L’impatto dell’emergenza coronavirus sui sistemi zootecnici italiani. Cambiano consumi e metodi di lavoro

di Bruno Ronchi, Nicola Macciotta – Accademia dei Georgofili

Gli scenari economici attesi come conseguenza della crisi attuale collegata alla pandemia SARS-CoV-2 e delle misure di contenimento prese sono già oggetto di numerose analisi da parte delle istituzioni preposte e delineano una situazione di forte riduzione del PIL almeno per i prossimi due anni.

Tutto ciò sta causando e causerà la peggiore recessione economica globale dalla Seconda guerra mondiale a oggi. Se gli effetti della pandemia SARS-CoV-2 sul macrosettore delle produzioni animali possono essere valutati in base alle informazioni provenienti dai canali di mercato della grande distribuzione organizzata, va però tenuto presente che una quota importante del comparto è articolata in realtà con forte radicamento locale. A tale riguardo possono essere ricordate le numerose produzioni DOP e IGP, talvolta basate su pochi produttori e trasformatori, con canali di mercato diversificati e non sempre tracciabili con la sopra citata fonte.

In questo contesto è evidente la necessità che i decisori politici possano disporre di pareri tecnico-scientifici che consentano loro di individuare gli strumenti più efficaci per aiutare gli allevatori e massimizzare gli effetti degli sforzi economici al fine di riportare il settore verso la normalità. Tale necessità è tanto più evidente dal momento che si moltiplicano pareri, spesso pittoreschi e privi di fondamento tecnico-scientifico, che delineano soluzioni tecniche poco praticabili le quali, in mancanza di alternative, potrebbero far perdere di efficacia gli interventi messi in campo dal decisore politico.

L’Accademia dei Georgofili e l’ASPA hanno elaborato un documento su “Impatto dell’emergenza coronavirus sui sistemi zootecnici italiani”, con l’obiettivo di individuare le principali criticità che affliggono le aziende in questa complessa fase, delineando così gli itinerari tecnici verso i quali i ministeri preposti e le regioni dovrebbero indirizzare gli sforzi per garantirne il pieno accesso o la rimozione di eventuali impedimenti, inclusa la necessità di promuovere azioni di trasferimento di innovazione. Tali pareri sarebbero utili per fare chiarezza sul ruolo delle attività zootecniche nel garantire la salute e il benessere della società.

Il blocco della mobilità dei cittadini imposto dal lockdown ha azzerato i consumi dei prodotti di origine animale nei settori Ho.Re.Ca (Hotel, Restaurant, Catering). Esempi sono la carne bovina (tagli di prima qualità), le mozzarelle per le pizzerie, le carni preparate per dönerkebab (tacchino, vitello, pollo), il pesce crudo per sushibar. Una forte diminuzione dei consumi si è anche registrata per le carni consumate negli agriturismi (carni per grigliata mista, coniglio, agnello) e per i prodotti commercializzati nei mercatini, anche in quelli a km zero. Si è inoltre verificato anche un calo dei consumi di latte fresco e di panna destinati ai bar e alle gelaterie.

I consumi delle famiglie si sono sostanzialmente mantenuti, anche se con dei cambiamenti del paniere: ad esempio è calato il consumo di latte e formaggi freschi (-30%) a favore del latte UHT e dei formaggi stagionati. In tal senso sono confortanti i dati riguardanti i volumi di vendita di Parmigiano Reggiano e Grana Padano che, almeno nella prima fase della pandemia, hanno riassorbito le flessioni dovute al blocco dei canali Ho.Re.Ca. A causa del lockdown e della forzata permanenza a casa, si è registrato un aumento dei consumi dei prodotti di origine animale destinati al consumo casalingo quali latte (soprattutto latte UHT a causa della ridotta frequenza con cui si fa la spesa), burro (per dolci casalinghi), uova, affettati e salumi confezionati, formaggi (tipologia variabile a seconda della zona), hamburger, carne macinata, pollo. Nel complesso si è registrato anche un aumento della consegna a domicilio di prodotti animali sia crudi che cotti.

La filiera agro-zootecnica dovrà sicuramente confrontarsi con una possibile forte riduzione della capacità di spesa delle famiglie italiane derivante dalla crisi economica che appare certa e di dimensioni difficili da quantificare con precisione. Ciò accentuerà le criticità già emerse nel breve periodo quale il calo dei consumi di prodotti di alta fascia di prezzo.

Ulteriore fonte di preoccupazione è data dall’andamento futuro dell’export dei prodotti di origine animale. Circa il 40% della produzione di Parmigiano Romano e Grana Padano, e circa il 60% di quella del Pecorino Romano, sono destinate all’esportazione e si teme che nel futuro non si confermino i consumi che si sono registrati negli scorsi anni.

L’emergenza ha profondamente modificato il lavoro degli allevatori e la vita in stalla. Il blocco degli spostamenti ha comportato una riduzione dei contatti tra gli allevatori e altri operatori del settore. Le forme di aggregazione, discussione, confronto (fiere, manifestazioni, assemblee, riunioni, ecc.) sono totalmente sospese e difficilmente riprenderanno come prima, perlomeno nel breve-medio periodo. Da un lato questa riduzione degli impegni extra-aziendali ha permesso agli allevatori di dedicare maggior tempo alla conduzione dell’azienda. Dall’altro, la difficoltà ad avere contatti diretti con i tecnici ed i venditori impatterà sui modelli di assistenza tecnica e di vendita di prodotti zootecnici (mangimi, integratori).
La crisi determinata dalla pandemia SARS-CoV-2 nel settore delle produzioni zootecniche suggerisce delle riflessioni che possono essere utili per la ripartenza del settore, ma anche per una sua profonda rivisitazione ed un forte rilancio.
Per gli allevatori, la crisi pandemica ha comportato una presa di coscienza sulla vulnerabilità personale, del nucleo familiare e dell’azienda alle emergenze sanitarie. Questa può rappresentare una spinta per la ricerca di forme di assicurazione, collaborazione e cooperazione fra agricoltori per affrontare meglio le varie emergenze, non solo sanitarie.

Un altro aspetto di riflessione per gli imprenditori è quello del livello di specializzazione aziendale. La specializzazione spinta offre economie di scala e miglioramento di efficienza, ma comporta anche un aumento dei rischi di mercato e di vulnerabilità organizzativa, produttiva e commerciale. La ricerca in alcuni casi di forme di vendita diverse (vendite dirette, distributori del latte, agriturismo, consegna a domicilio, vendita on-line) può rappresentare una soluzione per attenuare e diversificare i rischi
Nel medio termine, la necessità di convivere con il virus comporterà un maggior impegno di nuove tecnologie (ICT, Precision livestock, videoconferenze). L’applicazione di queste tecnologie potrà inoltre determinare anche un aumento del reddito delle aziende.

In prospettiva saranno auspicabili una maggiore condivisione di obiettivi fra tutti gli attori della filiera, basata anche sulla equa ripartizione dei profitti e una condivisione dei rischi. Si ritiene importante promuovere azioni per l’incentivazione di accordi di filiera e per l’elaborazione di progetti integrati di filiera.

Per quanto riguarda le imprese di trasformazione della filiera lattiero casearia, sono di natura organizzativa (piattaforme di produzione/distribuzione). Dovranno essere sostenuti i sistemi di tracciabilità e di qualità mediante processi di certificazione di prodotto e di filiera che permettano di organizzare la produzione e la sicurezza alimentare. Sarà necessario qualificare il sistema di raccordo veterinaria-agroalimentare con piena applicazione del sistema Classy Farm promossa dal Ministero della Salute sui temi della biosicurezza, del benessere animale e della sicurezza alimentare. La sicurezza delle aziende dovrà essere particolarmente curata mediante lo studio di protocolli specifici la cui diffusione potrebbe essere agevolata dalla predisposizione di manuali e linee guida dedicate. In questa occasione si potrebbero anche inserire linee guida per il rafforzamento della biosicurezza degli allevamenti, aspetto ancora piuttosto carente.
Occorre aumentare la consapevolezza dell’importanza della diffusione dell’innovazione tra le aziende agricole. Strumenti come il Partenariato Europeo dell’Innovazione per la produttività̀ e la sostenibilità̀ dell’agricoltura (PEI AGRI) con il sostegno dei Programmi di Sviluppo Rurale (SR) e il sostegno del Programma Quadro della ricerca Horizon 2020, hanno posto le basi per l’adozione di modelli di innovazione interattiva sia a livello nazionale/locale sia a livello transnazionale. Questi interventi mirano a rafforzare i legami tra ricerca e pratica e a potenziare i servizi di consulenza per promuove la conoscenza, l’innovazione e la digitalizzazione nel settore agricolo e nelle aree rurali. La proposta sottolinea il ruolo fondamentale svolto dal sistema della conoscenza e innovazione in agricoltura AKIS (Agricultural Knowledge and Innovation Systems).

La definizione di azioni di intervento che tengano conto di eventi eccezionali e di stravolgimenti commerciali portano a rivedere le attività programmate anche anni prima. Sarà centrale la promozione della relazione tra ricerca (innovazione di processo, di prodotto, organizzativa e trasferimento tecnologico) e le imprese nell’ottica della semplificazione burocratico-amministrativa dei rapporti. Un “patto” è necessario con l’amministrazione centrale e quelle regionali per semplificare e velocizzare la ripresa produttiva.
Si rende necessario nel medio periodo elaborare progetti strategici e interventi appropriati sia per favorire lo sviluppo di canali commerciali utili a valorizzare le eccellenze qualitative delle produzioni e la loro provenienza territoriale, sia per favorire l’esportazione dei prodotti italiani.

Tra gli interventi che potranno essere considerati per il lungo periodo, non solamente per il caso specifico della pandemia di SARS-CoV-2 ma anche di situazioni emergenziali analoghe, vi è quello della selezione. Già da qualche anno l’attenzione delle comunità scientifica si è allargata dal miglioramento dei caratteri produttivi anche a quelli di resistenza alle malattie ed in generale all’adattamento all’ambiente. Il miglioramento della resistenza ai patogeni e della resistenza agli stress ambientali in genere potrà consentire un aumento della capacità immunitaria degli animali di allevamento ed un miglioramento della sicurezza dello stesso. L’efficacia di tale azione potrà essere accresciuta dagli strumenti di precision farming, e in particolare della sensoristica di stalla che permetterà di monitorare costantemente le condizioni dell’ambiente dell’allevamento e quindi delle sue condizioni di sicurezza.  Le informazioni raccolte dai sensori degli strumenti di precision farming consentiranno la rilevazione di nuovi fenotipi legati alla efficienza delle produzioni e alla resilienza degli animali che, abbinate alle moderne tecnologie della genomica, apriranno nuove prospettive per un precision breeding.

Un aspetto che sicuramente non aiuta il settore zootecnico in questo momento di profonda crisi è il diffondersi di vere e proprie fake news sugli allevamenti, in particolare su quelli intensivi, accusati di essere responsabili dei problemi ambientali del nostro pianeta e, nello specifico della situazione pandemica attuale, anche di rappresentare dei fattori rischio per la diffusione del virus. Dall’analisi della documentazione scientifica disponibile non risultano finora evidenziati casi di infezioni umane di COVID-19 collegabili al consumo di carne, di pesce, di uova, di latte e di prodotti lattiero caseari nelle corrette condizioni igieniche di confezionamento e vendita. Ciò risulta chiaramente indicato anche in un recente documento elaborato dalla Direzione Generale della Commissione Europea per la salute e la sicurezza alimentare (EC, 2020). Nello stesso documento si esprime un parere contrario sulla necessità di richieste di certificazione “virus-free” per i prodotti di origine animale. A livello europeo esistono già regole e misure di controllo molto strette che governano la produzione e la commercializzazione degli alimenti. Quello che si applica nei confronti dei comuni rischi di contaminazione da patogeni vale anche per il virus responsabile del COVID-19. I coronavirus in generale, ivi compreso il SARS-CoV-2, non sono capaci di moltiplicarsi all’interno dei comuni prodotti di origine animale destinati al consumo umano. Ulteriori specifici protocolli di rafforzamento delle misure igieniche sono stati elaborati e messi in atto nelle varie fasi della catena alimentare, dall’allevamento all’industria di trasformazione e alla commercializzazione, per salvaguardare la salute degli operatori. Pareri e posizioni analoghe sono stati espressi dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti (2020).

L’articolo è una sintesi della conferenza Web organizzata dall’Accademia dei Georgofili, che si è svolta il 1° luglio 2020

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