Razza Piemontese, allevamenti a rischio. In 10 anni ha chiuso un allevamento da carne su cinque, oggi si lavora in perdita

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ALESSANDRIA – “L’emergenza determinata dalla siccità ha aggravato significativamente la situazione di difficoltà economica degli allevamenti a causa della scarsa disponibilità di foraggi. Il problema è ancora più sentito per noi allevatori di razza Piemontese, il cui prezzo è rimasto invariato negli ultimi anni, a fronte di un aumento di costi che rischia di diventare insostenibile”.

Daniele Malfettani, produttore associato a Confagricoltura Alessandria e vice presidente della sezione di prodotto allevamenti bovini, esprime preoccupazione per lo stato di salute del comparto degli allevamenti bovini anche in provincia di Alessandria.

La questione è stata affrontata il 7 settembre al tavolo di filiera che si è riunito all’assessorato regionale all’Agricoltura guidato da Marco Protopapa.

Dall’incontro è emerso che, in base ad uno studio condotto su un campione rappresentativo di aziende, aggiornato alla luce dei recenti forti rincari delle materie prime e dell’energia, gli allevamenti di bovini registrano attualmente una perdita di 41 centesimi al chilogrammo (peso vivo, riferito a capi maschi) rispetto al prezzo massimo rilevato dai mercuriali della Camera di commercio di Cuneo.

La scarsa redditività degli allevamenti spinge gli allevatori all’abbandono delle stalle; nel 2010 in Piemonte c’erano 3.625 allevamenti di bovini da carne con 264.488 capi; attualmente il numero delle stalle è sceso a 2.828, con 239.821 capi bovini allevati. In un decennio praticamente una stalla su cinque ha chiuso i battenti.

“La situazione della nostra provincia riflette quella regionale – dichiara la presidente di Confagricoltura Alessandria Paola Sacco – perché in assenza di misure adeguate, si rischia di andare incontro a una forte contrazione degli allevamenti, anche a causa dei probabili aumenti delle materie prime che si profilano nei prossimi mesi a seguito del peggiorare della crisi dovuta al conflitto russo-ucraino. Per questi motivi – aggiunge Sacco – oltre ai sostegni diretti agli allevatori già previsti a livello comunitario e nazionale e a quelli indispensabili e urgenti finalizzati a contenere il costo dell’energia, sarebbe importante che nelle sedi istituzionali competenti si promuovessero azioni, anche strutturali, idonee a riposizionare sul mercato, in un ambito economicamente sostenibile, la carne di bovino e in particolare quella della razza Piemontese certificata”.

“Nonostante la Fassona sia considerata un fiore all’occhiello della produzione Piemontese, il consumo si è fortemente ridotto. Da tempo riteniamo sia necessaria una campagna di marketing incisiva a livello regionale e nazionale per riconquistare quote di mercato perdute anche a causa della chiusura, in aree rurali e non solo, di punti vendita specializzati nella vendita di carni di pregio, ossia le ‘vecchie’ macellerie. Incentivare in questo senso accordi di filiera sarebbe determinante”, aggiunge Malfettani.

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