Agriumbria. L’Anabic porta in vetrina le eccellenze zootecniche italiane

BASTIA UMBRA (PG) – ANABIC (Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne) sta scaldando i motori in vista della prossima edizione di Agriumbria che il 31 marzo, presso l’area fieristica di Bastia Umbra, provincia di Perugia,  taglierà il nastro della sua 54ma edizione e fino al 2 aprile richiamerà tutti gli operatori del comparto zootecnico provenienti da ogni parte del Paese.

Per ANABIC, come ogni anno, Agriumbria rappresenta un appuntamento di grande importanza non solo per mettere in mostra i migliori capi di bestiame delle cinque razze che rappresenta: Chianina, Romagnola, Marchigiana, Maremmana e Podolica, ma anche per sfruttare l’imperdibile occasione che la manifestazione offre per valorizzare di più e meglio un patrimonio zootecnico di eccellenza.

Appuntamento reso quest’anno ancor più importante dopo la firma del protocollo siglato lo scorso anno con AIA (Associazione Italiana Allevatori) e altre Associazioni di bovini da carne che ha dato vita di fatto al Polo delle carni italiane, indirizzato tra i suoi obiettivi a promuovere iniziative per una maggiore valorizzazione delle razze bovine da carne.

“Gli attacchi che sistematicamente colpiscono il comparto zootecnico da parte di organizzazioni animaliste mosse da un’ideologia e non da dati scientifici inconfutabili – sottolinea il presidente  di ANABIC, Luca Panichi  – sono indirizzare a distruggere un patrimonio che in realtà non ha eguali. ANABIC è fortemente impegnata a difenderlo forte dei 5.000 allevamenti associati distribuiti in 18 regioni e dei 160.000 capi di bestiame che rappresenta, il 70% dei quali allevati al pascolo dove la loro presenza costituisce un insostituibile presidio del territorio a cui garantisce tutela e benessere”.

Come ogni anno, ad Agriumbria ANABIC organizzerà le Mostre nazionali della Chianina e della Romagnola, a cui si unirà un’interessante esposizione dei migliori soggetti delle razze Marchigiana, Maremmana e Podolica.

“La miglior risposta a campagne denigratorie che si commentano da sole – rincara la dose Stefano Pignani, direttore di ANABIC – è il nostro costante impegno nella ricerca scientifica e nelle iniziative volte a valorizzare la specificità di razze che forse non godono sempre del clamore attribuito ad altre produzioni di origine straniera, rispetto alle quali però non hanno nulla da invidiare in termini di qualità e sicurezza alimentare. Troppo spesso gli allevamenti bovini vengono accusati a torto di essere i grandi inquinatori del pianeta; chi lo afferma però non sa o fa finta di non sapere che proprio la ricerca scientifica di questi ultimi anni non solo ci ha permesso di ottenere animali più performanti in termini produttivi, ma è anche stata in grado di elaborare razioni alimentari in linea con una significativa riduzione di emissioni, soprattutto metano,  riducendo significativamente  l’impatto ambientale”.

A questo proposito Giuseppe Pulina, docente all’Università di Sassari e inserito tra i primi mille Top animal scientist al mondo, prestigioso riconoscimento assegnato da Research.com, sottolinea che relativamente ai cambiamenti climalteranti, “la scienza conferma che in Italia come in Europa gli allevamenti non sono parte del problema, bensì della soluzione. Infatti – spiega lo scienziato – pur convinti che si debba continuare a lavorare per ridurre ulteriormente  le emissioni di metano da parte dei bovini, gli studi condotti utilizzando nuove metriche di valutazione che hanno interessato il decennio 2010-2020  e già oggi utilizzate dalla FAO, dimostrano che a fronte del dato iniziale che parlava di una produzione di emissioni di metano pari a 206 milioni di tonnellate CO2 equivalente, il dato effettivo in realtà è stato  pari a -49 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Infatti, le nuove metriche adottate, frutto di uno studio a cui io stesso ho partecipato e pubblicato sulle più prestigiose riviste scientifiche mondiali, dimostra che un gas a effetto serra come il metano dopo 50 anni è praticamente sparito, mentre la CO2 permane in atmosfera anche per oltre un millennio. Pertanto, riducendo ulteriormente le emissioni di metano come si è orientati a fare l’atmosfera si raffredda, mentre se il loro livello rimane costante il contributo al riscaldamento globale è pressochè azzerato”.

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