Piano strategico nazionale. Novità su perequazione del valore dei titoli, eco-schemi e gestione del rischio

ROMA – Si è svolto in diretta streaming da Bologna l’evento “Nuova PAC e possibili impatti sull’agricoltura italiana: come i principali cambiamenti normativi si inseriscono nel quadro della struttura produttiva nazionale” organizzato da Nomisma, in collaborazione con Philip Morris Italia e con il contributo scientifico di Food Trend Foundation.

Con la presentazione a Bruxelles del Piano Nazionale Strategico lo scorso 31 dicembre 2021, l’Italia ha definito il nuovo sistema dei pagamenti diretti per il 2023-2027, oltre a perfezionare la griglia di interventi dello Sviluppo Rurale.

L’incontro è stato perciò l’occasione per fare una riflessione “a caldo” sulle novità che caratterizzeranno l’applicazione della PAC nel nostro paese a partire dal 2023.

Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma, ha coordinato i lavori e, in apertura dell’incontro, ha ricordato che “la nuova PAC, grazie alla sua rilevante dotazione finanziaria garantisce una prospettiva di medio periodo per l’agricoltura italiana ed europea. In un momento di profonda incertezza e drastici cambiamenti – dalla pandemia, alla forte spinta inflazionistica delle materie prime – gli agricoltori potranno contare su aiuti diretti e risorse per realizzare gli investimenti necessari lungo un percorso di transizione ecologica e digitale e garantire una offerta di cibo salubre e di qualità”.

Ersilia di Tullio, senior project manager di Nomisma, ha delineato lo scenario in cui sono state definite quelle scelte che hanno orientato gli obiettivi della Pac e successivamente del Piano strategico nazionale, a cominciare dal Green Deal e dalle sue declinazioni nelle strategie Farm to Fork e Biodiversity  sino al Piano nazionale di ripresa e resilienza, formalizzato a metà del 2021 e che contiene anche tutta una serie di elementi che riguardano l’agricoltura e che si approcciano in maniera sinergica a quelle che sono le indicazioni della Pac. Il piano strategico nazionale presentato dall’Italia a dicembre racchiude le scelte italiane riguardo all’applicazione della nuova Pac e degli obiettivi di natura ambientale, economica e sociale fissati dall’unione Europea. “Per la prima volta – ha sottolineato Di Tullio – si ha disposizione un documento di programmazione unico che abbraccia trasversalmente il primo e il secondo pilastro della PAC, andando a definire anche lo sviluppo rurale, in precedenza gestito a livello delle singole regioni”.

Felice Adinolfi, Professore ordinario presso l’Università di Bologna, è entrato quindi nel vivo della descrizione dei principali interventi indicati nel Psn, chiarendo che per la prima volta è stata riconosciuta agli Stati membri “ la responsabilità non soltanto di costruire delle misure ma anche di individuare una serie di target e stabilire le modalità con cui misurare il raggiungimento di questi target”.  La parte maggiormente definita all’interno del piano risulta essere quella dei pagamenti diretti, in quest’ambito le principali scelte dell’Italia, maturate nell’ambito di un tavolo di partenariato che ha coinvolto le regioni e le parti economiche e sociali, sono state finalizzate a conseguire due grandi obiettivi: quello di riequilibrio nella distribuzione delle risorse e di rafforzamento dell’architettura verde della PAC.

Relativamente al primo obiettivo il prof Adinolfi ha sottolineato come “ le novità introdotte da questo piano vadano in continuità rispetto alle precedenti tappe della Pac, rappresentate in primis dalla riforma Fishler del 2003, in cui veniva data la possibilità di sganciare il pagamento diretto ai valori dei titoli, e le successive riforme del 2009 e 2013,  per proseguire il processo di convergenza sia esterno (allineamento dei pagamenti diretti tra gli agricoltori degli Stati membri) sia interno ( allineamento del valore dei titoli alla media nazionale)”.

Più nel dettaglio l’Italia ha deciso di mantenere il sistema dei titoli, destinando annualmente al Sostegno di base 1,678 miliardi di euro, ma i pagamenti diretti destinati agli agricoltori subiranno nel periodo 2023-2027 cambiamenti significativi. Con l’obbligo della convergenza e il sostegno ridistributivo, si ridurranno infatti le differenze fra titoli e settori. Di conseguenza, i maggiori impatti saranno a carico di quel 7,5% dei titoli che attualmente valgono oltre 300 euro e detengono il 18,5% di tutte le risorse destinate ai pagamenti diretti.

Nel 2026 tutti i titoli raggiungeranno un valore almeno pari all’85% del valore medio nazionale (167,19 euro). I titoli più alti saranno quindi soggetti ad una progressiva riduzione in quattro step, con uno “stop loss” al 30%. Tramite il sostegno ridistributivo circa 349 milioni di euro saranno erogati alle aziende agricole di minori dimensioni (il sostegno è ammesso fino ad un massimo di superficie pari a 14 ettari, per dimensioni aziendali inferiori ai 50 ettari).

Viene quindi confermato l’aiuto accoppiato che, con una dotazione di 454 milioni di euro all’anno, interesserà i cereali (frumento duro e riso), alcune colture industriali (barbabietola da zucchero e pomodoro da trasformazione), oleaginose e leguminose (eccetto la soia), gli agrumi e l’olivo, oltre alla zootecnia.

Prosegue l’attenzione ai giovani agricoltori, con un intervento sinergico di interventi fra I e II pilastro e diviene ancora più centrale il tema della gestione dei rischi che conterà su risorse cospicue e strumentazioni nuove, tra cui la rilevante novità è rappresentata dalla  realizzazione del primo fondo mutualistico nazionale a copertura dei rischi catastrofali, che sarà in parte finanziato attraverso il 3% delle risorse destinate ai pagamenti diretti.

Sul fronte della transizione ecologica, Bruxelles era già intervenuta con una condizionalità rafforzata che ingloba anche obiettivi ambientali e sociali (tutela del lavoro in agricoltura). Su scala nazionale sono stati invece definiti cinque nuovi Eco-schemi, a cui sono destinati circa 874 milioni di euro (25% del budget dei pagamenti diretti) e che opereranno in sinergia con i 26 interventi agro-climatico-ambientali (ACA) dello Sviluppo rurale. Tra questi vale la pena ricordare il pagamento per la riduzione dell’antimicrobico resistenza e il benessere animale destinato alla zootecnia che detiene la quota maggiore delle risorse (43%).

Si tratta di direttrici che innovano profondamente l’offerta nazionale di politiche agricole e aprono all’innovazione sia tecnica che organizzativa. In particolare smart farming e strumenti contrattuali risulteranno due tra le principali chiavi di lettura per il futuro dell’agricoltura italiana.

Il professor Angelo Frascarelli, presidente dell’Ismea, ha invece illustrato nel dettaglio gli impatti dei principali cambiamenti normativi su specifici settori agricoli, spiegando come ” Dal 2023 quando entrerà in vigore la nuova Pac, gli agricoltori saranno certi solo del pagamento di base, pari al 48% del plafond, che in precedenza era dell’85%. Diventa quindi fondamentale – ha chiarito Frascarelli – accedere agli eco-schemi, ma non tutti i settori lo potranno fare. I settori zootecnico, olivicolo, viticolo e frutticolo, tramite l’accesso agli eco-schemi e al sostegno accoppiato, riusciranno a mantenere i livelli di sostegno attuale. Invece, alcuni settori avranno una forte riduzione del sostegno, tra questi, cereali a paglia, mais, tabacco, pomodoro da industria, ortive”. E per questi settori, ha rimarcato il Presidete Ismea “si devono trovare nuove strategie”. “La Pac comunque è vitale perché anche se è vero che impatta su diverse filiere – ha concluso – vuole rispondere a tante esigenze e di tante persone che sono quelle degli agricoltori, di chi ha attenzione all’ambiente, alla salute degli alimenti, all’attenzione degli eventi catastrofali, e quindi questa è la migliore garanzia che si mantenga vitale per i prossimi anni”.

Sul tema degli accordi di filiera nello scenario della nuova PAC è intervenuto il Capo servizio tecnico Gabinetto di Presidenza e Segreteria generale Coldiretti, Alessandro Apolito che ha rimarcato come “gli accordi di filiera sono uno degli strumenti più importanti per rilanciare strategicamente il settore agroalimentare e per garantire rapporti più equi tra i diversi segmenti. Non è un caso che vengano definite come buone pratiche nel decreto legislativo di contrasto alle pratiche sleali e siano considerati centrali per il PNRR e per il Piano strategico nazionale della nuova PAC. Come Coldiretti portiamo avanti da anni questo modello e siamo pronti con progetti concreti e operativi per investire su tutto il territorio nazionale”.

Sul punto di vista della filiera tabacchicola, è intervenuto Cesare Trippella, Head of Leaf EU di Philip Morris Italia, confermando che “nell’ottica delle nuove regole e sfide di competitività del mercato globale, Philip Morris Italia porterà avanti il percorso di collaborazione avviato nel 2010, con le Istituzioni e con Coldiretti, per sottoscrivere impegni pluriennali e accordi di filiera in linea con quanto fatto nell’ultimo decennio. Un impegno finalizzato a garantire una visione di medio e lungo termine e al contempo investire nella transizione eco-energetica e digitale, supportando quindi la sostenibilità ecologica, economica e sociale per una filiera ottimizzata ed efficiente.

 A conclusione del convegno il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, il senatore Gian Marco Centinaio, ha ricordato come “Il settore primario, che gioca un ruolo fondamentale nell’economia del nostro paese, può contare in questo momento su importanti risorse e su una maggiore flessibilità a disposizione degli Stati membri. Il Piano strategico nazionale affronta le sfide presenti e future che attendono il comparto. L’obiettivo è arrivare al 2027 con una sempre maggiore sicurezza e qualità alimentare, una più efficiente valorizzazione delle risorse naturali e un riequilibrio del valore, rafforzando la competitività delle nostre filiere”.​

Il Piano strategico nazionale è ora la vaglio della Commissione Europea, per cui è possibile che da qui a giugno il piano si perfezioni con alcune integrazioni e correzioni, frutto del negoziato. Tuttavia la struttura è in gran parte definita e rivela come il nostro Paese abbia deciso da un lato un atterraggio morbido e diluito nel tempo del processo di convergenza dei valori dei titoli e dell’altro di calibrare l’intervento ambientale su alcuni specifici settori, come zootecnia e olivicoltura. In ogni caso gli impatti su alcune porzioni della nostra agricoltura, in particolare quelle aziende con titoli dal valore oggi sopra la media nazionale, non saranno trascurabili.

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