Risicoltura italiana, a che punto è la ricerca? Lo svela uno studio del CREA

ROMA – Con 234 mila ettari di superficie investita, pari al 52% dell’intera superficie comunitaria destinata alla coltivazione del riso (di cui 16 mila ettari, il 7% del totale nazionale coltivati in biologico) una produzione di oltre 1,5 milioni di tonnellate, cioè il 54% della produzione comunitaria, l’Italia si conferma leader del settore in ambito europeo e mondiale (elaborazione CREA su dati ISTAT, 2016).

Si tratta quindi di mantenere e rafforzare l’eccellenza di questo simbolo del made in Italy, vincendo  – grazie alla ricerca – le sfide della sostenibilità e della resilienza al cambiamento climatico, tutelando al tempo stesso l’agroecosistema risaia. Di questo si è discusso oggi, 20 settembre, in occasione de “La ricerca sul RISO, i cambiamenti climatici e la disponibilità di acqua: le sfide per la risicoltura italiana”, momento di confronto a Vercelli tra il mondo della Ricerca e le rappresentanze della filiera risicola italiana, promosso dal CREA, alla presenza del Sottosegretario delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Gian Marco Centinaio.

Sostenibilità. La ricerca sta studiando soluzioni innovative per contenere gli input chimici e tutelare acqua, suolo e biodiversità: come la semina in asciutta a file interrate, che favorisce un significativo risparmio di acqua, soprattutto se accompagnata da una gestione agronomica oculata, ad esempio della fertilizzazione. Anche il miglioramento genetico rappresenta una alternativa valida per aumentare le rese e ridurre gli input di fertilizzanti ed agrochimici, mediante l’introduzione di resistenze genetiche legate ad aspetti fitosanitari, amplificati e favoriti dal cambiamento climatico. Inoltre, può contenere le infestanti e le malerbe, migliorando l’architettura e la crescita della pianta, soprattutto se coadiuvato da soluzioni di agricoltura di precisione e di controllo meccanico, complementare a quello con erbicidi.

Ricerca per il riso bio. Anche il biologico richiede varietà geneticamente resistenti, ben adattabili e in grado di competere con le malerbe, oltre ad una gestione agronomica precisa ed innovativa per facilitare la produttività in assenza di input agrochimici. Rotazioni adeguate e cover crop sono la risposta per contenere le infestanti, mezzi tecnici innovativi nel campo della fertilizzazione organica e dei biostimolanti per contenere le problematiche fitosanitarie.

Il contributo del CREA. I ricercatori stanno studiando strumenti di breeding innovativi quali le TEA, Tecnologie di Evoluzione Assistita e soluzioni digitali per la gestione agronomica della risaia. Da evidenziare, infine, le ricerche finalizzate all’incremento di conoscenze sui prodotti bio-based e all’interazione del riso con microrganismi utili, per una loro applicazione nell’agroecosistema risaia.

Le conclusioni del sottosegretario Centinaio. “Stiamo lavorando per difendere e valorizzare sempre di più l’eccellenza della nostra risicoltura e affrontare la grande sfida della sostenibilità – evidenzia il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, il senatore Gian Marco Centinaio -. Come è stato ricordato oggi, l’Italia è leader del settore, non soltanto in ambito europeo ma mondiale. La nostra qualità è vincente sui mercati esteri, tanto che siamo riusciti ad esportare il riso Made in Italy perfino in Cina, che ne è il primo produttore al mondo. Grazie al contributo dei ricercatori del Crea puntiamo ad avere un prodotto sempre più sostenibile e che garantisca un reddito adeguato ai nostri produttori. Attraverso il miglioramento genetico diventa possibile aumentare le rese, ridurre l’uso di fertilizzanti e agrochimici e mettere il settore in condizione di far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici”.

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