Peste suina: un nuovo caso trovato in provincia di Parma. E’ di nuovo allarme contaminazione

PARMA – Martedì 30 gennaio è stato ritrovato un cinghiale infetto da Peste Suina Africana tra i territori di Bedonia e Tornolo, in provincia di Parma. E’ di nuovo allarme contaminazioni, in una zona particolarmente sensibile quale quella della produzione del Prosciutto di Parma DOP e di altre IG legate ai suini.

“Questo episodio è l’ulteriore conferma del fatto che contro questa epidemia non si è ancora fatto abbastanza. Servono azioni di contenimento più incisive nelle aree colpite, a cominciare da quella pavese, e in quelle a rischio, anche con l’obiettivo di riequilibrare la presenza di cinghiali sul territorio, come fatto efficacemente in altri Paesi. È quello che chiedo ormai da anni, senza ottenere risposte adeguate. Ora la Peste suina africana è arrivata a sfiorare uno dei distretti agroalimentari più importanti del Paese, mettendo a rischio l’intera filiera della carne fresca e lavorata, cioè buona parte dell’economia del territorio. Il Commissario straordinario deve agire rapidamente, d’intesa con il governo e con le Regioni coinvolte”. Lo ha affermato il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega.

In campo anche Assosuini con il presidente Elio Martinelli che proprio sulle tematiche ha programmato un convegno a Fieragricola in programma il 3 febbraio. “Siamo stati, purtroppo, facili profeti di un fenomeno che, senza un’azione decisa di riduzione della popolazione dei cinghiali, era inevitabile avvenisse. La Peste arriva così a bussare alla filiera del Prosciutto di Parma e anche un solo caso può portare ad una quarantena della durata di anni. Distruggendo, di fatto, il Made in Italy in una delle produzioni di maggiore successo a livello mondiale. Abbiamo ancora una possibilità, forse l’ultima, per una campagna di abbattimenti a tappeto prima della stagione della riproduzione. Durante la primavera, infatti, i cinghiali sono attirati dalle scrofe in calore, aumentando esponenzialmente il rischio di infezione. Peraltro, abbattere i capi infetti significa risparmiare loro atroci sofferenze. Cosa di cui agli animalisti sembra non importare nulla. Ripetiamo, quindi, la nostra richiesta, oggi più urgente che mai, alla politica: abbattete quanti più cinghiali possibili prima della stagione della riproduzione. Altrimenti a perire sarà il Made in Italy in tavola”.

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