West Nile. Strategia condivisa Rete IZS, Ministero Salute e enti locali per contrastare il virus

ROMA – Il monitoraggio della West Nile rappresenta uno dei casi più efficaci di applicazione concreta dell’approccio One Health.

Un modello di sorveglianza integrata fondato sulla collaborazione tra la Rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, il Ministero della Salute, il Centro di Referenza Nazionale per le Malattie Esotiche (CESME), l’Istituto Superiore di Sanità, gli Enti Locali, il Centro Nazionale Trapianti, il Centro Nazionale Sangue, le strutture ospedaliere e i Servizi Veterinari Locali.

Un coordinamento articolato e capillare, regolato dal Piano Nazionale di Prevenzione, Sorveglianza e Risposta alle Arbovirosi 2020-2025, che suddivide l’Italia in aree a diverso livello di rischio e prevede per ciascuna specifiche azioni di controllo: dal monitoraggio degli uccelli stanziali bersaglio alla sorveglianza entomologica sulle zanzare, dai controlli clinici sui cavalli alla verifica dei casi di mortalità negli uccelli selvatici.

Il piano, già strutturato a livello nazionale, si è attivato immediatamente nel Lazio dopo il primo caso di contagio, mettendo in atto sia procedure previste che la cabina di regia tra Ministero della Salute, Regione Lazio e Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e
Toscana.

“Abbiamo affrontato la situazione con tempestività e determinazione, in stretto coordinamento con la Regione Lazio e il Ministero della Salute”, spiega Stefano Palomba, Commissario straordinario dell’Istituto.

“Stiamo eseguendo analisi e rilievi in un raggio di cinque chilometri nella zona in cui si è verificato il caso purtroppo fatale. È ragionevole pensare che amplieremo questa
area, coinvolgendo tutto l’Agropontino. I nostri operatori effettuano prelievi di sangue sui cavalli negli allevamenti (soggetti a fondo cieco e quindi non trasmettono il virus), per garantire un monitoraggio immediato della diffusione.

Contestualmente, attraverso il potenziamento del sistema di trappole già attivo per la cattura delle zanzare: l’analisi degli esemplari raccolti ci permetterà di valutare la loro positività e l’eventuale rimodulazione degli interventi. Sotto osservazione anche corvi e passeri, che possono fungere da vettori alati e trasformarsi in serbatoi del virus per l’uomo. A tal proposito, abbiamo previsto di inserire nell’area piccoli insediamenti avicoli, quali sensori biologici avanzati, che ci permetteranno di identificare la presenza del virus. Sono anni che studiamo le arbovirosi: queste nostre competenze sono riconosciute a livello internazionale”.

Una malattia che non è nuova: già all’inizio degli anni 2000, tra le prime regioni italiane ad essere colpite dalla West Nile, l’Emilia Romagna ha fin da subito sviluppato uno dei piani di sorveglianza più articolati e capillari, come racconta il dottor Giuseppe Merialdi, direttore del Dipartimento Area Territoriale Emilia Romagna IZS Lombardia ed Emilia Romagna.

“Monitoriamo il territorio attraverso trappole a CO2 per zanzare, distribuite in modo omogeneo e capillare soprattutto nelle aree di pianura, ambiente ideale per la zanzara Culex. Le trappole funzionano grazie al ghiaccio secco che libera anidride carbonica, attirando gli insetti. Una volta catturate, le zanzare vengono campionate nei nostri laboratori e analizzate: appena intercettato il virus, scatta immediatamente la componente di controllo di sanità pubblica regionale sulle sacche di sangue”.

Una volta individuato il virus, i campioni vengono immediatamente inviati all’IZS di Teramo, che dal 1991 è Centro di Referenza Nazionale per le Malattie Esotiche (CESME). “Il nostro compito – spiega il direttore generale Nicola D’Alterio – è effettuare i test di conferma, fornire supporto tecnico-scientifico, elaborare i dati e coordinare le attività diagnostiche. Quando viene confermato un primo caso in una provincia, si attiva immediatamente un sistema coordinato: i risultati sono trasmessi a tutte le autorità competenti e vengono
attivati screening obbligatori dei donatori di sangue e organi nella provincia interessata, per prevenire così il rischio di trasmissione”.

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