Agronomi e forestali indispensabili per l’agricoltura che cambia. Uniformi (Conaf): Fitofarmaci da maneggiare con cura, noi gli specialisti

ROMA – Dalla applicazione delle nuove direttive europee circa il Green Deal alla riforma dei centri di assistenza per gli agricoltori, il Consiglio nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali (Conaf) chiede politiche nazionali che diano ascolto a tutta la filiera, passando per i professionisti che oggi più che mai, tra cambiamenti climatici e innovazione, possono rappresentare in Italia una differenza per l’agricoltura del Paese. Concetti ribaditi in una nostra intervista dal Presidente stesso del Conaf, Mauro Uniformi.

“Quello dell’agronomo e del dottore forestale è un ruolo fondamentale soprattutto perché la PAC deve riappropriarsi della funzione di indirizzo, facendo riferimento a tutte quelle capacità di programmazione del comparto agricolo. In questi ultimi dieci anni, purtroppo, attraverso l’erogazione di sussidi slegati dalle reali esigenze produttive si è creata un’agricoltura quasi di sussistenza. Occorre, invece, una programmazione che tenga conto delle dinamiche di mercato e dei cambiamenti climatici globali ed è una volontà condivisa: le proteste di questi giorni sono la riprova che le aziende si sono sentite abbandonate a se stesse”.

Il cambiamento climatico impone nuove tecniche, gli agronomi come si stanno muovendo in questa direzione?

“Sappiamo che l’agricoltura, inclusa la zootecnia, spesso viene indicata come un’importante fonte di emissioni climalteranti, mentre i dati dicono che il contributo del settore primario è molto meno rilevante rispetto ad altre attività prevalentemente industriali. Questo, però, non esime il mondo agricolo dall’essere protagonista di questa sfida, poiché è implicato in tutti e tre i ruoli dei cambiamenti climatici: ne è vittima e causa al tempo stesso, ma può diventare, grazie anche alla figura del dottore agronomo e forestale, un protagonista dek cambiamento, grazie all’applicazione delle nuove delle nuove tecnologie in agricoltura. Infatti, l’innovazione scientifica è il primo strumento a disposizione per costruire strategie di adattamento e di contrasto ai cambiamenti climatici. Grazie alle scoperte scientifiche è possibile contrastare questo fenomeno ottimizzando la produzione e, allo stesso tempo, riducendo l’impiego di acqua, di fertilizzanti e fitofarmaci. Dobbiamo muoverci tutti in direzione di una agricoltura 4.0”.

Le TEA, opportunità o minaccia per l’agricoltura italiana?

“Le nuove tecniche che permettono di ottenere piante considerate equivalenti a quelle convenzionali sono un beneficio ai campi. Questo step può risolvere molti dei problemi legati al clima, ai parassiti, al consumo dell’acqua e ovviamente gli agricoltori lo devono fare proprio.  Credo che si debba dare vita a un’importante campagna di informazione capillare e sistematica per chiarire che le modifiche genetiche con queste tecniche di evoluzione assistita sono indotte utilizzando dei geni che provengono dalla stessa specie e quindi indistinguibili. Il risultato finale, per esempio, ci consente di avere varietà più resistenti alle malattie e alla siccità”.

Si parla molto di riduzione dei fitofarmaci. In realtà come Conaf da tempo avete da dire qualcosa sulla questione.

“Noi siamo d’accordo con le volontà europee di ridurre i fitofarmaci, ma esprimiamo una certa preoccupazione per la mancanza di una figura specialistica responsabile nella gestione di tali sostanze. In tutti i settori, dalla medicina alla veterinaria, giustamente per operare occorre una specializzazione. Nel caso dell’agricoltura deve valere lo stesso principio perché andiamo a intervenire su prodotti che saranno alla base dell’alimentazione umana e animale”.

La riforma dei Centri di assistenza in agricoltura (CAA) non ha soddisfatto il Conaf.

“L’ascolto delle diverse posizioni non ha portato al miglioramento della bozza, che resta insufficiente per come è stata approvata, ancora enormemente sbilanciata. Non c’è stata la modifica da noi richiesta dell’art.7 comma 4, che quindi è ancora inaccettabile poiché collegata all’art.12 in cui si afferma che gli operatori devono essere esclusivamente a regime di lavoro dipendente subordinato. Non si fa il bene del comparto agricolo, a cui si chiede di essere innovativo e al passo col mercato, se i dipendenti all’interno dei CAA rivestono la doppia veste di controllore e controllato. Nel documento approvato, la separazione è limitata a una suddivisione dei compiti fra colleghi all’interno del medesimo ufficio”.

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