Olio extravergine sottocosto. Una petizione in rete per dire basta alle offerte ‘civetta’ sui volantini

Esigere una proposta di legge che vieti l’utilizzo dell’olio extra vergine di oliva come prodotto civetta sui volantini della GDO. Utilizzare l’olio extra vergine di oliva come prodotto civetta può essere considerato uno strumento di “disinformazione” per il consumatore medio e costituisce una “aggressione” quotidiana per l’economia agroalimentare italiana.

E’ questo in sintesi l’obiettivo della petizione NO EVOO LOW COST lanciata nei giorni scorsi da Maria Lisa Clodoveo – professoressa Scienze e Tecnologie Alimentari all’Università di Bari e presidente del Centro di Studi sull’Olivo, l’Olio e le olive da mensa UniBa – e che al momento in cui scriviamo ha quasi raggiunto le 1.400 firme, ne servono ancora cento.

Una petizione – si spiega – che vuole salvaguardare la filiera olivicola olearia e i consumatori italiani perché l’olio EVO buono, che fa bene e a basso costo non esiste. Perché cercare di impedire la svendita quotidiana dell’olio extravergine di oliva promossa dai volantini della GDO è una forma di tutela anche dei consumatori e non solo dei produttori? Partiamo da una premessa necessaria. Molti degli alimenti che popolano la prima pagina dei volantini pubblicitari della GDO sono detti “prodotti civetta”, cioè servono a richiamare l’attenzione dei consumatori nel punto vendita attraverso una appariscente riduzione di prezzo. È una tecnica promozionale impiegata nella vendita al dettaglio per a estendere il “giudizio di convenienza” da un articolo all’intero punto vendita. La finalità non è tanto quella di aumentare le vendite dei prodotti in promozione, quanto quella di attrarre clienti nella speranza che acquistino anche altri prodotti, non di prima necessità, caratterizzati da margini di profitto più elevati. I ricavi derivanti dalle vendite aggiuntive sono la principale ragione dell’impiego di tale strategia, che rappresenta una sorta di “trappola” in cui il consumatore può facilmente cadere come un topolino attirato dal formaggio.

La petizione “STOP ALL’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA COME PRODOTTO CIVETTA DELLA GDO – NO EVOO LOW COST” lanciata sulla piattaforma di petizioni Change.org all’indirizzo http://chng.it/xfC8KZFFnk è rivolta al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo, Teresa Bellanova, e al sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate.

L’impiego quotidiano, infatti, provoca danni economici irreversibili, che si proietteranno sulle economie agricole locali, sul territorio italiano, e anche in parte sulla salute del consumatore, perché non tutti sanno che produrre oli extra vergine a riconosciuta azione salutistica, è oneroso, e quando compriamo un olio low cost dobbiamo essere consapevoli che stiamo acquistando semplicemente un condimento lipidico estratto meccanicamente da un frutto, ma non un alimento funzionale in grado di agire come fattore di prevenzione di patologie (certificato dai claim salutistici dell’EFSA).
Infatti la fama di “grande guaritore”, così come di “profumo alimentare”, riguarda ad oggi una percentuale piccolissima di prodotto venduto al dettaglio, pari a circa il 10% degli oli extra vergine in commercio.

Nei molti cittadini che hanno già letto e sottoscritto la petizione è sorta la domanda se dietro un prezzo così basso si possano nascondere frodi e contraffazioni. In verità la questione non ruota intorno al tema del rischio di frodi, ma è incentrata sul perpetuarsi di un modello di marketing non sostenibile per la filiera.

L’olio “civetta” è certamente un extravergine, ma indifferenziato,  – spiega il documento della petizione – e il prodotto in offerta rappresenta una quantità certamente limitata che serve solo, appunto, come “civetta” per attrarre i clienti che spenderanno molto per altri beni. Il problema nasce dalla consapevolezza che, se tutte le settimane i volantini inculcano nella mente di chi compra che il valore di un extravergine è mediamente 3 euro al litro (prezzo eccezionale riservato ad un numero di bottiglie limitato), gli oli a prezzo pieno e con caratteristiche distintive di origine, composizione, gusto, valore nutrizionale e salutistico, non troveranno mercato perché il costo di produzione è sicuramente almeno il doppio del prezzo sbandierato sul volantino.

Il rischio reale è che si crei un fenomeno noto in economia come “selezione avversa”. Quando il prezzo medio di un prodotto si attesta a livelli estremamente bassi, cioè chi produce una gamma dello stesso alimento di qualità superiore è costretto a due scelte obbligate:
– uscire dal mercato con conseguenze drastiche sull’attività imprenditoriale e sui posti di lavoro che da essa dipendono;

– o a cambiare segmento di produzione, verso una gamma di qualità inferiore, compatibile con la possibilità di coprire i costi di fabbricazione ed ottenere un reddito adeguato a gestire l’azienda e pagare i dipendenti e le tasse.

Quando l’olio extra vergine di oliva, noto come alimento di elevato valore per i suoi pregi nutrizionali, salutistici ed organolettici, viene presentato sui volantini dei supermercati con prezzi spesso al di sotto del valore di mercato (il cosiddetto sottocosto), una porzione della filiera ne trae vantaggio (il segmento distribuzione e vendita al dettaglio), mentre il resto degli stakeholder ne pagherà conseguenze al ungo termine con riflessi sull’economia e sulla società civile.
Per meglio chiarire questi aspetti sono necessarie alcune riflessioni.
L’olio extra vergine di oliva è un prodotto “identitario” per l’Italia che genera, nelle regioni vocate, più del 10% del PIL agricolo.

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