La filiera dell’erba medica al centro del dibattito per il futuro dell’agricoltura italiana

ROMA – Agricoltura come strumento di lettura della finanza. Grande dinamismo del settore delle foraggere e dell’erba medica in particolare. Necessità che gli agricoltori siano protagonisti di un fenomeno che sta portando a cambiamenti epocali e globali.

Al convegno sulla filiera dell’erba medica organizzato da AIFE/Filiera Italiana Foraggi svoltosi a Ravenna ieri, martedì 13 dicembre  e dedicato alla redditività e alla sostenibilità di questa coltura, è stato fatto il punto su un segmento produttivo che si sta rivelando cruciale all’interno della grande trasformazione in atto nel mondo agricolo.

Il tavolo dei relatori ha visto avvicendarsi negli interventi i maggiori esperti del settore ai quali il presidente di AIFE/Filiera Italiana Foraggi, Gian Luca Bagnara, ha dato il benvenuto introducendo i lavori di una giornata ricca di spunti e approfondimenti, partendo dall’assunto che “il tema agricolo – ha scandito – deve rappresentare l’anello di congiunzione nel processo evolutivo impegnato a ottenere cibo sempre più sicuro, raccogliendo la sfida che collega il valore del territorio al consumatore finale. In questo la filiera italiana dei foraggi essiccati svolge un ruolo primario perché è in grado di riconnettere la zootecnia all’agricoltura garantendo sostenibilità. Recentemente abbiamo effettuato una valutazione comparata sulla redditività di alcune tra le principali colture, erba medica, mais, frumento tenero e soia e le prospettive ad esse legate elaborando una serie di dati prodotti dalla Rete d’Informazione Contabile Agricola (RICA) e dal Consiglio per la Ricerca e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA) nel periodo 2016-2020.

Ebbene, dall’analisi del campione di aziende valutate, oltre 800, e un’estensione coltivata complessiva di 11.000 ettari, gli indici economici ottenuti analizzando la resa, il prezzo, la produzione lorda vendibile e i costi hanno evidenziato che l’erba medica, dopo il mais, è stata la coltura che ha generato  in mediail maggior margine operativo: 725euro/ettaro per il mais e 610euro/ettaro per la medica. Si  tratta di dati che confermano l‘ottima risposta di questa coltura alla redditività delle aziende e che soprattutto, con l’avvento della nuova Pac ormai prossimo, il suo margine operativo medio crescerà ulteriormente e si allineerà a quello del mais”.

La nuova PAC dunque, che entrerà in vigore il 1 gennaio 2023 e rispetto alla quale Angelo Frascarelli, presidente Ismea, dopo averne illustrato gli aspetti che più interessano gli operatori legati alla produzione di erba medica a partire dall’Ecoschema 4, li ha invitati a “considerare il documento della Politica agricola comune come uno strumento di sviluppo, valutando attentamente tutti i pagamenti per individuare quelli che convengono e analizzando prima, all’interno della propria gestione aziendale, le rese, i prezzi e i costi da sostenere”.

E di aspetti economici ha parlato ancor più approfonditamente Fabian Capitanio, docente di Economia e Politica Agraria all’Università Federico II di Napoli, che ha toccato purtroppo un nervo scoperto del mondo agricolo nazionale affermando che nel settore “il 98% delle aziende non ha un bilancio certificato – ha dichiarato – A torto questo importante strumento di analisi economico viene visto come una sorta di tassazione, mentre al contrario rappresenta il più valido mezzo per costruire una rete di protezione e aumentare la resilienza delle aziende davanti alle incertezze che stanno caratterizzando questo momento storico. Purtroppo nel mondo agricolo manca la conoscenza delle assicurazioni e la gestione del rischio viene spesso vissuta nell’emergenza del momento in cui si verifica il disastro. Il tempo di dipendere economicamente dalla PAC è finito – ha sottolineato – stiamo entrando in un nuovo mondo che richiede un nuovo modo di gestire le aziende agricole”.

Il convegno ha riservato spazio anche alla presentazione, da parte di Maria Teresa Pacchioli, dei dati scaturiti ed elaborati al termine del progetto MediCarbonio a cui hanno aderito alcune aziende associate AIFE/Filiera Italiana Foraggi, condotto per la parte scientifica dal Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia; progetto finalizzato a stabilire quanto la coltivazione di erba medica riduca l’impronta del carbonio nel terreno nella zona orientale dell’Emilia Romagna con l’obiettivo di ottenere la certificazione made green in Italy, riconoscimento illustrato da  Marco Omodei Salè del CSQA.

Qualità e importanza del seme certificato, ruolo degli agromeccanici nelle operazioni di semina e raccolta, valorizzazione dei medicai per il mantenimento dell’equilibrio ambientale garantito dall’apicoltura sono stati gli altri argomenti sviluppati nel corso della giornata grazie agli interventi di Eugenio Tassinari, presidente di Assosementi; di Antonio Rossi presidente della OP APROS; del direttore di APIMAI Roberto Scozzoli e di Alberto Contessi e Giorgio Baracani, rispettivamente presidente dell’Osservatorio Nazionale Miele e presidente del Consorzio Nazionale Apicoltori (Conapi).

“Le sfide che abbiamo davanti sono epocali – ha dichiarato Gian Luca Bagnara concludendo i lavori – sfide che vanno raccolte con una prospettiva di medio e lungo termine che superi quell’abitudine di intervenire nell’immediato che non risponde più ai cambiamenti che il mondo intero sta vivendo, caratterizzato come ha giustamente sottolineato Fabian Capitanio da un’incertezza di fondo che si combatte solo con una visione prospettica e lungimirante”.

Con circa 30 impianti di trasformazione dove viene conferita l’erba medica prodotta su 90mila ettari di superficie distribuiti tra Emilia Romagna, Marche, Veneto, Lombardia, Lazio, Umbria, Toscana e Abruzzo, AIFE/Filiera Italiana Foraggi rappresenta il 90% della filiera italiana dei foraggi essiccati e disidratati con una produzione di circa 800.000 tonnellate/anno pari al 10% della totalità produttiva nazionale, posizionandosi seconda a livello europeo dopo Spagna e Francia.

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