FERRARA – La cimice asiatica, il temuto insetto polifago che appariva ormai sotto controllo, è tornata e i danni riscontrati dai produttori agricoli non sono più solo sulle pere, ma anche sul mais, finora solo marginalmente attaccato dall’insetto.
C’è molta preoccupazione tra le aziende agricole di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara che in queste settimane hanno iniziato la raccolta dell’Abate, mentre fanno i conti con le rese delle pere estive, non certo positive. In generale, una ricognizione tra i produttori condotta da Cia Ferrara ha mostrato dati preoccupanti per la William Bianca che ha subito cali produttivi fino al 30%, mentre appaiono più contenute le perdite registrate da Carmen, Santa Maria e Conference, con danni intorno al 10%. Cali legati certamente al caldo di giugno, che ha messo in stress piante e frutti in piena fase di maturazione alla quale si è aggiunta, appunto, la recrudescenza della cimice asiatica del tutto inattesa. Ancora più inaspettata la sua presenza, anche massiccia sul mais da granella, con effetti che riguardano sia la qualità che la resa, ancora difficili da quantificare. La cimice danneggia il mais provocando, innanzitutto, infertilità perché l’insetto si nutre delle parti che sono la via d’ingresso del polline per la fecondazione: il risultato sono spighe completamente o parzialmente vuote, in particolare quelle delle file più esterne dei campi. Il secondo danno che può provocare la cimice è qualitativo perché perfora le foglie che proteggono la spiga fino ad arrivare ai grani ancora in fase di maturazione deformandoli. Quando successivamente i grani si seccano si creano delle fessure entro le quali possono attecchire i funghi che possono poi generare le micotossine. Questo, naturalmente, contribuisce a diminuire fortemente la qualità con conseguenze a livello di prezzi pagati ai produttori.
Un problema che sta diventando, dunque, sempre più generalizzato e che è in buona parte imputabile, secondo i produttori, alla limitazione all’uso dell’acetamiprid, insetticida selettivo che garantiva buoni risultati ma che oggi è poco efficace a causa di nuovi limiti imposti.
Una situazione complessa in un sistema agricolo già compromesso dai cambiamenti climatici e dai problemi di mercato che erodono i redditi e non consentono di fare investimenti, come spiega il presidente di Cia Ferrara, Stefano Calderoni: “La cimice asiatica non è più solo un problema pericoltura, che rimane tuttavia la più colpita, e mette in discussione la sostenibilità stessa dell’attività agricola in un territorio che continua a pagare un prezzo altissimo per la presenza di fitopatie e per le restrizioni sui mezzi di difesa.
Purtroppo, la cimice è solo uno degli esempi di come le problematiche che si pensavano risolte ritornano perché da un lato non si investe abbastanza sulla ricerca scientifica in campo agronomico e dall’altro si continuano a dare soluzioni costose ed inefficaci. Siamo in prima linea nella tutela del territorio e della salute delle persone ma, come abbiamo già ripetuto in questi anni, la sostenibilità deve essere anche economica e deve considerare l’esigenza di continuare a produrre cibo. Credo che ogni agricoltore che si alza al mattino, con uno sconfinato amore per il proprio lavoro ma che non può essere infinito, si chieda se ci sono ancora le condizioni per fare agricoltura. Credo che debbano essere le istituzioni, soprattutto quelle di Bruxelles che spesso calano le decisioni dall’alto, a dargli questa risposta che è fondante per la tenuta agricola del nostro territorio e del nostro Paese”.