Crisi Mar Rosso: a rischio 380 milioni di euro di export di conserve rosse. Anicav, il 14% dell’export

ROMA – L’allarme per la crisi geo-politica nell’area del Mar Rosso sta agitando diversi mercati, tra cui quello dell’agroalimentare. Non fa eccezione il comparto delle conserve rosse che da sempre risulta essere fortemente export oriented, con circa il 60 % delle produzioni destinato a oltrepassare i confini nazionali.

Molti tra i principali mercati di riferimento sono proprio in Asia e in Oceania: parliamo di circa 380 milioni di Euro di esportazioni (il 13,5% del totale dell’export). Per questo le tensioni nel canale di Suez rischiano di incidere molto seriamente sui flussi commerciali, in particolare a causa dell’aumento del costo dei noli.

“La forte incertezza che segna lo scenario geo-politico globale ci preoccupa. – dichiara Giovanni de Angelis, Direttore Generale di ANICAV – Quanto sta accadendo nel canale di Suez rischia di avere un forte impatto sull’export dei nostri prodotti. I mercati di Asia e Oceania, penso in particolare a Giappone e Australia ma anche a molti altri Paesi, rappresentano uno sbocco commerciale fondamentale. L’aumento del costo dei noli, generato dal contesto, va monitorato con grande attenzione perché potrebbe incidere sulla competitività delle nostre aziende all’estero. Tra l’altro, a causa di questa situazione e della ridotta disponibilità di navi e containers, stiamo subendo disagi anche su altre rotte con un conseguente aumento dei costi dei noli.  A questo si aggiunga anche l’impatto sugli approvvigionamenti di materia prima e semilavorati – principalmente packaging metallico – che arrivano sostanzialmente dal Far East”.

Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato complessivo (2023) di 5 miliardi di euro (3,5 miliardi generati dalle aziende associate ad ANICAV), riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto.

L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli USA e la Cina, resta primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 12,2% della produzione mondiale (pari a 44,2 milioni di tonnellate) e il 52% del trasformato europeo.

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