Siccità, task force di Forza Italia. Presentato a Draghi e all’Ue piano strategico

ROMA – Un Piano strategico di contrasto alla siccità. E’ quello presentato oggi da Forza Italia. Come ha sottolineato il coordinatore nazionale di Forza Italia e vicepresidente del Ppe, Antonio Tajani a margine dei lavori della plenaria del Parlamento europeo a Bruxelles: “Forza Italia ha elaborato un piano strategico contro la siccità che abbiamo presentato a Draghi e Patuanelli e che prevedi la realizzazione di una serie di almeno 200 invasi per raccogliere l’acqua piovana”.

Inoltre ha aggiunto Tajani “chiederemo alla Commissione europea l’intervento per svincolare dal dibattito sugli Ogm l’uso delle tecnologie di ‘evoluzione assistita’ per la ricerca su piante più resistenti alla siccità”.

Il dipartimento nazionale agricoltura vuole continuare a porre al centro del dibattito politico italiano il tema della produzione di cibo e della competitività delle imprese agricole.

“Per conseguire questo obiettivo, per noi fondamentale, dobbiamo innanzitutto ridurre i rischi connessi al cambiamento climatico” è stato detto dai vertici di Forza Italia in conferenza stampa.

Abbiamo ben presente che i problemi climatici rappresentano un rischio connesso a chi ha scelto di fare impresa in agricoltura ma gli straordinari avvenimenti causati da questo fenomeno, “costringono”, un partito come il nostro che si pone l’obiettivo di fare politiche efficaci per rafforzare la produzione agricola nazionale, ad occuparsene in modo più attento e soprattutto con un approccio strategico che guarda ai prossimi anni e non ai prossimi mesi.

Il cambiamento climatico sta ormai diventando un elemento strutturale e come tale va affrontato se vogliamo evitare che tutto questo si trasformi in un pesantissimo disincentivo a fare nuovi investimenti o peggio ad impegnarsi a lavorare in questo settore economico da parte anche dei tanti giovani che ci si stanno avvicinando ad esso.

Certamente la più evidente conseguenza del cambiamento climatico in atto è la spaventosa siccità,
di cui si parla molto int questi giorni, ma che sta interessando il nostro paese ormai da qualche anno.

In particolare, negli ultimi mesi, sta colpendo il nord dell’Italia, che rappresenta il vero motore della produzione agroalimentare italiana. Basta solo sottolineare che il Nord Italia trascina l’economia italiana con un Pil che raggiunge i 738 miliardi di euro, superando nazioni come Paesi Bassi, Svezia o Polonia.

La fertilità del suolo, l’abbondanza di acqua, la facilità delle vie di comunicazione hanno, storicamente, favorito lo sviluppo dell’attività economica. Il lavoro quotidiano dell’uomo, nel corso dei secoli, ha accresciuto la ricchezza di questa zona attraverso la bonifica delle aree paludose della bassa pianura e l’irrigazione della parte alta. La rilevanza agricola e industriale del fiume ha svolto
un ruolo primario nella storia politica e sociale d’Italia: il bacino del Po rappresenta oggi oltre il 40% d
el prodotto interno lordo della nazione e il 45% della produzione agricola, oltre che essere la culla dell’agroalimentare italiano e dell’indotto industriale che questo trascina con sé.

Su scala nazionale oltre l’85% del Made in Italy dipende dalla disponibilità della risorsa irrigua per un valore di oltre 450 miliardi di euro. Il Made in Italy costituisce l’asse portante delle esportazioni agroalimentari, cresciute nell’ultimo decennio in media dell’8.1% su base annua.

Il settore agricolo irriguo garantisce una significativa forza lavoro, ad alta specializzazione. Se un ettaro di cereali estensivi occupa mediamente 48 ore/anno di forza lavoro, il corrispondente per una orticola od un frutteto irriguo è di oltre 600 ore/anno, ben 13 volte superiore.

Nonostante gli sforzi compiuti, negli ultimi 20 anni la siccità ha provocato danni all’agricoltura italiana per oltre 15 miliardi di euro.

Nel 2021 ci sono stati 187 eventi calamitosi, dei quali oltre il 70% legato alle acque od alla loro assenza. Ciò ha, spesso, comportato lutti per le irreparabili perdite di vite umane ed oneri importanti per i danni subiti. La penisola ha registrato lo scorso anno ben 9 eventi siccitosi di intensità e durata tale da richiedere lo stato di emergenza.

Ricorderemo il 2022 perché nei soli primi quattro mesi dell’anno gli eventi climatici estremi in Italia sono aumentati del 29% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, investendo con violenza il Nord del Paese, spingendolo in una crisi idrica senza precedenti per intensità, estensione e gravità.

Crisi che va ora progressivamente estendendosi al Centro Italia. In concreto, alcune tra le Regioni del bacino padanoveneto hanno sperimentato oltre 111 giorni di totale assenza di precipitazioni.

Periodo di siccità estrema interrotto solo da eventi piovosi di scarsa rilevanza quando non nocivi per il loro carattere temporalesco, a cui ha fatto seguito una nuova anomalia negativa dell’andamento piovoso, tuttora in atto. Si osserva un generalizzato deficit di piovosità che in alcune aree ha superato il 70% rispetto alla norma. Una chiara tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta non solo con una più elevata frequenza di eventi meteorici violenti ma anche con sbalzi termici significativi.

Da mesi ormai si constata come, con esasperante costanza, ogni settimana si superino i record stabiliti ormai in quasi un secolo di monitoraggio idrologico e agroclimatico. Verosimilmente il 2023 si aprirà con deficit idrico peggiore di quanto non fosse agli inizi del 2022.

Alla luce dell’aumento della popolazione mondiale che nel 2050 arriverà a 10 miliardi di abitanti, della convinzione, che abbiamo più volte ribadito, che produrre cibo e materie prime agricole significa investire nella pace globale e tamponare eventuali crisi geopolitiche, abbiamo quindi bisogno di produrre più cibo e materie prime agricole con un minore impatto ambientale.

Certamente questo obiettivo strategico si consegue solo se sapremo combattere la scarsità di acqua salvaguardando al tempo stesso le falde acquifere. Rimane a nostro avviso una sola via maestra:

capovolgere il paradigma utilizzato fino ad oggi. Meno pozzi e pompe di adduzione che assorbono energia elettrica e più INVASI per raccogliere le acque piovane, grazie ai quali possiamo anche produrre energia idroelettrica e fotovoltaica con impianti galleggianti sulla superficie degli invasi stessi e assicurare il rilascio della risorsa in caso di siccità per alimentare i sistemi irrigui e garantire la continuità della produzione agricola.

In risposta a questa emergenza di portata storica, e sulla base di questi presupposti, si sviluppa la nostra proposta strategica per garantire sostenibilità e resilienza ai territori agricoli ed all’ambiente a fronte di future crisi idriche che si fonda su due proposte principali:

1) Avviare immediatamente la costruzione di nuovi invasi, recependo le proposte progettuali (in stato di già avanzata definizione) già in possesso dei consorzi di bonifica italiani e oggetto di una proposta progettuale denominata “piano laghetti” predisposta da ANBI nazionale. Il costo stimato per la realizzazione di 200 nuovi invasi su tutto il territorio nazionale ammonta a circa 3,5 miliardi di euro (il 40% delle opere da realizzare ha già una progettazione definitiva pronta);

2) Chiedere alla Commissione europea la immediata modifica della normativa che liberalizza l’uso delle TEA (tecnologie di evoluzione assistita) svincolandole dalla legislazione in materia di OGM.

La utilizzazione delle nuove biotecnologie agrarie può assicurare la immediata sperimentazione in campo di nuove piante più resistenti alla siccità e alle parassitosi.

Come proponiamo di agire concretamente per realizzare questo piano

Misure a breve termine:

a) Definizione immediata di un contratto istituzionale di sviluppo (CIS) sul tema della risorsa idrica che coinvolga i territori interessarti. Questo rappresenta uno strumento che ci può consentire di accelerare le procedure e avere subito fondi a disposizione anche per le progettazioni esecutive. Attraverso questo meccanismo, già predisposto dal Ministero del Sud guidato dalla nostra Ministro Mara Carfagna, potremmo arrivare a disporre immediatamente di oltre un miliardo di euro con procedure analoghe a quelle del PNRR.

b) Appostare fondi nella prossima legge di bilancio per i prossimi tre anni.

c) Richiesta alla commissione europea di una modifica della normativa del next generation EU per consentire il finanziamento con il PNRR, oggi vietato, di queste infrastrutture necessarie per conseguire il principale obiettivo che si pone la UE di assicurare ai cittadini europei la sicurezza alimentare.

d) Definire, anche attraverso un decreto siccità, un piano completo di ristori che possa mitigare almeno in parte le ingenti perdite che il mondo agricolo sta subendo e subirà nei prossimi mesi.

Misure a medio termine:

e) Come abbiamo già fatto più volte torniamo a chiedere un nuovo Recovery fund che, come è stato per il covid, riconosca la straordinarietà della situazione che si è creata a seguito della Guerra in Ucraina e apposti nuove risorse che ci consentano di finanziare investimenti strutturali e garantire la competitività delle nostre imprese agricole nel lungo periodo.

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