Cina-Ue: anche il vino nella guerra dei dazi. Ma l’Italia vale l’8% del mercato di Pechino

Il vino italiano entra incolpevole in una guerra di dazi che rischia di frenare l’export verso la Cina, dove l’incidenza delle nostre bottiglie sul mercato di Pechino è passata da appena l’1 per cento di fine anni Novanta all’8 per cento attuale, con un volume d’affari in costante crescita che oggi sfiora gli 80 milioni di euro. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando la decisione del gigante asiatico di aprire un’indagine anti dumping nei confronti del vino importato dall’Ue, in risposta alla decisione comunitaria di imporre dazi ai pannelli solari cinesi dal 6 giugno. Nell’ultimo anno le esportazioni di vino “made in Italy” in Cina sono aumentate del 15 per cento -ricorda la Cia- e anche nel primo bimestre del 2013 la spesa per le nostre bottiglie è cresciuta del 41,5 per cento per 32.596 ettolitri venduti oltre la Grande Muraglia solo tra gennaio e febbraio.

Pericolo export – E’ chiaro, quindi, che la volontà di Pechino di mettere dazi sul vino andrebbe a incidere pesantemente su uno dei driver di crescita del “made in Italy”, visto che le nostre etichette rappresentano il 20% di tutto l’export agroalimentare con un fatturato oltreconfine di 4,8 miliardi di euro -sottolinea la Cia- e va a compensare il calo netto dei consumi interni, con un bicchiere in meno ogni quattro sulle tavole degli italiani. Ma si tratta di una decisione che avrà grosse ripercussioni in tutta Europa -aggiunge la Cia- visto che solo nel 2012 la Cina ha importato circa 4 milioni di ettolitri di vino, due terzi dei quali proprio provenienti dai Paesi comunitari. E, più in generale, in soli sette anni l’import cinese di “rossi” e “bianchi” si è quasi decuplicato, passando dai 500 mila ettolitri del 2006 ai 4 milioni attuali e balzando dal ventesimo al 5° posto nella classifica dei maggiori Paesi bevitori.   

Informazione pubblicitaria