Vino italiano negli Usa: spazi di mercato nonostante i dazi. Vinitaly: Gen Z e Millennial, latinoamericano o afroamericano del Sud-Est, il profilo dei nuovi consumatori

VERONA – Con 345 milioni di litri esportati nel 2024 e un controvalore all’import di 2,25 miliardi di dollari, l’Italia è – assieme alla Francia – market leader dei vini d’importazione negli Stati Uniti.

E, dazi o meno, non intende abdicare a questo ruolo. A dimostrarlo sarà Vinitaly.USA, la manifestazione firmata Veronafiere-Vinitaly che, al Navy Pier di Chicago il 5 e 6 ottobre, riunirà i più importanti produttori italiani: una piattaforma unica negli States, la più ampia per espositori, che affianca agli incontri b2b con il trade americano, focus strategici sul futuro del Vigneto Italia. Lo svela, tra gli altri, un’analisi dell’Osservatorio Unione italiana vini (Uiv) e Vinitaly, che traccia le rotte future dei prossimi eno-addicted a stelle e strisce in un mercato tutt’altro che maturo.

“Il 75% dei consumatori statunitensi di vino italiano – ha detto il direttore generale di Veronafiere, Adolfo Rebughini – si concentra in una quindicina di Stati, con in testa California, New York, Florida, Texas e Illinois. Gli Italian wine lover, oggi, provengono soprattutto da qui, sono in prevalenza consumatori di origine caucasica (75%), Boomers o Gen X (62%), con una significativa presenza del pubblico femminile. I dati ci confermano una notorietà media del 72% e un tasso di conversione all’acquisto del 55%: un patrimonio che – attraverso Vinitaly – vogliamo consolidare aprendoci al tempo stesso a nuovi target e mercati emergenti. In quest’ottica la scelta di Chicago non è casuale ma risponde alla volontà di essere al fianco delle imprese italiane nei luoghi più strategici per il loro sviluppo negli Stati Uniti”.

Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base Iwsr (International Wine and Spirits Record, leader globale nei dati, nelle analisi e nelle informazioni strategiche per il settore delle bevande alcoliche), l’identikit del consumatore del futuro è di genere maschile, Gen Z ma anche Millennial, di etnia latinoamericana o afro-discendente, preferibilmente residente in Texas, Illinois, California, South Carolina e Georgia o altre aree con quei segmenti di popolazione non solo poco esplorati, ma che Stato per Stato dimostrano percentuali di gradimento del vino superiori alla media nazionale. Su queste direttrici l’obiettivo si espande in verticale su segmenti demografici in forte crescita, a partire dagli ispanici – che ormai valgono il 20% della popolazione complessiva, con punte superiori al 50% tra i più giovani in Stati come la California o il Texas -, come anche gli afroamericani (14%) o gli asiatici (6%). In orizzontale la diversificazione passa poi attraverso nuove geografie, e guarda a Stati emergenti dei consumi al di fuori delle aree tradizionali: una platea alternativa di 113 milioni di pressoché potenziali nuovi consumatori.

Dall’analisi sui target, si nota per esempio che gli Stati dove la prevalenza dei consumi è più maschile sono California, Florida e New York, mentre a livello etnico la popolazione afroamericana è abbondantemente sopra la media in Georgia, North Carolina e Virginia e gli ispanici in California e Texas. All’anagrafe, gli appartenenti alla Gen Z vanno sopra la media nazionale in Georgia, Illinois, nelle due Caroline e in Texas. Ancora in Texas ma anche a New York sono invece i Millennials ad avere percentuali di rappresentanza significativamente superiori alla media nazionale.

Ribaltando il dato sui vini italiani, e partendo dall’alto della classifica dei consumi, in California e in Florida l’identikit del consumatore di domani è maschio, di etnia ispanica, preferibilmente appartenente alla generazione Millennials. I possibili vini su cui puntare sono rossi, sia frizzanti (stile Lambrusco anche in versione amabile o dolce), sia fermi, strutturati e con spiccata morbidezza, come Primitivo e Amarone.
In Georgia, Illinois e nelle due Caroline il target è prettamente giovane e giovanissimo, ma di etnia afroamericana: qui il ventaglio dei prodotti si allarga, ricomprendendo rossi, in particolare siciliani base come Nero d’Avola ma anche Shiraz, oppure – lato vini bianchi – il Moscato d’Asti e gli spumanti base Moscato.

In Texas si rimane sui giovani, ma appartenenti alla comunità latina (ancora Lambrusco in primis, ma anche Chianti), mentre a New York e Washington il target su cui puntare maggiormente gli sforzi è quello dei Millennials, con vini bianchi non solo base Pinot grigio, ma allargando la “sperimentazione” ai varietali emergenti, come Vermentino e Ribolla. Infine, in Ohio occhi puntati sui Gen Z, mentre in Virginia sono gli afroamericani quelli con maggiore potenziale per i vini tricolori.

Se queste sono le opportunità che emergono negli Stati con forte propensione al consumo, altre si possono cogliere in quegli Stati dove i consumi di vino hanno tassi di penetrazione interessanti, ma la conoscenza dei vini italiani è sotto media nazionale: dall’Arizona al Colorado, passando per Louisiana, New Mexico, Arkansas o Indiana. In Arizona, per esempio, incrociando i dati per genere, etnia ed età, il profilo che emerge è quello di una donna nella fascia over 40, ma appartenente anche alla comunità asiatica (più orientata verso i rossi strutturati, come il Montepulciano d’Abruzzo), mentre in Arkansas si scende alla generazione Millennials per affiancare alla popolazione caucasica gli appartenenti alla comunità afroamericana, a cui offrire un mix fatto di spumantistica marcatamente “territoriale” e rossi base Sangiovese, come il Brunello, e Merlot, come gli Igt toscani. Afroamericani sopra la media nazionale anche in Louisiana e Indiana: nel primo Stato il target è però preferibilmente maschio, sia molto giovane, sia appartenente a una fascia d’età più adulta, mentre in Indiana sono più che altro donne della Gen X. Nel New Mexico il target principale sono i consumatori di origine ispanica, ma di sesso maschile e rientranti nel gruppo dei Millennials, mentre in Colorado sono sempre maschi caucasici della Gen X i più numerosi: a questi ultimi possono essere riservati vini bianchi longevi, come le versioni più impegnative di Soave e Verdicchio.

A Vinitaly.USA (Chicago, 5 e 6 ottobre) saranno presenti 250 espositori tra cantine e consorzi, per un fatturato aggregato di oltre 7,2 miliardi di euro. Le presenze attese di importatori e buyer risultano in linea con i dati registrati nell’edizione 2024 di Vinitaly.USA, confermando l’attrattività e la continuità dell’evento per la domanda di vino italiano sul mercato statunitense. In programma, in contemporanea, anche wine2wine Vinitaly Business Forum e i corsi di formazione della VIA – Vinitaly International Academy, oltre a sessioni specifiche di Vinitaly Tourism e l’Oil Bar di SOLExpo.

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