istituzioni internazionali.

D’altra parte, devo riconoscere che il contesto in cui ci muoviamo oggi è profondamente cambiato rispetto a soli tre anni fa, quando alla Presidenza della Commissione europea arrivò Ursula von der Leyen.

Per quanto riguarda l’Italia, dovremo mettere d’accordo esigenze molto differenziate tra Regione e Regione e da più parti si avverte la necessità di creare una cabina di regia unica, capace di armonizzare e concentrare tutte le risorse disponibili su interventi che siano veramente strategici per il nostro Paese.

Il nuovo governo ha presentato un ministero dell’agricoltura con novità sostanziali a partire dal nome: cosa pensa del concetto di sovranità alimentare e come può essere applicato all’agricoltura italiana?

Il cambiamento del nome del Ministero, almeno la prima parte della nuova denominazione (Ministero dell’agricoltura) mi ha trovato assolutamente favorevole: il termine “agricoltura” è chiaro ed esaustivo.

Per quanto attiene la seconda parte della nuova denominazione, quella della “sovranità”, il Presidente del Consiglio e lo stesso Ministro hanno fornito una chiara interpretazione del termine, sgombrando il campo da ogni equivoco. L’interpretazione ufficiale e gli obiettivi dichiarati del termine “sovranità” mi sembra siano condivisibili.

L’Accademia dei Georgofili è sempre più presente nella società civile e a contatto con le esigenze reali degli agricoltori e del settore: quali sono i programmi dell’istituzione che lei rappresenta in fatto di comunicazione e di collaborazioni esterne?

L’Accademia che ho l’onore di presiedere si appresta a celebrare il suo 270° anno di attività, interamente e continuamente svolta nell’articolato e complesso settore dell’agricoltura, a beneficio dell’interesse e benessere pubblico, come recita il suo secolare motto “Prosperitati Publicae Augendae”.

Le nuove acquisizioni scientifiche e le nuove idee inerenti all’agricoltura vengono storicamente approfondite e dibattute in convegni, giornate di studio, seminari ed anche in pubbliche adunanze, avendo anche cura di divulgare esaurienti sintesi tecnico-scientifiche di ciò che è stato dibattuto, in modo da raggiungere e informare gli addetti ai lavori, i professionisti del settore, i decisori politici, gli studenti e la società civile. Di conseguenza, è facile comprendere come la comunicazione costituisca uno dei settori più rilevanti dell’attività dell’Accademia, oggi quanto mai essenziale per assolvere al proprio compito, scientifico, culturale e civile. Altrettanto fondamentale per l’efficacia dell’attività dell’Accademia è il continuo dialogo con Enti/Istituzioni/Associazioni operanti a livello regionale, nazionale o internazionale, sia di interesse scientifico che economico, sociale e storico-culturale, al fine di favorire un confronto sempre più costruttivo su argomenti specifici.

L’Accademia è sempre stata, è e sarà il luogo ove poter liberamente dibattere e porre a confronto idee, esperienze e risultati di interesse per l’agricoltura, purché rispettosi del metodo scientifico.

Informazione pubblicitaria