Ucraina. CAI avverte: manca il 40% del fabbisogno nazionale dei concimi. Allo studio metodi alternativi

ROMA – All’Italia in questo momento manca circa il 40% del fabbisogno di concimi per le campagne primaverili e per questo motivo, in ogni angolo del Paese, si stanno studiando soluzioni alternative per salvare le principali colture italiane, dal grano al mais, fino alle colture orticole più bisognose di concimazione quali patate e pomodoro. È quanto afferma CAI – Consorzi Agrari d’Italia sulla situazione nelle campagne italiane in uno dei periodi più importanti dell’anno, che si protrarrà fino a fine maggio, in cui gli agricoltori provvedono a concimare le colture per ottenere prodotti di grande qualità.

I tecnici di CAI – Consorzi Agrari d’Italia, che quotidianamente lavorano accanto a oltre 80mila aziende agricole in tutto il Paese, consigliano in questo momento di utilizzare prodotti a cessione controllata dell’azoto per ottenere un risparmio del 25% circa sui costi standard di concimazione. Un ulteriore aiuto può arrivare dai sistemi di agricoltura di precisione che permettono di massimizzare la concimazione e risparmiare il 20% sul dosaggio di prodotti tradizionali. Importante anche il contributo dei batteri azoto fissatori per rendere disponibile l’azoto atmosferico e sfruttarlo per la nutrizione delle piante.

A creare il buco nelle forniture di fertilizzanti tradizionali, ricorda Consorzi Agrari d’Italia, innanzitutto il caro energia e i prezzi alle stelle dei prodotti dovuto anche alla guerra in Ucraina che hanno portato alla chiusura temporanea dello stabilimento Yara di Ferrara, il più importante centro di produzione in Italia. Per le stesse ragioni, inoltre, in questo momento si registra un sostanziale blocco delle esportazioni da parte dei Paesi più vocati alla produzione di fertilizzanti.

In particolare, l’Italia importa il 70% circa di concimi minerali (azotati, fosfatici, potassio), con l’Egitto che da sola rappresenta poco meno del 50% delle importazioni, seguito da Ucraina (10-15%), Algeria, Libia, Turchia, Marocco, Bielorussia e Russia. Più contenuti i problemi per i fertilizzanti organici e organominerali, invece, la cui produzione nazionale arriva a coprire il 90% del fabbisogno. I prezzi dei concimi, come detto, non tendono affatto a diminuire, come avviene ormai da settembre: l’urea supera i 1000 euro/ton (l’anno scorso, di questi tempi, si aggirava intorno a 350 euro/ton), il nitrato ammonico raggiunge quota record di 1000 euro euro/ton, il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 350 euro/ton mentre i concimi a contenuti di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro/tonnellata.

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