Redditività allevamento suinicolo ai minimi storici: – 13,7% in un anno, peggio anche del periodo Covid

ROMA – Ancora brutte notizie per l’allevamento suinicolo.

Secondo le ultime analisi del Crefis, il Centro ricerche economiche sulle filiere sostenibili, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, diretto dal professor Gabriele Canali, per il quinto mese consecutivo la suinicoltura italiana vede la sua redditività ai minimi storici. Con la sua attività di monitoraggio e analisi delle filiere suinicole, il Crefis fa sapere che l’andamento economico dell’intera filiera negli ultimi cinque mesi è stato colpito da una pesante crisi, con i più bassi valori dell’indice Crefis dal 2015, cioè da quando è disponibile questo indicatore, che misura la redditività dell’allevamento a ciclo chiuso.

La discesa è evidente sia mese su mese (-9%) che anno su anno (-13,7%), e dall’inizio del 2022, il valore dell’indice risulta addirittura più basso del minimo storico raggiunto a giugno 2020, che era il momento peggiore della pandemia.

In calo anche la redditività della macellazione, svezzamento e ingrasso. A maggio la redditività della fase di svezzamento è ulteriormente diminuita, sia in termini congiunturali (-4,3%), cioè confrontando il periodo attuale con quello immediatamente precedente, che tendenziali (-12,1%) su un orizzonte temporale più lungo. Invece, con l’aumento dei prezzi dei capi da 40 Kg, la redditività della fase di accrescimento è salita a livello congiunturale (+2%), ma resta comunque a livelli più bassi rispetto agli ultimi due anni, con una variazione tendenziale del -22,9%. Anche la redditività per la fase di ingrasso scende (dato congiunturale -11,1% e dato tendenziale -10,9%), mentre quella del comparto della macellazione continua a calare a livello congiunturale (-2,5%), ma resta appena al di sopra del dato registrato nello stesso mese dello scorso anno (+2,1%).

I prezzi delle diverse tipologie di suini invece non sono così bassi: le quotazioni dei suinetti da 7 Kg si sono fermate a 59,017 euro/capo, (-1,4% rispetto al mese precedente), ma mantengono una variazione tendenziale positiva (+3,8%) dal confronto con i prezzi dello stesso periodo dello scorso anno. Nella fase di accrescimento, il prezzo dei suini da 30 kg è salito a 3,335 euro/kg, con una variazione congiunturale positiva mese su mese (+1,6%), mentre a livello tendenziale il dato resta negativo (-11%). In diminuzione anche i prezzi nella fase di ingrasso dei suini da macello pesanti destinati al circuito tutelato. La quotazione scende a 1,606 euro/kg, con un calo del 5,3% rispetto al mese precedente. La variazione tendenziale rimane invece positiva, con un valore superiore al 14%, ma la redditività è in crisi a causa dei prezzi delle materie prime per l’alimentazione.

Invece il mercato dei tagli di carne mostra a maggio una situazione piuttosto differenziata. I prezzi delle cosce fresche pesanti destinate a produzioni tipiche restano stabili a 5,280 euro/kg (+0,1% rispetto al mese precedente), mentre è molto positivo il confronto con le quotazioni del 2021 (+30,6%). Per gli altri tagli di carne, invece, si registrano cali sostanziali. Il prezzo del lombo taglio Padova registra una variazione congiunturale negativa (-23,2%) a fronte di una quotazione che ha raggiunto i 3,650 euro/kg; mentre il prezzo del lombo taglio Bologna è diminuito, mese su mese, del 20,6% arrivando a quotare 3,325 euro/kg. Le variazioni tendenziali restano comunque positive per entrambi i prodotti: +8,1% e +7,3%.

Nel mercato del Prosciutto di Parma stagionato, sempre nel mese di maggio, si registrano quotazioni ancora in crescita. Il “Parma” nella tipologia pesante ha raggiunto una quotazione media mensile di 10,025 euro/kg, con un aumento dell’1,1% rispetto al mese precedente e anche la variazione tendenziale è positiva (+26,9%). Favorevole pure il quadro che riguarda i prosciutti generici che, sempre nel periodo preso in esame e per la tipologia pesante, hanno raggiunto una quotazione di 6,825 euro/kg, con una variazione congiunturale del +1,4% e un dato tendenziale pari a +10,5%.

L’aumento del prezzo delle cosce fresche avvenuto a inizio stagionatura ha giocato negativamente anche sul fronte della redditività per il prodotto DOP. Si registra pertanto un calo dell’indice Crefis a livello congiunturale (-0,3%), ma con il dato tendenziale ancora leggermente positivo (+2,3%). Situazione completamente opposta invece per il prodotto non tutelato: la redditività a livello congiunturale è ancora in crescita (+1,1%) mentre il dato tendenziale è negativo (-12,3%). Si riduce quindi il differenziale di redditività tra le produzioni DOP e quelle non tipiche, restando a favore delle prime, con un +67,4% per i prosciutti leggeri e +48,6% per i pesanti.

“Finché ci sarà la guerra in Ucraina e la speculazione finanziaria delle materie prime più nobili, c’è poco da sperare in grandi cambiamenti verso il ribasso dei costi di produzione. Questo è un grande problema. In più non abbiamo una situazione economica che permette di pensare a dei grandi aumenti dei consumi, né di esportazioni, né di consumo nostro interno”, commenta il Presidente di Assosuini, Elio Martinelli: “Il potere di acquisto della gente è sempre più basso, vista la situazione generale economica e come export abbiamo una incapacità di fare sistema, anche se sarebbe sicuramente una grande opportunità che non riusciamo per adesso a sfruttare. Diversi allevatori hanno deciso di fermare l’attività. Molte scrofaie medio-piccole stanno chiudendo perché non hanno prospettive per il mercato, oltre che avere un problema economico e di liquidità per l’aumento dei costi di produzione esasperati dell’ultimo semestre. Gestire un allevamento in perdita crea grandi problemi e il sistema bancario non è più così disponibile come lo era durante il Covid”.

Secondo Martinelli, ci sono tanti fattori che portano ad una situazione drammatica e con tanti cambiamenti in vista: “Si pensa che nei prossimi sei mesi, quindi mentre si arriva a fine anno, succederà quello che dovrebbe succedere nei prossimi dieci anni. Ci saranno una rivoluzione e un cambiamento fortissimo della struttura e dei rapporti,” sottolinea il Presidente di Assosuini: “Tutto lascia presagire che tanti imprenditori prenderanno la strada della chiusura, della vendita o dell’andare in soccida e quindi di integrarsi in qualche grosso gruppo industriale. Mettere in atto una strategia economica che possa salvare il nostro reddito è una priorità. Noi avevamo lanciato la proposta del fondo suinicolo per il rischio del reddito e direi che dovrebbe essere una cosa urgente da portare avanti e proporlo a tutti gli altri. Un’opportunità non ancora utilizzata è la grande potenzialità che ha verso l’export il settore così rinomato della salumeria italiana, dove però siamo ancora poco presenti, e poco organizzati”

Informazione pubblicitaria