Erba medica: in Emilia Romagna il maltempo ha ridotto a zero i raccolti

RAVENNA – “Stringersi e unirsi nella tragedia”. Riccardo Severi, direttore di AIFE/Filiera Italiana Foraggi concentra in poche parole quello che il mondo agricolo e cooperativo associato all’Associazione Italiana Foraggi Essiccati, impegnato rispettivamente nella produzione e nella trasformazione di erba medica, stanno facendo per fronteggiare le drammatiche conseguenze causate dall’alluvione che nel maggio scorso si è abbattuta sulla Romagna. Uno sforzo iniziato immediatamente dopo l’inondazione che non è ancora terminato e chissà per quanto tempo ancora proseguirà.

“Abbiamo numerosi soci che a distanza di oltre un mese dall’alluvione faticano ancora a entrare nei loro appezzamenti di terreno coltivati a erba medica anche solo per verificarne le condizioni. Al momento, per quel che riguarda gli areali di pianura, sulla base di dati approssimativi si stima un ammanco di prodotto intorno ai 2000 ettari. Diverso il ragionamento se pensiamo alle zone di collina, dove alcuni campi non sono ancora praticabili, tantomeno raggiungibili e le verifiche sulle condizioni in cui versano al momento non sono possibili”.

Così Daniele Betti, neo-direttore generale di Sopred, cooperativa di Campiano, provincia di Ravenna, che da oltre sessant’anni è impegnata nell’essiccazione e disidratazione di erba medica e foraggi. Nonostante ciò, la qualità e la resa del primo taglio soddisfano le aspettative.

“Purtroppo l’alluvione ha fatto saltare tutti gli schemi e molto prodotto è stato e sarà raccolto con notevole ritardo, compromettendo così lo standard qualitativo a cui eravamo abituati – continua Betti – I 50-60 quintali/ha che in media i nostri conferitori hanno ottenuto dal primo taglio nei terreni risparmiati dall’alluvione hanno permesso di compensare la diminuzione di superficie disponibile e rappresentano una nota positiva in mezzo a una tragedia di proporzioni apocalittiche. La strategia di anticipare la raccolta del primo taglio nella prima settimana di aprile ci ha permesso di produrre fieno di buona qualità che auspichiamo possa in buona parte prendere la strada dell’export come avviene tutti gli anni, anche se va detto che la richiesta nazionale, rispetto al 2022, sta registrando un significativo aumento. I magazzini si stanno riempiendo, la qualità del prodotto è buona e forse già questo è un ottimo segnale per la ripartenza della Romagna dopo la devastante alluvione del maggio scorso”.

Per evitare che l’alluvione travolgesse Ravenna ha deciso senza esitazione che le acque inondassero 600  dei 2000 ettari di terreno coltivati dai soci della cooperativa che presiede. La CabTerra. Lui è Fabrizio Galavotti, il presidente, che nelle ore immediatamente successive a quella decisione che ha salvato la città, ha involontariamente attirato su di sé i riflettori di tutta la stampa nazionale che lo ha definito un eroe. Definizione che lui ha sempre rispedito al mittente sottolineando di aver fatto solo quello che era giusto fare per evitare una tragedia ancora peggiore di quella che la Romagna già stava vivendo.

Di quei 600 ettari inondati 30 erano destinati alla coltivazione di erba medica. “A distanza di oltre un mese dai giorni dell’alluvione – spiega Fabrizio Galavotti – oggi è possibile entrare nei terreni alluvionati e verificare la situazione. Dagli appezzamenti dove l’acqua è rimasta per una decina di giorni non sarà possibile per quest’anno ottenere nulla, da quelli dove dopo 3-4 giorni l’acqua se n’è andata, pur avendo perduto il primo taglio, forse riusciremo a salvare quelli successivi, ma allo stato qualsiasi previsione è prematura. Grazie alla nostra esperienza e all’intervento di un docente dell’Università di Parma specializzato in queste situazioni stiamo effettuando delle verifiche e dei campionamenti per stabilire le condizioni del terreno in vista delle semine future. I risultati ci indirizzeranno verso le soluzioni migliori da prendere. Poteva andare peggio? Certamente sì, e nonostante una situazione davvero drammatica sotto molti punti di vista personalmente sono convinto che ci riprenderemo. Non sarà facile, sarà invece molto impegnativo, ma anche con l’aiuto delle Istituzioni che speriamo intervengano con sollecitudine, ce la faremo”.

“Gli agricoltori resistono. E resisteranno anche a questa tragedia. È nel loro Dna. Non vi è però alcun dubbio che quanto avvenuto a seguito dell’alluvione sta mettendo a dura prova la loro resilienza”. Antonio Rossi, presidente della cooperativa agricola Apros, unica O.P. in Emilia Romagna iscritta al settore delle sementi foraggere con una base associativa di circa 500 soci distribuiti in gran parte in Romagna, traccia un primo, seppure approssimativo bilancio delle conseguenze scatenate dall’alluvione.

“Quest’anno, prima dell’alluvione, avevamo registrato un significativo aumento della richiesta per la moltiplicazione del seme di erba medica – spiega – e grossomodo avevamo calcolato inseriti in domanda oltre 13mila ettari a fronte dei 12mila dell’anno scorso. Oggi queste cifre restano solo un ricordo. Approssimativamente abbiamo stimato una percentuale di rinunce vicina al 50% perché i terreni destinati alla moltiplicazione del seme sono in gran parte andati sott’acqua e il limo e il fango che si è depositato, e poi quasi cementificato per centinaia di ettari di terreno, hanno lasciato sedimenti che solo i risultati dei campionamenti in atto riveleranno come e quando si potrà riprendere a produrre. Abbiamo davanti tante incognite anche per la produzione che è stata risparmiata dall’alluvione dovute in parte al ritardo del primo taglio e in parte legate all’andamento climatico dei prossimi mesi che, speriamo,  potrebbero ridare un po’ di fiato e fiducia. Una cosa però è certa: prima della fine dell’estate sarà impossibile stilare un bilancio di quello che si è riusciti a salvare e di quello che si dovrà fare per gettare le basi di una ripresa ragionevolmente breve dell’attività”.

I danni causati dall’alluvione che il 2, ma soprattutto il 16 maggio scorso si è abbattuta sulla Romagna non hanno risparmiato una delle cooperative storiche della zona: la Cab Massari, realtà storica che si estende da Conselice e Massa Lombarda (RA) fino a Medicina e ad Argenta, le ultime due rispettivamente nelle province di Bologna e Ferrara. Ma è a Conselice che l’alluvione ha portato la massima devastazione. “Su 270 ettari destinati a erba medica – racconta Giampietro Sabbatani, direttore tecnico di Cab Massari – solamente 13 si sono salvati dalla furia delle acque. Tutto il resto è stato spazzato via e per quest’anno non sarà possibile recuperare nulla perché le radici delle piante sono morte. Stiamo vivendo una situazione drammatica causata anche dalla necessità di reperire fieno per alimentare le 360 bovine che alleviamo nella nostra stalla destinate alla produzione di latte biologico e latte fieno che proprio per questo non possono essere alimentate con insilato. Non solo. La distruzione causata dall’alluvione ci obbligherà a rivedere i piani colturali e dovremo distruggere impianti che avevamo rinnovato da poco in virtù di una rotazione che fino a prima dell’alluvione seguiva una logica legata alla pluriennalità tipica dell’erba medica”.

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