Rincari. Agnoletti (UNESCO), “La crisi alimentare mondiale non è colpa solo della guerra”

18 September 2019, Rome, Italy - Mauro Agnoletti – University of Florence, Chairman of the GIAHS Scientific Advisory Group. More than 2000 Years of Mediterranean Diet: A Journey from Ancient Romans to the UNESCO Recognition in 2010 - The Cultural Dimension of Food (Sheik Zayed Center).rrPhoto credit must be given: ©FAO/Giulio Napolitano. Editorial use only. Copyright ©FAO.

FIRENZE – “La produzione alimentare mondiale complessivamente è in eccesso, quindi teoricamente non ci sono rischi alimentari, eppure ci sono tra i 700 e gli 800 milioni di persone che soffrono la fame (FAO, 2021)”. E’ quanto dichiara Mauro Agnoletti, titolare della cattedra UNESCO per il paesaggio del patrimonio agricolo recentemente istituita dall’Università di Firenze e coordinatore del Master internazionale collegato al programma GIAHS per la salvaguardia dei paesaggi rurali storici.

“Ciò succede perché non tutti riescono ad accedere ai surplus di cibo o hanno risorse economiche sufficienti a pagare il prezzo di mercato richiesto – spiega Agnoletti, esperto per l’Unesco – e perché vi sono incredibili sprechi di cibo. Le molteplici crisi sanitarie, ambientali, politiche ed economiche e i meccanismi di mercato hanno però un altro effetto perverso. Quando le risorse di cereali, ad esempio, sono in mano a grandi gruppi agroindustriali o pochi paesi produttori, essi impongono i loro prezzi e i loro standard qualitativi, mentre i piccoli agricoltori sono messi fuori mercato e smettono di produrre”.

“Si spiega anche così perché in Italia abbiamo abbandonato oltre 10 milioni di ettari di aree agricole e, assieme ad una floridissima industria agro alimentare, abbiamo il 75% del territorio rurale in stasi o recessione economica e importiamo il 60% del cibo dall’estero”, prosegue Agnoletti.

“Collegandosi all’attualità, accade poi che se un conflitto limita la circolazione delle derrate alimentari o ne fa aumentare eccessivamente il prezzo, non abbiamo più coltivazioni nazionali per reagire agli shock e siamo esposti ai fattori internazionali: ci basterebbero 1.400.000 ettari per essere autosufficienti in grano, a livello nazionale. Se questo complesso di fattori critici accade in  Italia non moriamo di fame – conclude Agnoletti – ma se accade in un paese in via di sviluppo è una catastrofe”.

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