Il vino italiano è di qualità. Lo dice il presidente dell’Ais, Terenzio Medri.

Il vino italiano gode di ottima salute e piace sempre di più ai francesi. Ma è necessario spingere il piede sull’acceleratore del marketing. E poi: grazie ad un territorio unico produciamo alta qualità, ma bisogna fare attenzione a non produrre vini eccessivamente alcolici. La disamina di Terenzio Medri, presidente nazionale dell’Associazione Italiana Sommeliers, sull’attuale momento del vino italiano, nell’intervista ad agricultura.it, induce ad un giustificato ottimismo per la nostra enologia.

Presidente Medri come giudica lo stato di salute del vino italiano?
Senza ombra di dubbio le nostre produzioni stanno attraversando un ottimo momento. Sono appena rientrato dagli Stati Uniti dove ho potuto verificare personalmente che stiamo vivendo un grande periodo, c’è molto interesse intorno ai nostri vini, soprattutto da parte dei consumatori di media-giovane età. E non solo in Usa sia chiaro. Basti vedere come i francesi si siano messi a bere vino italiano con consumi notevoli, e di questo, i produttori francesi iniziano ad essere preoccupati. Oltre naturalmente a superare i cugini d’Oltralpe per quanto riguarda le esportazioni.

E’ stato quindi recuperato “l’antico” gap che ci separa dalla Francia sulla qualità?
E’ indubbio che in Francia si produca una qualità molto elevata. Ma Vigneto Italia è sicuramente più equilibrato. Mi spiego: nel nostro Paese abbiamo una grandissima qualità media, una fascia di mezzo molto più ampia rispetto ad una Francia che ha una prima fascia molto alta ma una qualità media inferiore. Insomma noi siamo più bravi nel fare vini di qualità, ma loro vincono sul marketing.

Non facciamo abbastanza promozione. Perché? 
Un ruolo ancora maggiore spetta senza dubbio alle istituzioni, devono e possono fare più promozione. Il poco marketing che facciamo per di più è dispersivo. Girando il mondo trovo piccole regioni che si muovono in piena autonomia e solitudine, rischiando quindi di passare inosservate. Bisognerebbe vendere meglio questo pilastro del made in Italy, differenziarlo con tutti i suoi campanili  e territori ma promuoverlo in modo unitario.

Quali sono le nostre regioni in maggiore ascesa? 
C’è una crescita generalizzata. Indubbiamente ci sono regioni come l’Umbria, il Trentino Alto Adige e la Sicilia che stanno ottenendo risultati importanti, e anche la Campania è in forte ascesa. Oltre naturalmente ai due colossi, Piemonte e Toscana.

Sul fronte della produzione ci sono margini di miglioramento?
E’ necessario continuare a lavorare sulla qualità. Ma bisogna anche fare attenzione alle gradazioni che si stanno elevando un po’ troppo, è opinione diffusa tra gli esperti. Si tratta di una scelta voluta dall’alta qualità, per molti aspetti è anche positiva ma senza esagerare. In generale è doveroso fare complimenti ai nostri produttori, che fanno una grande qualità. Ma stanno lavorando bene anche in altri Paesi del mondo, come la California, il Cile e il Sudafrica. Da noi però c’è il territorio che fa la differenza e che ci contraddistingue. Per questo bisogna mettere ancor più il territorio in evidenza e valorizzarlo. Possiamo ancora crescere, incentivando ulteriormente l’innovazione.

Un ruolo comunicativo importante per il vino è da attribuirsi senz’altro all’Ais. Forse c’è una professionalità maggiore rispetto a 15 anni fa. Come è cambiato il ruolo del sommelier in Italia?
Oggi la professionalità dei nostri sommeliers è eccelsa, superiore ad un tempo. Da quando sono presidente dell’Ais (circa 5 anni, Medri è al secondo mandato, ndr.) stiamo investendo molto sulla cultura e sulla conoscenza. Il sommelier è ormai un comunicatore, è in grande di dare consigli al consumatore, è umile, e si occupa di salute. Bisogna sapere che cosa si beve. Ritengo che abbiamo una grande credibilità generalizzata; la scorsa settimana all’ambasciata di New York c’è stato un evento che ha visto l’Ais protagonista assoluto, prima questo non accadeva. Ed i numeri sono destinati a crescere: siamo attualmente un’associazione di 35mila iscritti, ma che si sta allargando in altre parti del mondo attraverso corsi professionali. In Usa soprattutto, ma anche Londra, Bruxelles e Tokyo.

Nella foto Terenzio Medri

Lorenzo Benocci

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