Suinicoltura. La minaccia della Peste suina africana e l’impegno dell’Europa per contrastare un rischio sempre più reale

“Togliamoci dalla testa l’idea di poter debellare questa malattia dall’oggi al domani. Per i prossimi anni la Commissione ha stanziato 25 milioni di euro da destinare alla ricerca per combattere la Peste suina africana (Psa) incluso lo sviluppo di un vaccino. Nell’attesa, resta una malattia che può essere contrastata con azioni diverse, importanti ma diverse”. Andrea Gavinelli, Responsabile controlli ed eradicazione malattie animali presso la Direzione generale salute e sicurezza alimentare della UE, sarà uno dei relatori internazionali che parteciperanno alla prossima Giornata della Suinicoltura, che Expo Consulting srl ha organizzato per il 21 novembre presso il Centro Congressi di Fico Eataly World, a Bologna, a iniziare dalle ore 9.

In Europa si contano attualmente più di mille focolai di Psa, un dato che dà la dimensione della minaccia rappresentata da questa malattia per l’intero comparto suinicolo europeo. E lo è ancora di più se si considera che, come ha prima sottolineato Gavinelli, “allo stato non esiste nessun vaccino che possa sconfiggerla. Non solo – puntualizza – il virus per gli animali infettati è letale e questo determina pesanti conseguenze soprattutto a livello economico. Abbiamo di fronte una situazione molto diversificata. Sappiamo che i cinghiali, con una popolazione aumentata in maniera incontrollata in alcuni Paesi soprattutto negli ultimi anni, sono tra i principali animali serbatoio di questo virus. E in aggiunta, se da una parte abbiamo Paesi che lungo tutta la catena produttiva suinicola adottano elevati standard di biosicurezza in grado di prevenire il contagio e la sua diffusione, in altri come in alcune zone della Romania sappiamo che esistono allevamenti rurali in cui l’applicazione dei parametri di biosicurezza è stata a volte disattesa”.

Un problema di vaste dimensioni che, come ricorda Andrea Gavinelli, ha proporzioni internazionali e rispetto al quale l’Europa è attivamente impegnata in azioni di contrasto molto importanti. “Quando un caso è accertato l’obiettivo è quello di agire in fretta per evitare la diffusione della malattia – spiega – a questo scopo vengono quindi stabilite delle restrizioni geografiche che circoscrivono i focolai. In queste aree è vietato in particolare lo spostamento di suini e dei prodotti di origine suina così da prevenire la diffusione della malattia. Questo approccio definito regionalizzazione viene sancito con un atto legale della Commissione che viene adottato in tempi brevissimi e pubblicato in Gazzetta Ufficiale in tutte le lingue dell’Unione. Oltre a questo provvedimento,  nel caso venga accertata la presenza di un nuovo caso sia in allevamento che nei cinghiali, la Commissione ha la possibilità di inviare sul posto, a distanza di pochi giorni, un nucleo di esperti che forniscono consigli e supporto in merito alla gestione dell’emergenza (Nucleo europeo veterinari per la gestione dell`emergenza). Da diversi anni – prosegue Gavinelli – è inoltre previsto un percorso di formazione per autorità competenti e veterinari nell’ambito dell’iniziativa Better training for safer food che fornisce le nozioni tecniche e scientifiche per la prevenzione della malattia e la sua eradicazione.

A questo si aggiunge che negli ultimi anni sono aumentate le attività di informazione rivolte non solo agli operatori del settore ma anche a chi può costituire un grosso rischio per la trasmissione della malattia. Le categorie oggetto delle campagne informative sono in particolare i viaggiatori da Paesi a rischio, i cacciatori o gli autotrasportatori che provenendo anche da Paesi al di fuori dell’UE, potrebbero introdurre alimenti anche per uso personale contaminati dal virus Psa. Queste campagne di informazione si concretizzano in diversi modi: dai messaggi riportati sui tabelloni delle autostrade e nelle zone di sosta ai poster affissi negli aeroporti e alle frontiere. Ma non è tutto. La Commissione interviene anche con un cofinanziamento laddove si debba procedere agli abbattimenti dei suini infetti, accollandosi il 50% delle spese sostenute nella fase emergenziale oltre che per compensare i danni commerciali che ne derivano. Nel solo periodo 2013-settembre 2018 – afferma Gavinelli – la UE ha stanziato 48,3 milioni di euro per i programmi di eradicazione della malattia e 10,9 milioni di euro per gli interventi a supporto delle misure di emergenza, fondi che sono stati destinati ai Paesi membri a cui è toccato poi il compito di farsi carico della ripartizione”.

In assenza di un vaccino che possa mettere al riparo i suini dal contagio della Psa, la UE non ha dovuto pensare solo a proteggere gli Stati dell’Unione con una serie di azioni che peraltro vedono i Servizi veterinari intensamente impegnati in un’attività capillare di sorveglianza, si è posta necessariamente il problema di come collaborare con i Paesi Terzi come l’Ucraina o la Moldavia, in cui il virus si è diffuso massicciamente. “Le misure di sostegno adottate per i Paesi Terzi che confinano a Est dell’UE sono finalizzate a impedire che la malattia possa propagarsi oltre confine. Insieme alle analisi di laboratorio effettuate su campioni di animali infetti, è prevista la raccolta di quelli morti a causa della Psa. Ad esempio, nel solo 2017 l’UE ha stanziato a questo riguardo 225mila euro per l’Ucraina. Venendo all’Italia e al potenziale pericolo che i suini allevati nelle nostre porcilaie vengano contagiati dal virus, pensiamo sia necessario sensibilizzare anche le federazioni dei cacciatori affinché si limitino al massimo le occasioni di ingresso del virus, soprattutto se le battute di caccia avvengono nei Paesi dove la malattia è presente”.

Sorveglianza, informazione, formazione, comunicazione. Contro la Psa l’Europa ha messo in campo una serie di interventi che la creazione di un vaccino, però, potrebbe sostituire con maggiori vantaggi. “L’investimento più importante davanti a noi è sicuramente quello scientifico – conclude Andrea Gavinelli – sia sul fronte della ricerca epidemiologica, sia su quello della genetica suina in grado di identificare quale razza potrebbe manifestare una maggiore resistenza al virus. Allo stato attuale è molto difficile stabilire quando sarà disponibile un vaccino contro la Peste suina africana, ma non vi è alcun dubbio che il futuro sarà caratterizzato da cosa saremo capaci di fare in termini di prevenzione e profilassi, confidando nei risultati di una ricerca scientifica sempre più avanzata a livello mondiale”.

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