Dove si insegna l’agricoltura del futuro. Prof. Oberti (DiSAA-UniMI): la sostenibilità passa da scienza e complesse tecnologie

 

MILANO – La parola sostenibilità sempre più presente in un ‘vocabolario’ agricolo, che va in parallelo con l’innovazione tecnologica e con la ricerca. Una parola che va comunicata ed insegnata come si deve.

Ne abbiamo parlato con Roberto Oberti, Professore Associato di Meccanica Agraria e Presidente del Collegio Didattico del corso di Laurea in Agricoltura Sostenibile e di Laurea Magistrale in Scienze Agrarie per la Sostenibilità dell’Università di Milano.

Intanto c’è una nuova offerta formativa per il prossimo anno accademico. Il mondo si sta muovendo nella direzione della sostenibilità e anche al DiSAA c’è un nuovo corso di laurea triennale in Agricoltura Sostenibile che dimostra l’impegno dell’Università Statale nei confronti della sostenibilità ambientale.

“In realtà – spiega il professor Oberti – la denominazione del nuovo corso di Laurea Triennale, nato dalla fusione di Scienze e tecnologie agrarie e da Agrotecnologie per l’ambiente, non segna un cambio di rotta. Sono anni che l’agricoltura ha nel suo codice di condotta una grande attenzione nelle modalità e tecnologie usate nei processi produttivi, al fine di ridurre l’impatto ambientale e rendere le risorse naturali durevoli nell’orizzonte temporale delle prossime generazioni.

La sostenibilità è sempre stata nella sensibilità del DiSAA e un pilastro delle nostre attività. Insomma è da sempre un ingrediente importante di quanto insegniamo nei nostri corsi di laurea.

Il nome scelto nasce dall’esigenza di comunicare meglio l’impostazione e la specificità dei nostri percorsi formativi. Pertanto, la laurea triennale si chiamerà Agricoltura Sostenibile e quella magistrale, direttamente connessa e che completa il corso e la formazione dell’agronomo contemporaneo, Scienze Agrarie per la Sostenibilità”.

Comunicare meglio, perché?

Molto spesso i ragazzi hanno un’idea del mondo agricolo che non rispecchia la realtà dei nostri giorni. Si immaginano l’agricoltore come una figura bucolica che svolge il suo lavoro in modo antico. In realtà si tratta di un imprenditore che utilizza strumenti, conoscenze scientifiche e tecnologie sempre più complesse e opera al centro di un mondo produttivo fatto di agrotecnici e professionisti consulenti, di aziende e fornitori, di esperti dell’high-tech, certificatori, buyer di filiere o dei grandi gruppi agroalimentari.

Studiare le Scienze Agrarie oggi significa acquisire competenze avanzate in ambito agronomico, biologico, fisiologico, ingegneristico, zootecnico, economico (l’elenco dovrebbe continuare a lungo) per diventare professionisti di quella rete produttiva capillarmente organizzata che ha al suo centro l’azienda agraria e che la collega ai mercati agroalimentari, alla distribuzione e alla trasformazione dei prodotti, alla produzione e fornitura di macchine e impianti, sementi, fertilizzanti e mangimi, di software e servizi per l’agricoltura.

E’ questo sistema che permette di rifornire in modo sostenibile e competitivo le nostre filiere agroalimentari e i mercati di tutto il mondo con prodotti di grande qualità. Ma c’è una cosa ancora più importante.

Cosa significa?

Studiare Scienze Agrarie vuol dire anche partecipare da protagonisti alla sfida pacifica ed epocale che ci aspetta nei prossimi decenni: produrre cibo e nutrimento per l’umanità nel modo più sostenibile possibile, cioè preservando le risorse naturali del pianeta. Oggi, con la popolazione in crescita e i problemi di surriscaldamento globale, questa sfida richiede l’applicazione delle tecniche e tecnologie più avanzate o lo sviluppo di nuove e più adeguate mediante la ricerca scientifica. E’ anche a questa la scelta che fa una ragazza o un ragazzo che inizia un percorso nell’ambito delle Scienze Agrarie.

Non una missione facile.

È un compito complesso e multidisciplinare. Ed è proprio questa varietà di approcci e competenze coinvolti che rende i nostri corsi di laurea davvero interessanti, anzi per me entusiasmanti. Al DiSAA ho colleghi che affrontano le Scienze Agrarie da diversi punti di vista, spaziando dal fisiologico al tecnologico, dal meccanico al genetico, dal modellistico al al biologico, e poi si lavora insieme in modo multidisciplinare per sviluppare nuove soluzioni, confrontandosi quotidianamente con la ricerca internazionale.

Per esempio, l’altro giorno ero con dei miei studenti in campo a Cornaredo, vicino a Expo, in una delle aziende agrarie didattico-sperimentali della nostra Università, dove abbiamo uno spazio per la ricerca davvero molto bello e dove stiamo lavorando ad un nuovo esperimento: un robot.

Si tratta di un robot costruito da voi?

Ne abbiamo alcuni prototipi costruiti insieme agli studenti, uno bellissimo installato in una delle serre del DiSAA. Ma questo robot di Cornaredo lo ha realizzato un’azienda del settore con cui collaboriamo e ora lo stiamo allestendo con alcuni nostri sensori. Sarà in grado di misurare nel tempo la risposta di piante a trattamenti con biostimolanti che nostri colleghi agronomi stanno sviluppando per aumentare la qualità e la resa di alcune colture, mantenendo o addirittura riducendo il fabbisogno di fertilizzanti.

Il robot deve rilevare e tenere traccia nel tempo della risposta colturale, pianta per pianta, inviando quotidianamente nel cloud i dati acquisiti a un database remoto realizzato dai colleghi del dipartimento di Informatica.

C’è molta tecnologia dietro alle pratiche agricole odierne?

Si. Anche questo è un aspetto fondamentale del settore produttivo agricolo che molto spesso non si considera. Io sono docente di Meccanica Agraria, ambito che storicamente è stato di grande prestigio per l’Italia, ancora oggi terzo produttore al mondo di macchine agricole insieme alla Germania, e preceduto solo da USA e Cina.

L’età media dei trattori è di 27 anni, più longevi delle automobili.

In effetti sono macchine di robustezza straordinaria, anche se talvolta l’eccesso di affidabilità può rallentare l’introduzione di innovazioni tecnologiche come quelle che caratterizzano questa nuova fase dell’agricoltura. Da un paio di decenni, l’innovazione si gioca sull’inserimento di tecnologie digitali nelle macchine agricole. Fortunatamente abbiamo avuto un grande impulso dalla recente incentivazione “agricoltura 4.0”

Quali tecnologie in particolare?

Possiamo suddividere in due campi le innovazioni tecnologiche che sono in atto. Il primo riguarda quelle migliorie tecnologiche che consentono alle macchine di adattare e modulare le operazioni svolte in base alla esigenze specifiche del punto del campo o della coltura su cui vengono effettuate, ottimizzandole di momento in momento così da massimizzare resa e qualità degli interventi. Il secondo step, molto attuale, riguarda la smart agricolture ovvero la capacità di raccogliere e gestire l’enorme mole di dati resi disponibili dalle macchine riguardo l’oggetto della loro lavorazione, per esempio relativi al terreno lavorato e alle colture nelle diverse fasi di sviluppo. Questi dati dettagliatissimi, costituiscono un vero e proprio patrimonio per sviluppare e applicare dei modelli per la gestione ottimizzata e sostenibile delle colture, basati su conoscenze multidisciplinari in campo agronomico, fisiologico, patologico e che impiegano spesso tecniche di intelligenza artificiale.

Ovvero, agricoltura di precisione?

Esatto. Questi dati a nostra disposizione consentono, e consentiranno sempre più, di riuscire a ottenere, e massimizzare le rese e la qualità dei prodotti, grazie all’ottimizzazione della gestione di ogni unità produttiva. L’obiettivo è di avere la massima efficienza dei processi di produzione agricola, rispettando e preservando le risorse naturali che si utilizzano. Per inciso, uno dei percorsi magistrali che offriamo è proprio in Agricoltura di Precisione.

Invece per quanto concerne Corso Triennale in Agricoltura Sostenibile, quali novità?

Un’importante novità rispetto ai precedenti corsi triennali riguarda l’introduzione di quattro percorsi di approfondimento, pensati per curare la formazione in alcuni aspetti specifici e applicativi dell’agricoltura, sia dal punto di vista produttivo che gestionale. Il nostro intento è quello di fornire applicabilità lavorativa concreta anche al termine di un solo percorso di studi triennale, senza per questo trascurare le basi disciplinari necessarie per affrontare e risolvere i problemi nei prossimi decenni l’agronomo si troverà ad affrontare, all’interno di crescenti vincoli di uso delle risorse naturali.

Una triennale rivolta anche agli studenti che non intendono proseguire gli studi?

Da un lato si. Il fatto di potere dedicare l’ultimo semestre a un proprio approfondimento formativo in un ambito applicativo, costituisce senza dubbio un piccolo ma concreto bagaglio di competenze ed esperienza, spendibile immediatamente dopo la laurea. Al tempo stesso, chi decide di proseguire gli studi, ha la possibilità, già durante la triennale, di affinare quello che piace maggiormente e che potrà poi riprendere ed ampliare nel corso della laurea magistrale.

Invece come si struttura la Laurea Magistrale di Scienze Agrarie per la Sostenibilità?

Prevede un primo anno multidisciplinare con insegnamenti di stampo fortemente tecnico e orientati alle applicazioni a casi significativi, derivati dalla realtà operativa. Naturalmente il livello di approfondimento dei contenuti qui si fa molto avanzato e spessissimo gli strumenti e gli approcci usati sono direttamente derivati dalle ricerche condotte dai docenti. Gli studenti sono di solito coinvolti in progetti individuali o di gruppo e molte delle competenze si fissano o approfondiscono applicando ciò che si è imparato a problemi o casi concreti. In inglese si direbbe hands-on e problem solving, ma è proprio quello che facciamo e su cui vogliamo ulteriormente migliorare.

Al secondo anno, lo studente sceglie fra tre percorsi di specializzazione: Tecnico-Gestionale, Sistemi Zootecnici, Agricoltura di Precisione. Gli insegnamenti e i laboratori del percorso di specializzazione, insieme al lavoro di ricerca svolto per la tesi magistrale, definiscono in modo molto marcato il profilo di competenze del nostro laureato che, pur nella sua specializzazione professionale, rimane un agronomo: un esperto di sistema, delle filiere produttive agricole, della loro gestione e della loro sostenibilità.

Ad ogni modo, i nostri laureati magistrali, un po’ per la propria maturazione, un po’ per la passione nelle materie studiate, ha davvero uno slancio particolare nel mondo del lavoro. E lo dico dati alla mano, pensando al grado di soddisfazione e all’occupazione dei nostri laureati.

Che professioni svolgono?

Si collocano in ambiti molto ampi e diversificati. Un nostro studente magistrale, recentemente laureato, è entrato in una grossa azienda, numero uno al mondo nella costruzione di macchine agricole. Ha iniziato come stagista lavorando alla sua tesi, dove si è occupato di tecnologie di agricoltura di precisione, in particolare nelle macchine da raccolta. Ora è responsabile dei prodotti di questa linea e, oltre al suo lavoro tecnico e gestionale, si dedica anche alla formazione del personale nella rete di commercializzazione che necessita di training prima dell’utilizzo delle tecnologie.

Inoltre?

Un altro esempio, che scelgo di proposito completamente diverso, riguarda una laureata magistrale che ha avviato una sua piccola attività agrituristica nelle colline dell’Oltrepò Pavese, mettendo a frutto la sua grande passione per l’allevamento e per la vita rurale.

E tra questi due esempi in qualche modo opposti, abbiamo decine di tipologie di professioni nelle quali i nostri laureati si collocano con grande successo, a diversi livelli di impego che possono spaziare dalla gestione di aziende agrarie, al settore dei servizi e delle consulenze tecniche, dalle tecnologie digitali, ai mezzi tecnici per l’agricoltura, dalle produzione di macchine e impianti, alle filiere di distribuzione o trasformazione dei prodotti vegetali e animali, alla certificazione e valorizzazione delle produzioni, ai professionisti della gestione amministrativa ed economica, ai dipartimenti tecnici nel settore pubblico.

Senza dimenticare gli studenti che restano in università a fare ricerca.

Per questo la Statale è definita una Research University?

Si con apertura Europea. I nostri studenti sono incoraggiati a svolgere l’Erasmus in una delle 30 università europee gemellate con La Statale. È uscito proprio in questi giorni il nuovo bando Erasmus+ per poter ricevere la borsa di studio e spendere un semestre all’estero durante la triennale, la magistrale o durante le ricerche di tesi.

Il DiSAA accoglie anche gli studenti stranieri?

Certo, siamo internazionali anche noi. E lo saremo ancora di più col prossimo anno, dato che abbiamo deciso di ampliare la nostra offerta formativa in lingua inglese. Milano è una città che attira molti studenti! Vogliamo rendere il dipartimento pienamente attrattivo. Quello che oggi chiamiamo DiSAA, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali è l’erede di una Facoltà storica qui in Statale, ovvero la Facoltà di Agraria che nel 2020 ha compiuto 150 anni.

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