Suinicoltura. In Sardegna nasce Il Grugno, la prima filiera dedicata dell’isola

SANLURI (CA) – Allevatori, produttori di alimenti zootecnici, nutrizionisti, veterinari, agronomi e addetti alla lavorazione della carne suina in Sardegna danno vita alla prima filiera agroalimentare del suino pesante da macelleria lavorato nell’isola.

Si chiama “Il Grugno” ed è il marchio che riunisce il progetto lanciato alle cantine “Su Entu” di Sanluri, da tutti i soggetti locali che hanno condiviso i valori della Filiera (sicurezza alimentare, benessere animale, sostenibilità sociale, economica e ambientale) e operano rispettando un preciso Protocollo di Produzione. Obiettivo principale è quello di promuovere e sostenere l’intera organizzazione produttiva per il fine ultimo, dunque, della valorizzazione della carne di suino pesante, allevato nel territorio sardo.

“L’affermarsi di nuovi stili di vita e la crescente sensibilità dei consumatori rispetto agli alimenti da portare in tavola ha determinato l’urgenza di mettere nel mercato un’offerta diversificata, conforme alle nuove esigenze – dice alla presentazione il coordinatore del progetto, Salvatore Salemi – da qui l’idea di unire la filiera per offrire ai sardi un autentico prodotto del territorio con la produzione della miglior carne suina proveniente da animali allevati in Sardegna, un “sistema produttivo corto e sostenibile” che valorizza il territorio e supporta lo sviluppo dell’economia locale e un’organizzazione che limita drasticamente i rischi sanitari e garantisce la sicurezza alimentare grazie al numero ridotto di passaggi produttivi”.

Si tratta di un animale rustico, ad alta omogeneità, di qualità superiore alla media del mercato e dimensioni rilevanti. Un progetto che ritrova un valore aggiunto proprio dalla carne marchiata “IL GRUGNO” che si identifica con un sistema di allevamento fondato su lunghi cicli di vita, ritmi naturali, spazi ampi, talvolta anche all’aperto e un’alimentazione fatta di materie prime nobili, attentamente verificate. Queste prerogative si traducono in eccellenti caratteristiche organolettiche e nutrizionali della carne tra cui: colore chiaro, aspetto sodo e compatto, minima ritenzione idrica nei tessuti, giusto rapporto tra parte grassa e parte magra, ricchezza di nutrienti essenziali per la salute umana (minerali, vitamine e proteine nobili); e naturalmente, gusto e profumo inconfondibili, capaci di soddisfare le aspettative di un consumatore sempre più consapevole ed esigente.

Attualmente la Sardegna importa, tra carni suine fresche e trasformate, circa l’80% del prodotto da mercati nazionali ed esteri, riuscendo ad offrire alla piazza isolana soltanto il 20% di carni provenienti da animali allevati e macellati nel territorio (I consumi medi reali, pro capite, di carne suina in Sardegna sono leggermente superiori rispetto a quelli nazionali (17 kg) e si attestano intorno ai 18 kg). Complessivamente, davanti a un consumo medio di 300 mila quintali di carni suine all’anno, la Sardegna risponde con una produzione di 55 mila quintali. A causa della Peste suina africana e al blocco conseguente delle esportazioni, la Sardegna ha perso importanti quote di mercato tanto che dal 2010 a oggi l’isola ha perso oltre il 60% della produzione suinicola e di conseguenza anche il 60% del reddito potenziale generato dal comparto.

Secondo la Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica (BDN), al 31/12/2022 la Sardegna possiede il due per cento del patrimonio suinicolo nazionale, con 165.157 capi, distribuiti su 12.339 aziende di piccole dimensioni, localizzate principalmente tra le province di Oristano, Cagliari e Sassari. Secondo i numeri emersi dall’appuntamento, inoltre, il 90% di questi allevamenti è di tipo stabulato e soltanto il 10% è semibrado e l’organizzazione è prevalentemente a ciclo chiuso (96%), ovvero sono presenti all’interno tutte le fasi del ciclo produttivo, dalla riproduzione all’ingrasso, con una consistenza media di 13 capi per azienda. L’orientamento produttivo predominante, è emerso ancora dai lavori, è quello del suinetto da latte (6-10 Kg.) e del magrone (90-110 Kg.) che rappresentano rispettivamente il 67% e il 24% delle macellazioni del 2022. Risulta invece quasi inesistente la produzione del suino pesante (130-160 Kg).

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