Agroalimentare, Verona conferma il primato nazionale per l’export con il 7% sul totale italiano

VERONA – Verona rafforza la sua leadership nazionale nell’agroalimentare, distaccando Cuneo.

Anche se il 2025 si annuncia come un anno dall’esito incerto, con i timori legati alla guerra commerciale scatenata dal governo Trump, per quanto riguarda la provincia scaligera si intravedono segnali di moderato ottimismo.

L’esposizione dell’export agroalimentare veronese negli States è infatti, tutto sommato, limitata: nel 2024 è valso per Verona 226 milioni di euro su un totale di 4.577 milioni, cioè meno del 5% del totale.

È quanto emerge dal 2° Report 2025 “Economia, agricoltura e agroalimentare” di Confagricoltura Verona, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Studi Cgia di Mestre, presentato oggi alla Camera di Commercio di Verona, con i dati consolidati del 2024 e le proiezioni sul 2025. Numeri favorevoli sia in termini di valori della produzione, in crescita, che sul fronte dei costi di produzione, in calo, anche se restano superiori a quelli del periodo pre Covid andando a incidere, dunque, sulla redditività delle imprese.

Verona resta la provincia leader in Veneto per valore aggiunto in agricoltura, con 1,3 miliardi (il 30% del totale regionale) e la seconda provincia italiana, sempre per valore aggiunto, dopo Bolzano. La città scaligera consolida anche il primato nazionale nell’export agroalimentare, con 4,57 miliardi di valore e un peso relativo di quasi il 7% sul totale Italia e il 46% di quello del Veneto. Con una crescita pari al 7,4%, stacca ulteriormente Cuneo, sorpassata nel 2023, che segna una crescita del 5,6%  e 4,41 miliardi di valore.

Nell’export agroalimentare Verona si contraddistingue per numerosi comparti: nel 2024, si parla di 642 milioni di euro di prodotti agricoli, 722 milioni di carne lavorata o conservata, 499 milioni di prodotti lattiero-caseari, 197 milioni di prodotti per l’alimentazione animale. La parte del leone la fanno le bevande, che valgono quasi 1,3 miliardi di export grazie alla forza e qualità dei vini veronesi. Tra le destinazioni dell’export è la Germania a fare la parte del leone, con il 27% del totale, seguita da Francia, Regno Unito, Austria e Svizzera. Solo al sesto posto gli Stati Uniti, con il 4,9% del valore.

Anche i numeri relativi all’andamento del Pil agricolo parlano chiaro: la crescita dell’agricoltura veronese è particolarmente favorevole, tant’è che Verona registra un +2,9% tra 2019 e 2023 (in controtendenza con l’Italia e il Veneto, scesi rispettivamente del 7,1% e dell’1,2%). Si stima per Verona un +1,7% nel 2024 e in prospettiva un +1,2% per il 2025: un saggio di crescita più contenuto ma superiore al +0,6% nazionale.

Un altro buon segnale è la diminuzione dei costi di produzione, che nel 2024 ha determinato un lieve recupero dei margini del settore. Questo non basta, però, a recuperare il grave gap che si è andato a creare nel triennio precedente, con incidenze record dei costi sulle produzioni. Basti dire che i prezzi dei fertilizzanti rimangono molto più alti rispetto al 2019 e che le previsioni per il biennio 2025-2026 segnalano una tendenza al rialzo. Idem per quanto riguarda i costi energetici, con il gas e l’energia elettrica che, nonostante il calo delle tariffe tra il 2023 e il 2024, costano più del doppio rispetto al 2019.

Per quanto riguarda i prezzi pagati agli agricoltori per i prodotti, ancora male i cereali, il cui valore della produzione è sceso del 33,4% e annata poco favorevole per le carni (-1,6%) e le uova (-8,9%). Bene invece il latte, che archivia il 2024 con un +7,7% del valore rispetto al 2023. Molto bene il comparto fruttifero (+65,2%), con pere e mele in pole position grazie soprattutto alla crescita dei quantitativi rispetto alla disastrosa annata 2023. In salute anche i prodotti vitivinicoli (+8,3%) e gli ortaggi, in particolar modo per zucchine (+ 59,3%), pomodori (+19,2%) e meloni (+11,5%).

Commenta Alberto De Togni, presidente di Confagricoltura Verona: “Non ci può sfuggire l’incessante galoppata di Verona, che resta la regina dell’export agroalimentare andando a incrementare ancora il distacco su Cuneo, e consolida pure il suo ruolo da leader nel Veneto, con quasi la metà del valore regionale in esportazioni”.

“Le buone performance arrivano dal latte e dal settore frutticolo, che esce però da una successione di annate molto difficili”, specifica Togni. “Non benissimo la carne e male i cereali, sia per produzione che per quotazioni. Fortunatamente nel 2024 si è assistito ad uno sboom dei costi di produzione, ma guardando al lungo periodo si evince come il progressivo aumento dell’incidenza dei costi intermedi sia pesante, dato che negli ultimi cinque anni si è attestata ad oltre la metà (52%) del valore della produzione. E questo va ad incidere molto sulla redditività aziendale”.

“C’è preoccupazione soprattutto per i costi energetici, soprattutto per quelli molto elevati dell’elettricità. Perciò chiediamo che il costo dell’energia sia sganciato da quello del gas, anche per tenere conto di tutta quella green prodotta a costi più bassi: dall’agrivoltaico all’eolico”, conclude Togni.

Aggiunge Renato Mason, segretario di Cgia-Mestre: “Il settore agroalimentare evidenzia segnali importanti di crescita, che tuttavia non devono offuscare le sfide e le preoccupazioni che sta vivendo il comparto agricolo alle prese con costi elevati”.

“In effetti, – continua Mason – pur risultando in calo rispetto ai picchi del 2022, i costi di produzione si stanno assestando su livelli ben superiori a quelli pre-pandemici; non si tornerà indietro e la strategia fondamentale per salvaguardare le produzioni e incrementare la produttività risiede negli investimenti, i quali risultano comunque difficili da realizzare in un contesto caratterizzato da tassi di finanziamento ancora elevati”.

“Nel pieno di queste sfide emergono risultati interessanti per il settore agroalimentare veronese che, oltre a distinguersi nei mercati internazionali per l’export di bevande e prodotti alimentari, ha incrementato il proprio valore nel comparto agricolo”, conclude Mason.

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