Peste suina africana. Le preoccupazioni degli allevatori e le speranze del mondo scientifico sulla scoperta di un vaccino

La web conference che ha caratterizzato la sesta edizione della Giornata della Suinicoltura 2020, organizzata dalla società Expo Consulting di Bologna e svoltasi mercoledì 2 dicembre,  ha saputo raccogliere una vasta platea di partecipanti, interessati a raccogliere le informazioni più attuali e i relativi approfondimenti sulla diffusione della Peste suina africana, tema al centro dell’evento che quest’anno ha tagliato il traguardo della sua sesta edizione e che è ormai riconosciuto come appuntamento imperdibile dagli allevatori e dai tecnici che operano nel settore.

In un momento in cui la suinicoltura italiana sta vivendo uno dei suoi periodi più travagliati soprattutto a livello economico, la minaccia di una malattia che il dottor Francesco Feliziani, responsabile di laboratorio presso il Centro di referenza per le pesti suine all’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche, ha definito “complessa, caratterizzata da numerose variabili da gestire ed epidemiologicamente complicata”, rappresenta un’autentica spada di Damocle sulla testa degli allevatori i quali, qualora la Psa facesse la sua comparsa nel nostro Paese, potrebbero dover fare i conti con danni economici incalcolabili.

La speranza è quindi racchiusa in un vaccino. Che ancora non c’è, ma al quale l’intera comunità scientifica internazionale sta lavorando da anni con indubbie difficoltà perché “abbiamo a che fare con un virus molto complicato – ha dichiarato nel suo intervento José Manuel Vizcaino dell’Università di Madrid e direttore del laboratorio di riferimento OIE per la Peste suina africana – che si contraddistingue per elevate virulenza, variabilità genetica e letalità. Ciononostante la ricerca scientifica sta andando avanti e i risultati sono incoraggianti. Soprattutto quelli riposti nei 3 vaccini candidati sui quali la Ue sta lavorando all’interno di un progetto quadriennale che coordino e per il quale sono stati stanziati 10 milioni di euro. Gli obiettivi che dobbiamo perseguire sono fondamentalmente tre: efficacia, sicurezza e strategia che, soprattutto quest’ultima, coinvolga non solo i suini domestici ma anche il mondo selvatico potenzialmente contagiato. Oggi il 78% della popolazione suinicola mondiale è minacciato dalla Psa e anche se sarà molto difficile se non improbabile riuscire ad ottenere un unico vaccino che possa essere utilizzato a livello globale, l’auspicio non può che essere quello di arrivare a una soluzione che liberi il mondo intero da questa malattia”.

Nel frattempo però l’Emilia Romagna, unica regione in Italia, ha attivato un Piano di emergenza da adottare qualora il pericolo legato all’esplosione di un focolaio si verificasse anche da noi. Un Piano “basato su una strategia articolata da adottare alla comparsa dell’infezione – ha puntualizzato Luisa Loli Piccolomini della Direzione generale cura della persona, salute e Welfare della Regione Emilia Romagna – che contenga dettagli relativi alle risorse da mettere in campo e una serie di azioni da adottare per una rapida attivazione delle risorse umane e materiali mirato al contenimento e all’eliminazione dell’infezione”.

Per Alessandro Ragazzoni, docente di Economia ed Estimo rurale all’Università di Bologna “qualsiasi valutazione economica sugli scongiurati effetti che potrebbe avere la diffusione della Psa nel nostro Paese non può prescindere da un’analisi approfondita del conto economico di gestione degli allevamenti, sia a ciclo chiuso che a ciclo aperto. In questo contesto vanno considerati gli scenari futuri del comparto agrozootecnico in un’ottica ambientale. Secondo i dati elaborati dalla Fao nei prossimi trent’anni l’agricoltura mondiale dovrà aumentare le produzioni del 70% per sfamare 9 miliardi di persone, contestualmente l’agricoltura si colloca come terzo produttore di emissioni globali per settore dopo l’energia, il calore da combustibili fossili e i trasporti. La nuova Pac, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2023,  terrà in grande considerazione gli interventi da effettuare a tutela dell’ambiente tra cui spicca la riduzione dell’impiego di concimi azotati, una maggiore produzione di energia rinnovabile da sottoprodotti organici, un minor uso di acqua irrigua e una riduzione delle emissioni azotate derivanti dalle attività agrozootecniche. Un insieme di indicazioni racchiuse nel concetto di economia circolare, nella quale comunque anche la gestione di malattie così importanti e devastanti come la Psa non può essere esclusa”.

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