BOLOGNA – Tempi bui per i coltivatori di grano in Emilia-Romagna: produzione scarsa e prezzi bassi a fronte di una qualità eccellente, in particolare il peso specifico.
Non si arresta il calo della PLV con prezzi di listino che si confermano sostanzialmente simili a quelli dell’anno scorso, appesantiti però da costi di produzione ben superiori.
“A trebbiatura pressoché conclusa – spiega il presidente regionale di Confagricoltura, Marcello Bonvicini, dati alla mano – le rese si attestano mediamente sui 50-60 quintali a ettaro, registrando un calo percentuale complessivo del 20%, con l’Emilia che va peggio della Romagna. Il grano diventa così una coltura a rischio, non dà reddito. La PLV regionale scende ulteriormente, seguendo il trend negativo già registrato nel 2024: – 8,9% per il tenero; – 8,3% per il duro (fonte Rapporto Agroalimentare Regione-Unioncamere 2024). Non risparmia una stoccata alla filiera.
“Mentre i mulini e i pastai sorridono acquistando un prodotto di alta qualità a prezzi risicati, gli agricoltori chiudono il bilancio in perdita accentuando la disaffezione verso la coltura”, precisa il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna. Solo nell’ultimo anno, infatti, gli ettari investiti a grano tenero in regione sono diminuiti dell’11,5%.
La campagna del grano è iniziata male fin dal principio, accusando ritardi nelle semine autunnali e difficoltà pratiche nella coltivazione dovute all’eccesso di pioggia, poi il maltempo in primavera ha rallentato le concimazioni complicando tutte le operazioni in campo. In questo scenario sono lievitati i costi dei mezzi tecnici, nello specifico i fertilizzanti azotati fondamentali per lo sviluppo della spiga, tra cui l’urea che è il più importante.
“E siccome piove sempre sul bagnato – incalza Bonvicini – all’orizzonte ci aspetta anche il divieto assoluto di impiego dell’urea nel Bacino Padano a partire dal 1° gennaio 2027, come previsto dalla bozza del nuovo Piano nazionale per la qualità dell’aria. Sul mercato – insiste – non ci sono alternative valide”.