Fotografia Istat.Meno aziende ma più grandi. E quasi 1 su 3 è in rosa

Ancora più articolata la fotografia dell’agricoltura italiana che emerge dai dati definitivi del 6° Censimento generale dell’agricoltura. Rispetto ai dati preliminari, vengono mostrate con maggiore nitidezza le trasformazioni che hanno interessato il comparto nell’ultimo decennio, un periodo complesso per l’agricoltura italiana, influenzata fortemente dalla crisi economica, dalla volatilità dei prezzi delle commodity agricole, dai mutamenti nella Politica agricola comunitaria, nonché dalle nuove sfide legate alla sostenibilità ambientale.

Definitivi – I risultati definitivi di questa sesta tornata censuaria confermano le tendenze emerse dai dati preliminari, mostrando un’agricoltura caratterizzata da aziende agricole diminuite di numero, ma di dimensione maggiore, nelle quali continua a prevalere il carattere familiare, ma con importanti segnali di rinnovamento verso forme flessibili di gestione fondiaria, verso modalità di conduzione da parte di società di capitali, verso una accresciuta utilizzazione di manodopera salariata. Il rinnovamento dei capi azienda è ancora lento in termini di età e titolo di studio, con tendenziale crescita della quota di aziende condotte da donne, ma accelera la diversificazione delle attività aziendali e si evidenzia una maggiore attenzione alla tutela del territorio. Queste tendenze si manifestano con diversa intensità nelle varie aree geografiche del Paese, confermando il divario esistente, in termini di produttività e di modernizzazione, tra l’agricoltura del Nord e quella del resto del Paese.

Agricoltura italiana – Sono 1.620.844 le aziende agricole e zootecniche attive in Italia (-32,4% rispetto al 2000). La dimensione media è di 7,9 ettari di Superficie agricola utilizzata (Sau) (+44,2%). La Sau complessiva è pari al 42,8% del territorio nazionale (12,9 milioni di ettari totali), in diminuzione del 2,5% rispetto al 2000. La struttura agricola e zootecnica italiana, pur continuando a basarsi su unità aziendali di tipo individuale o familiare (96,1%), nelle quali la conduzione diretta dell’azienda da parte del conduttore e dei suoi familiari rappresenta la forma prevalente (95,4%), mostra significativi segnali di cambiamento. In particolare, la struttura fondiaria risulta molto più flessibile rispetto al passato, grazie al maggior ricorso a forme di possesso dei terreni diversificate e orientate sempre più all’uso di superfici in affitto o gestite a titolo gratuito. La SAU in affitto è aumentata del 50,3% e quella in uso gratuito del 110,8%, raggiungendo complessivamente il 38,1% del totale (era il 23,2% nel 2000).
Evidente è poi la crescita degli investimenti nel settore da parte di società di persone o di capitali e di cooperative. Le aziende condotte in forma societaria aumentano del 48,2% rispetto al 2000, pur continuando a rappresentare solo il 3,6% del totale delle aziende censite. Esse, tuttavia, coltivano il 17,7% della SAU rilevata nel 2010.

Numeri – Su un totale di 217.449 aziende con allevamenti sono 124 mila le aziende che praticano l’allevamento bovino, pari al 57,1% di quelle zootecniche. Questo tipo di allevamento è particolarmente diffuso nel Nord del Paese, in particolare in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Nel complesso queste quattro regioni detengono poco meno dei due terzi (64,6%) del patrimonio bovino italiano. Pur confermando la struttura tradizionale dell’agricoltura italiana, i risultati del 6° Censimento evidenziano significativi segnali di cambiamento a testimonianza di un settore in lenta, ma chiara evoluzione socio-economica. In dieci anni la forza lavoro è diminuita del 50,9% e si è spostata verso la manodopera salariata (la cui quota passa dal 14,3% al 24,2% tra il 2000 e il 2010). La quota di manodopera femminile risulta pari al 37%. La presenza dei familiari in azienda tende a diminuire (-56,6%), ma coloro che restano intensificano il proprio apporto, specializzandolo e professionalizzandolo. Circa il 99% delle aziende agricole fa ricorso a manodopera familiare, un dato che conferma come la famiglia rappresenti il tessuto connettivo della produzione agricola nazionale, attorno alla quale ruotano decisioni e strategie imprenditoriali.

Stranieri – Il Censimento del 2010 ha rilevato per la prima volta informazioni sugli stranieri operanti all’interno dell’azienda agricola la cui presenza risulta essere sempre più significativa. In particolare, i lavoratori stranieri, pari a 233 mila unità, rappresentano il 24,8% della manodopera aziendale non familiare e il 6,4% di quella complessiva. Il 57,7% della forza lavoro straniera proviene da Paesi dell’Unione Europea, mentre il 42,3% da Paesi non appartenenti all’Unione. Il 30,7% delle aziende oggi è gestito da un capo azienda di genere femminile. Valori superiori alla media si registrano nel Sud (34,7%) e nel Centro Italia (31,9%). Molto ridotta è invece la gestione aziendale da parte di stranieri (0,1%), con valori più elevati nel Sud (0,6%). In generale, la formazione dei capi azienda è decisamente ancora molto legata all’esperienza di campo e meno al grado di istruzione conseguito: il 71,5% dei capi azienda ha un livello d’istruzione pari o inferiore alla terza media (70,8% per gli uomini e 73% per le donne). Solo il 6,2% dei capi azienda è laureato e solo lo 0,8% risulta aver acquisito una laurea ad indirizzo agrario. Sono 44.455 le aziende biologiche nel nostro Paese (il 2,7% del totale nazionale). Particolarmente rilevante appare la loro presenza nel Mezzogiorno, dove si trova il 63% delle aziende che praticano la produzione biologica.

 In allegato il 6° Censimento generale dell’agricoltura SCARICA

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