Mangimistica. Assalzoo 80esimo, studio Nomisma: produttività, efficienza e qualità, i tre plus che hanno segnato la crescita del settore

ROMA – Produttività, efficienza e qualità: sono questi i tre plus che definiscono il successo della mangimistica.

È il quadro che emerge dalla presentazione dello studio promosso da Assalzoo (Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici) in collaborazione con Nomisma in occasione della celebrazione dell’ottantesimo anniversario della fondazione associativa.
Lo studio, che viene presentato durante gli eventi celebrativi, restituisce la fotografia di un settore in grado di raccogliere la sfida della sostenibilità quando questa era ancora lontana dei riflettori del dibattito quotidiano. Il tratto essenziale che ha caratterizzato la crescita della mangimistica italiana è stato, fin dai suoi inizi, fare di più con meno. Anzi, fare di più e meglio con meno.

Lo studio

Il lavoro realizzato da Nomisma con la supervisione della dottoressa Ersilia Di Tullio si articola secondo linee tematiche affrontate nella loro evoluzione temporale. A questa elaborazione di natura orizzontale si aggiungono poi importanti approfondimenti verticali che vanno a toccare le grandi aeree dell’alimentazione zootecnica: bovini, suini e avicoli. La costruzione dei dati e la dinamica di analisi di essi fornisce una descrizione importante dei punti di forza del settore mangimistico e dell’intera filiera zootecnica.

La produttività

Un primo aspetto che merita di essere evidenziato e che segna la validità del modello imprenditoriale che caratterizza il settore mangimistico è la dinamica della produzione. Nello studio si identificano tre fasi temporali diverse: la fase della crescita esponenziale che dura fino agli anni ottanta, la fase della professionalizzazione che abbraccia i decenni a cavallo del secolo e la fase dell’innovazione permanente che caratterizza l’era della sostenibilità. A livello numerico, nella prima fase la produzione passa dalle 0,6 milioni di tonnellate degli anni cinquanta alle 11,1 della fine degli anni ottanta, stabilizzandosi intorno ai 13 milioni di tonnellate nel passaggio anni 2000, per poi arrivare a superare le 15 milioni di tonnellate negli anni recenti.
Oltre al dato produttivo, c’è anche il cambiamento della geografia produttiva che merita particolare attenzione: nel 1970 si producevano poco più 3,5 milioni di tonnellate in oltre 1350 stabilimenti; nel 2023 le oltre 15 milioni di tonnellate vengono prodotte in 417 stabilimenti. La produzione media per singolo stabilimento è passata dalle 2,7 tonnellate del 1970 alle 36,8 del 2023.
È chiaro come questa trasformazione sia il frutto di scelte imprenditoriali lungimiranti che hanno trasformato la potenzialità della zootecnia italiana. La garanzia di una disponibilità di mangimi, sicuri e con alta capacità nutrizionale, ha rappresentato il volano di spinta per il resto della filiera, innescando un processo virtuoso in termini di consumi, spesa e miglioramento delle caratteristiche dei prodotti alimentari di origine animale.

L’efficienza

La dinamica impressa dalla trasformazione del settore mangimistico trova un diretto riscontro attraverso il cambiamento del cosiddetto “indice di conversione” (vale a dire la quantità di mangime utilizzata per ottenere un’unità di prodotto). Più il rapporto è basso, più efficiente risulta l’alimentazione; e ciò vale tanto in termini di costo (la spesa per nutrire un animale) quanto in termine di resa (miglioramento degli effetti nutrizionali). Dai dati raccolti nello studio risulta come, negli anni ’60, questo indice fosse per gli avicoli maggiore di 6 (sei chili di mangimi per ottenere un chilogrammo di aumento di peso vivo del capo), per i suini maggiore di 4,7 e per i bovini maggiore di 8.  Attualmente, anche grazie ai miglioramenti genetici delle specie allevate, questo indice si è notevolmente abbassato: 1,6 per gli avicoli con una riduzione di quasi il 50%, 2,7 per i suini con una riduzione di quasi il 40% e di 6 per i bovini con una riduzione di oltre il 30% rispetto agli anni ’60.
In questa riduzione si misura la capacità di innovazione e di efficientamento che definisce il percorso della mangimistica: produrre di più e meglio con meno materie prime agricole. Questa capacità trasformativa è tanto il frutto di una ricerca industriale e scientifica quanto il risultato di un approccio costitutivamente sostenibile, attraverso il quale si cerca di limitare gli impatti ambientali, pur garantendo cibo di qualità per tutte le classi sociali.

La qualità

Il riflesso dei miglioramenti legati alla produzione e all’efficientamento dei processi nutrizionali non rimane tuttavia un risultato di natura esclusivamente industriale; esso si riflette innanzitutto nel miglioramento del benessere degli animali allevati. Nutrirsi meglio, nutrirsi in maniera appropriata è un presupposto per un decorso di vita più salutare. Gli effetti delle trasformazioni derivanti dall’alimentazione mangimistica non si riflettono solo sul piano zootecnico, ma anche sull’intera filiera dei prodotti alimentari di origine animale. Nello studio c’è un esempio estremamente significativo che testimonia proprio questa connessione migliorativa: è il caso del latte. Agli inizi degli anni ’60 un bovino da latte produceva circa 4127 chili di latte e questo aveva una percentuale di grasso del 3,19%. Nel 2000 il livello di produzione era salito a 7772 chili e il latte aveva una percentuale di grasso del 3,59 e una percentuale di proteine del 3,23. Nel 2023 i dati si assestano a 9932 chili, 3,90% di grasso e 3,40% di proteine.
La progressione indica con chiarezza come la qualità del prodotto zootecnico, in questo caso il latte, vada di pari passo con il miglioramento dell’alimentazione animale. Un latte più grasso e più proteico è un latte con migliori indici nutrizionali e garantisce un ottimale apporto alimentare ai consumatori finali.

Il futuro

Guardando al domani, la mangimistica riparte dalle sue peculiarità: produzione, efficienza e qualità. I tre plus del settore, proiettati nel futuro, si materializzano in una serie di innovazioni in molti casi già in atto: l’automatizzazione dei processi di distribuzione del mangime agli animali, il precision feeding e i mangimi funzionali. Si tratta della prosecuzione della via di successo del settore: fare di più con meno, anzi fare di più con meno e fare meglio.
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