Il modello Israele: un’agricoltura basata su ricerca, innovazione, sviluppo e formazione. Intervista all’Ambasciatore in Italia, Dror Eydar

ROMA – Sicurezza alimentare e delle risorse di produzione. Minacciata da instabilità geopolitica, crisi energetica e cambiamenti climatici, la certezza degli approvvigionamenti torna in cima all’agenda euromediterranea, imponendo una revisione profonda dei nostri sistemi di produzione agroalimentare. Questo e molto altro al centro della conferenza “Techagriculture meeting Italia-Israele: L’agricoltura incontra l’innovazione”, organizzata dall’Ambasciata d’Israele, Confagricoltura, il Comune di Napoli e l’Università degli Studi di Napoli Federico II, che si terrà il 17 maggio nella città partenopea simbolo della tradizione agroalimentare italiana e del dialogo mediterraneo.

Agricultura.it, alla vigilia di questo importante incontro, ha intervistato in esclusiva l’Ambasciatore di Israele in Italia, Dror Eydar, per fare un approfondimento su uno dei sistemi agricoli più innovativi al mondo, appunto quello israeliano.

L’agricoltura israeliana rappresenta un modello a livello internazionale, una fotografia di quelle che sono le peculiarità attuali.

La produzione agricola israeliana è da sempre stata caratterizzata da una forte tensione innovativa, necessaria conseguenza di un territorio per la gran parte arido e semiarido, e con scarse riserve d’acqua,  che ha saputo trasformare questi limiti in opportunità. Gli sviluppi tecnologici che hanno modificato l’economia del Paese negli ultimi 20 anni, trasformando Israele in una Startup Nation, hanno permeato anche il settore agricolo: intelligenza artificiale, robotica, biotecnologia, management dell’acqua, controllo dello stress climatico, piattaforme di genetica vegetale, proteine alternative. Dal campo alla tavola, l’intera filiera in Israele è pensata e organizzata per “produrre di più con meno”, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale e alimentare che ci richiamano alle nostre responsabilità nei confronti del pianeta.Alla sua nascita, nel 1948, Israele era considerato un paese in via di sviluppo, ed era noto al mondo per le esportazioni di arance Jaffa. Oggi, dopo soli 74 anni, è un leader mondiale capace di attrarre un flusso crescente di investimenti. Oggi, l’agritech israeliano conta sull’attività di oltre 440 startup innovative. Nell’anno appena trascorso, il finanziamento totale al settore agrifoodtech ha raggiunto la cifra record di 833,5 milioni di dollari, registrando una crescita del 150% rispetto al 2020. Circa 200 milioni sono affluiti nel comparto agri-tech.

Ricerca e innovazione stanno facendo la differenza, che tipo di investimenti sono in atto in questo senso

Israele è uno dei Paesi al mondo che investe di più in R&S, un settore che assorbe circa il 4.5 % del PIL. Storicamente l’agricoltura israeliana ha potuto godere dell’apporto di un efficiente sistema di technology transfer, istitutito nei primi anni Cinquanta, e di scelte governative di sostegno allo sviluppo del settore. L’approccio, tanto dei singoli agricoltori quanto dei policy makers, è da sempre fortemente orientato al mercato. Un esempio indicativo della convergenza di forze su cui si regge l’ecosistema israeliano è il programma gestito dall’Israel Innovation Aiuthority (l’agenzia responsabile della definizione e dell’implemetazione delle politiche per l’innovazione) e dal Ministero dell’Agricoltura, che ha investito 9 milioni di shekels per finanziare le spese di R&D di progetti imprenditoriali ad alto rischio per soluzioni agritech innovative. Ma già negli anni ’50 e ’60, il 30% del bilancio nazionale era destinato all’agricoltura e all’acqua, mentre un altro 30% all’istruzione. Ciò ha favorito una solida politica agroindustriale e la crescita di settori specifici, come quello ortofrutticolo, cui  ha contribuito anche la rete dei kibbutz sulla quale si è retto il primo sviluppo del Paese.

 

Uno dei punti di forza è anche la formazione insieme all’istruzione degli imprenditori e degli operatori. Che tipo di percorso viene proposto?

Israele ha da sempre puntato alla valorizzazione del suo capitale umano e questa è una risorsa alla quale il Paese ha legato il suo destino. Israele vanta un sistema accademico d’eccellenza. Nel settore dell’agricoltura, istituzioni come il Volcani Center, il braccio di ricerca del Ministero dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale israeliano, la Facoltà di Agronomia della Hebrew University, l’Arava Center for R&D, la Ben Gurion University, sono alcune delle maggiori istituzioni accademiche che, dal BA ai percorsi dottorali, stanno formando una generazione di agricoltori con fortissime competenze di settore. Lo stesso deserto del Negev, grazie alle nuove tecnologie, vive un processo di de-desertificazione che lo ha trasformato in un laboratorio permanente, un apripista dell’agricoltura del futuro.

Il rapporto tra pubblico e privato inoltre è un altro elemento caratterizzante la vostra agricoltura. Il Governo come lavora in questo senso?

Il governo ha avuto un ruolo essenziale nella trasformazione economica del Paese. L’adozione del programma Yozma (“iniziativa” in ebraico), nel 1993, ha gettato le basi per la crescita e la proliferazione di questi Fondi d’Investimento provati che, attraverso un’azione sinergica con le istituzioni pubbliche, hanno creato le condizioni per la trasformazione del paese in un hub tecnologico internazionale. Ciò che distingue Israele – e su questo si fonda una buona parte del suo successo – è la sua capacità di fare sistema e creare sinergia tra il trasferimento sul mercato dei risultati della ricerca accademica, iniziative pubbliche a sostegno di imprese ad alto rischio, l’interesse degli investitori privati a contribuire alla crescita del sistema. Il fatto che alcuni Ministeri chiave – da quello dell’energia, a quello della scienza passando per l’Agricoltura – abbiano un Chief Scientist è molto indicativo dell’approccio israeliano ai temi della crescita economica.

Esiste un legame tra agricoltura italiana e israeliana? Se sì quale altrimenti ci sono elementi ?

Israele e Italia sono legati non solo da una forte prossimità culturale e geografica, ma anche da una consistente complementarietà economica. Entrambi sono Paesi mediterranei con una forte vocazione alla cooperazione internazionale e allo sviluppo. Per parte nostra, gli Accordi di Abramo, che stanno riscrivendo le nostre relazioni economiche e commerciali con i Paesi arabi, aprono nuove prospettive di mercato. L’Italia rappresenta invece, per posizione geografica e per tradizione politica, un naturale ponte tra la sponda meridionale del Mediterraneo e l’Europa. L’Italia vanta una marcata tradizione agricola, connotata anche da forti specificità regionali; Israele si distingue invece per il massiccio impiego di tecnologia avanzata. La stretta collaborazione tra i nostri due sistemi può indubbiamente contribuire a fare del Mediterraneo uno dei centri mondiali della produzione agricola ecosostenibile. Lo stesso PNRR è improntato alla sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Italia e Israele sono, inoltre, oggi unite dal fenomeno, relativamente nuovo per l’Italia, della desertificazione. Io stesso sono stato testimone di questo fenomeno durante una mia recente visita in Sicilia e so che si verifica anche in altre parti d’Italia. In effetti, due terzi del territorio di Israele sono desertici, ma negli anni siamo riusciti a far fiorire il deserto e a sviluppare in esso un’agricoltura altamente specializzata e molto ricca. Israele ha maturato una grandissima esperienza anche in relazione ai problemi idrici, in particolare nel riciclo dell’acqua, nella sua purificazione e desalinizzazione. Basti pensare che Israele ricicla quasi il 90% della sua acqua ed ha il primato mondiale in questo campo. Per questo siamo felici di condividere la nostra esperienza e conoscenza con l’Italia, e a questo scopo organizzeremo a Napoli, il 16 e il 17 maggio prossimi, un grande evento dedicato all’agricoltura, denominato “Techagriculture meeting Italia-Israele”.

La conferenza, che impegna partner importanti come il Comune di Napoli e l’Università Federico II, e uno dei maggiori attori del sistema agroalimentare italiano qual è Confagricoltura, muove dall’ambizione di mettere a sistema e tradurre in azioni concrete la condivisione del know how e la progettualità imprenditoriale, e creare un percorso dall’enorme potenziale cui le stesse istituzioni, locali e nazionali, possono accompagnare in modo importante. Per l’occasione, arriveranno in Italia i rappresentanti di oltre 20 società israeliane, che mostreranno le loro più avanzate tecnologie e soluzioni innovative applicate all’agricoltura e ai settori affini.

Prospettive future?

Il tema della sostenibilità ambientale e alimentare è senza dubbio uno dei temi di maggiore attualità. Dal Rapporto sull’insicurezza alimentare mondiale della FAO al Recovery Plan dell’Unione Europea, dall’Agenda Globale delle Nazioni Uniti al Cop 21, tutto ci riporta alla necessità di rispondere all’aumentata domanda di cibo con una produzione che sia sostenibile per il pianeta. In questa prospettiva, il governo israeliano ha anche adottato un Piano per la produzione di proteine alternative. Solo nel 2021, l’industria tecnologica di questo comparto è cresciuta del 450% e le startup hanno raccolto investimento per 623 milioni di $. I dati sono del The Good Food Institute (GFI) Israel, un’organizzazione no profit che fa ricerca e innovazione in questo settore. Secondo i suoi studi, il 13% è coperto da programmi governativi, che hanno investito 69 milioni di $ in settori nuovi dell’agritech, tra cui la “carne coltivata”.

 

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