Suino pesante, non solo prosciutto. La qualità è anche nei lombi

Lombi di maiale pesanti migliori  di quelli dei maiali leggieri. Lo rivela la ricerca promossa da Opas (Organizzazione di prodotto allevatori suini), una realtà che commercializza oltre 300mila maiali all’anno, in collaborazione con le Università di Bologna e Copenaghen.

Lo studio – La ricerca conferma che i suini pesanti (160 chilogrammi, allevati per almeno 9-10 mesi) tradizionalmente allevati in Italia per la produzione dei prosciutti a denominazione di origine protetta (Dop) di Parma e San Daniele, presentano caratteristiche di eccellenza anche nel lombo. Anche i tagli destinati alla carne fresca, dunque, che nell’economia del suino pesante italiano normalmente rivestono scarsa importanza sotto appunto il profilo del valore pagato agli allevatori, presentano aspetti di tenerezza – se opportunamente frollati – del tutto analoghi rispetto ai lombi dei maiali leggeri (110 chilogrammi, allevati circa 7 mesi). La ricerca scientifica, al termine dell’indagine svolta all’Università di Bologna, sotto la guida del professor Leonardo Nanni Costa, docente al Dipartimento di protezione e valorizzazione agroalimentare, promuove così la qualità dei suini pesanti italiani.

Le parti analizzate – L’indagine in questa sua prima fase ha riguardato le caratteristiche del lombo (Longissimus thoracis) sul fronte della temperatura, del pH, del colore, delle perdite di sgocciolamento e di cottura,  della forza di taglio (per determinare la tenerezza) e della quantità di grasso intramuscolare. Parametri analizzati sulla base di due prove, condotte rispettivamente su 20 suini tra leggeri e pesanti e su 30 lombate sinistre, tratte da una partita di 150 animali macellati nello stabilimento del consorzio latterie sociali Virgilio, uno dei più all’avanguardia per strutture e strumentazioni di macellazione. “La prima ricerca – illustra il professor Nanni Costa – ha tenuto conto dell’effetto dell’età di macellazione dei suini, mentre la seconda ha avuto come oggetto la diversa velocità di acidificazione post mortem del lombo”.

Secondo step della ricerca – Attualmente è in corso, sui medesimi campioni di muscolo, la ricerca legata agli aspetti riguardanti l’intenerimento della carne dovuto all’azione degli enzimi proteolitici. Uno step che sta coinvolgendo l’Università di Copenaghen – Dipartimento di Scienze degli alimenti, sotto la guida del professor Anders H. Carlsson e al quale collaborano anche ricercatori italiani (Alberto Grossi e Luigi Pomponio). “La ricerca – specifica il professor Nanni Costa – ha permesso di evidenziare che la differente età dei suini esaminati ha significativamente condizionato non solo i parametri relativi alla carcassa, ma anche la qualità della carne della lombata. Proprio per quanto concerne il lombo, solamente il pH non si è differenziato in funzione dell’età. Nei soggetti macellati a 7 mesi, in particolare, la carne è risultata essere più chiara e meno rossa rispetto al campione di animali di 10 mesi; la carne dei suini più giovani ha presentato, inoltre, maggiori perdite di cottura rispetto a quella degli animali più adulti, ma solo a 1 e a 6 giorni dalla macellazione. Come si attendeva, la carne dei soggetti macellati a 7 mesi rispetto a quella dei suini di 10 mesi è risultata più tenera, ma solo nei primi giorni dalla macellazione». Ecco, dunque, il risultato particolare: «A sei giorni tali differenze sono scomparse. Quindi, gli effetti negativi sulla tenerezza della carne del lombo legati all’aumento dell’età e del peso di macellazione possono essere annullati garantendo tempi adeguati post mortem per una buona frollatura della carne”.

Eurocarne – I risultati completi verranno illustrati il prossimo anno a Verona, nel corso di Eurocarne 2009 (21-24 maggio), il Salone internazionale delle tecnologie per la lavorazione, conservazione, refrigerazione e distribuzione delle carni, organizzato da Veronafiere e Ipack-Ima Spa. «Abbiamo ritenuto che proprio Eurocarne, per la dimensione internazionale, le finalità della ricerca realizzata dagli Atenei di Bologna e Copenaghen e gli operatori della filiera delle carni presenti a Veronafiere, fosse il luogo più idoneo per divulgare i risultati», spiega Luca Savoia, presidente di Opas.

 

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