Amministratore e lavoratore dipendente della società. Nuova sentenza della Cassazione

FIRENZE – La qualità di amministratore di una società di capitali può essere compatibile con la condizione di lavoratore dipendente della medesima società a condizione che sia concretamente accertato lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita e l’assoggettamento ad un effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare.

Questa la sintesi di una recente sentenza della Corte di Cassazione, in linea con numerose
sentenze precedenti dello stesso autorevole organo giurisprudenziale. In estrema sintesi,
l’amministratore non può essere dipendente di se stesso, nella situazione in cui, oltre ad essere dipendente, ha una delega di amministrazione che consente il controllo dei dipendenti.

Quanto sopra vale anche nella condizione in cui l’amministratore sia anche socio della società e magari socio maggioritario della stessa.

Il socio di una società di capitali può certamente essere un lavoratore dipendente della stessa ma se è anche componente del consiglio di amministrazione, è necessario che risulti (concretamente) assoggettato ad un potere di controllo, direzione e disciplinare, esercitato da altro componente il consiglio di amministratore.

La condizione di lavoratore dipendente poi, deve essere regolarmente gestita al pari degli altri lavoratori dipendenti:

osservanza dell’orario di lavoro, erogazione di una regolare retribuzione, consegna della
busta paga, formale richiesta e fruizione di ferie e permessi, periodi di disoccupazione, malattie, ecc.

È fin troppo evidente quindi, l’incompatibilità tra la figura di socio amministratore e contestuale lavoratore dipendente, nel caso di società di capitali con unico socio: l’attività
di amministratore unico assorbe qualunque attività esercitata, rendendo incompatibile la
condizione di lavoratore subordinato della stessa società.

Quanto appena affermato vale anche nell’ipotesi in cui l’unico socio della società, attribuisca
ad un soggetto esterno il ruolo di amministratore: il potere che il socio potrebbe esercitare nei confronti dello stesso amministratore è tale che non consentirebbe di sostenere l’imprescindibile dipendenza gerarchica e disciplinare dettata dalle norme e, di nuovo, dalla
Cassazione.

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