Una stella del Chianti rischia di spengersi. E’ di questi giorni la notizia che la famiglia Folonari ha ceduto tutta la proprietà della famosa casa vinicola Ruffino alla statunitense Constellation Brands. Il rischio è che, come già successo per alcune aziende olearie, questa operazione risponda solo ad una mera logica commerciale, non accompagnata dalla volontà di portare avanti la tradizione del prodotto e magari migliorarne ancora la qualità. Nessuno sa quali siano le reali intenzioni dei nuovi proprietari. Certo è, però, che se l’acquisto della Ruffino si riducesse davvero ad un’operazione per lo sfruttamento commerciale di un marchio ormai affermato, la perdita, tanto dal punto di vista del prodotto quanto dal punto di vista del riverbero sull’immagine e sull’indotto del territorio, sarebbe davvero grande.
Storia – Se ripercorriamo la storia dell’azienda ci facciamo chiaramente un’idea di quale e quanta importanza ebbero le vicende e le scelte dei vecchi proprietari nel determinare l’affermazione del Chianti sul mercato. Ilario e Leopoldo Ruffino fondarono la loro casa vinicola nel 1877 e, dopo averne scelto la sede vicino alla stazione di Santa Maria Novella, decisero di metter nome alla società “La Novella”. Le cantine, invece, furono costruite a Pontassive, postazione strategica dove far confluire le uve scelte con sapienza dai due cugini. I loro vini superarono ben presto la qualità di altri nomi più blasonati e la loro organizzazione logistica e commerciale face lievitare gli affari e i clienti. Tra questi spicca il nome di Giuseppe Verdi, che nel febbraio 1882 spedì un vaglia di 128 lire per pagare i fiaschi di Chianti ricevuti. Tutto filò liscio fino al 1911 quando, dopo due anni di vendite non brillanti, Ilario e Leopoldo decisero di cedere l’attività. I due avevano ormai 64 e 78 anni e la mancanza di un valido ricambio generazionale non dette loro scelta. Così, nel 1913, Francesco e Italo Folonari di Brescia acquistarono la Ruffino per centomila lire. Finiva un’era di successi, ma se ne apriva un’altra ancora più luminosa. Animati da grande intuito per il mercato e da grande passione per il vino, i nuovi proprietari riuscirono a far affermare nuove etichette destinate a ricevere premi importanti e il consenso del mercato internazionale. Nel frattempo, decisero di produrre in proprio le uve che fino allora avevano acquistato. Comprarono, così, ottimi vigneti nelle zone di San Gimignano, Gaiole in Chianti e Montepulciano e, consapevoli della necessità di andare incontro alle esigenze della clientela, crearono altre linee di prodotto parallele a quella fondamentale del Chianti, dando modo alla zona di esprimere ulteriormente la propria vocazione vinicola.
Tradizione – E’ oltremodo chiaro, dunque, e non ci stancheremo mai di ripeterlo, che il vino è un prodotto fortemente legato al territorio e alla cultura tradizionale. Per il vino, forse più che per l’olio, la terra e la cultura delle persone che la lavorano sono veri e propri “ingredienti”, determinanti per quel gusto e quel carattere che lo rendono unico, riconoscibile e ricercato. Il territorio, con la sua fisicità ma anche con la sua storia e la sua cultura, è quindi parte integrante dell’identità del prodotto, e il marchio non è mai solo un valore aggiunto a sé stante, ma l’estrema sintesi di tutto ciò che nel vino è disciolto. Ecco perché perdere la tradizione dei Ruffino, sapientemente portata avanti dai Folonari, significherebbe perdere un elemento portante dell’identità del prodotto; e il valore del marchio prima o poi si esaurirebbe, dissolvendo e vanificando progressivamente ciò che si era riusciti a costruire in quasi 150 anni di storia.
Paolo Fabrizzi
Letizia Corbinelli