ROMA – Confagricoltura esprime preoccupazione per l’esito del voto (di ieri) del Parlamento europeo relativo alla modifica dei dazi sulle importazioni di fertilizzanti da Russia e Bielorussia, respingendo tutti gli emendamenti proposti.
A larga maggioranza è passata la proposta della Commissione su dazi aggiuntivi sull’import di alcune merci, tra cui appunto i fertilizzanti, a partire dal prossimo mese di luglio.
In questo modo – evidenzia la Confederazione – non si tiene conto delle criticità evidenziate dagli agricoltori e si rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà delle imprese europee del comparto.
Pur condividendo gli obiettivi generali della misura, in particolare il rafforzamento della sicurezza alimentare e la spinta alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, Confagricoltura ribadisce l’urgenza di integrare il provvedimento con misure correttive che tengano conto dell’attuale contesto economico, ambientale e produttivo. In particolare, è necessaria una revisione graduale del sistema dei dazi, affinché la transizione verso una minore dipendenza dalle importazioni non penalizzi il settore primario europeo, già fortemente colpito dall’instabilità dei mercati e dall’aumento dei costi di produzione.
Preoccupano la mancanza di considerazione per reali fonti alternative, l’assenza di una valutazione d’impatto e la non chiarezza sulle implicazioni di mercato. Se l’Unione è determinata a ridurre la dipendenza dai fertilizzanti russi e bielorussi, ad avviso di Confagricoltura deve presentare un’alternativa credibile e lungimirante. Mancano invece, sia specifiche decisioni volte a rafforzare l’utilizzo dei fertilizzanti di origine zootecnica (a partire dal digestato) strategici per ridurre la dipendenza dai concimi azotati, sia una maggiore flessibilità nell’applicazione della Direttiva Nitrati.
“Le imprese agricole – aggiunge il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – hanno bisogno di risposte adeguate anche alla luce delle decisioni che si stanno assumendo a livello nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria. In particolare, il divieto assoluto dell’impiego di urea nel Bacino Padano a partire dal 1° gennaio 2027, senza alcuna fase transitoria realmente attuabile e senza alternative valide presenti sul mercato, rappresenta un’imposizione insostenibile per le imprese agricole”.
“Il rischio concreto – conclude – è che il settore primario, già piegato da calamità climatiche frequenti e rincari dei costi, si trovi nuovamente ad affrontare norme difficilmente applicabili, con effetti negativi sul piano sociale, ambientale ed economico”.