25 novembre, Albanese (Donne in Campo): “In agricoltura innovative e tenaci, ma ancora sottovalutate e non indipendenti economicamente”

FIRENZE – Una cultura del lavoro inclusiva e valorizzazione della diversità del lavoro delle donne vissuta come un valore e non come un limite.

Devono essere queste le parole d’ordine da cui ripartire, per Lorenza Albanese, presidente di Donne in Campo Cia Toscana, per il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.  In questa giornata, le donne di Donne in Campo Cia rilanciano e promuovono il tema del lavoro e in particolare dell’impresa, come fattore chiave per emancipare le donne dalla dipendenza economica e come fondamento del contrasto alla violenza di genere.

“L’imprenditoria come opportunità per superare la dipendenza economica di genere – dice Albanese -. La violenza sulle donne è purtroppo all’ordine del giorno, le violenze spesso non vengono riconosciute e le donne che denunciano le situazioni di disagio non riescono ad essere tutelate”.

Intanto, sempre sabato 25 novembre, Donne in Campo di Toscana Nord organizza a Viareggio (Piazza Campioni) una mostra mercato dedicata all’imprenditoria agricola come opportunità per superare la dipendenza economica di genere.

La strada verso l’emancipazione femminile in agricoltura è stata lunga e faticosa

“Per anni alle donne non è stata data rappresentanza e il loro lavoro è stato considerato solo di sostituzione a quello maschile – sottolinea Albanese -. Oggi, sebbene molto sia stato fatto, il ruolo delle donne nello sviluppo delle aree rurali è ancora sottovalutato e, soprattutto, non ha sufficiente visibilità statistica e non è sostenuto da un corollario politico e istituzionale che affermi come le questioni di genere non riguardino solo le donne e che sostenerle si traduce in un vantaggio dell’intera società”.

Per molte donne il lavoro agricolo è stato una scelta, spesso non compresa o addirittura ostacolata, una scelta fatta per passione, tra mille difficoltà e impedimenti, una scelta che testimonia quanta forza le donne hanno dovuto e devono tirar fuori per andare avanti in un mondo di tradizionale appannaggio maschile.

“Eppure – spiega la presidente di Donne in Campo -, ancora oggi non si riesce a dare pari dignità e giusto riconoscimento al contributo economico e produttivo che le donne apportano all’agricoltura. Noi pensiamo che oltre alle quote rosa, importanti per garantire l’opportunità di accedere a posizioni di rilievo, per avviare un reale percorso di cambiamento, occorrerebbe agire soprattutto considerando il peso statistico del lavoro delle donne, misurando  e contabilizzando il loro contributo economico e lavorando sulla filiera della governance locale orientando le politiche sul territorio sui fabbisogni reali, definendo strategie di sviluppo che vedano il contributo delle donne come una opportunità e non come un disvalore”.

La tenacia e l’inventiva delle donne rurali sono note, evidenza Donne in Campo Cia Toscana: “Le donne hanno tenacia e inventiva nel preservare gli ecosistemi locali – dice Albanese -, nell’adottare modelli di gestione responsabile delle risorse territoriali, nel dare risposte innovative per fronteggiare le crisi. Sono state le donne ad aprire i cancelli delle aziende agricole alle scuole, dando vita alle fattorie didattiche; a invogliare i turisti a visitarle e a pernottarci (come per l’agriturismo); a sostenere la vendita diretta in azienda. E cosa importante, sono state sempre le donne ad orientare le scelte produttive non solo in base al valore di mercato dei prodotti, ma anche in base ai bisogni alimentari delle persone di cui si prendono cura, e alle proprietà organolettiche e gastronomiche delle varietà. Spesso si discute sul diritto delle donne a esercitare il proprio lavoro senza essere oggetto di pregiudizi, che spesso sconfinano in forme di violenza fisica e psicologica”.

La voce delle donne ancora poco ascoltata

L’impegno quotidiano delle donne nel tessere le trame del tessuto economico e sociale è stato e continua ad essere fondamentale per la tenuta dei territori rurali. La loro voce, però, ancora oggi rimane poco ascoltata, il loro potenziale sottovalutato, spesso ostacolato. Più del 50% della popolazione che vive nelle aree rurali italiane è donna. Nonostante la loro tenacia e inventiva nel preservare gli ecosistemi locali, nell’adottare modelli di gestione responsabile delle risorse territoriali, nel dare risposte innovative per fronteggiare le crisi, le azioni a loro favore risultano essere ancora poche e sporadiche, si lascia ampia discrezionalità alle istituzioni nell’attivarle o meno, non c’è continuità e soprattutto non c’è spesso una visione strategica di sviluppo inclusivo delle aree rurali.

“I temi su cui noi donne in agricoltura dovremmo confrontarci, sono quelli dell’indipendenza economica, soffermandoci sugli elementi che caratterizzano l’occupazione femminile sia sul versante autonomo che dipendente, la salvaguardia della salute e la sicurezza sul posto di lavoro, l’equa retribuzione, la parità di accesso ad un sistema pubblico locale in grado di offrire infrastrutture e servizi di base indispensabili per le donne. Di pari importanza il tema delle opportunità per le donne di partecipare attivamente ai processi decisionali, politici ed economici, l’accesso ai percorsi formativi e a tutte quelle informazioni indispensabili per fare impresa” conclude Albanese.

L’agricoltura femminile in Toscana

In Toscana le aziende agricole condotte da donne sono più innovative, informatizzate ed hanno una superficie superiore (di 2 ettari) rispetto alla media dell’agricoltura femminile italiana. Dall’ultimo censimento dell’Agricoltura, la Toscana si riscopre virtuosa rispetto al dato nazionale: se in Italia oggi le aziende agricole dirette da donne rappresentano il 31,5% delle aziende agricole, in Toscana sono il 32%.

Dati ancora migliori se analizziamo la superficie media delle aziende in rosa: rispetto ad una media di 12 ettari ad azienda condotta da uomini, la media femminile è di 7,7 ettari a livello Italia e di 9,7 ettari in Toscana.  Una crescita davvero importante se pensiamo che nel 2000 le aziende femminili avevano meno di 1 ettaro, e nel 2020 solo una su cinque ha meno di 1 ettaro.

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