Razza Chianina in crisi. Cia Arezzo lancia l’allarme: stalle piene ma crolla la richiesta del prodotto di qualità

AREZZO – Era la regina incontrastata della provincia aretina, il simbolo dell’agricoltura e delle terre sottratte alla palude, un elemento del paesaggio, apprezzata per le sue qualità ma anche per la capacità di evocare la tradizione e la bellezza della campagna toscana.

Oggi rischia di essere la Cenerentola in un mercato che continua a modificare i suoi usi, le sue abitudini e i suoi gusti, dove il consumo di carne  è in continua discesa stritolato da nuove tendenze che cominciano ad avere riflessi importanti sui consumi. Il rischio? E’ di assistere a una continua e progressiva emorragia di aziende che cessano la produzione e con essa anche il presidio del territorio.

E’ un vero e proprio grido d’aiuto quello che arriva dalle aree dove si concentrano gli allevamenti di Chianina: grido di aiuto che, in questi giorni, viene consegnato a Cia Arezzo, impegnata in una faccia a faccia con i suoi associati, direttamente in fattoria.

“Oltre alle ormai note difficoltà che attraversano più in generale il mondo agricolo – spiega la presidente Serena Stefani – i produttori di Chianina devono fare i conti con una crisi di mercato grave e con regole sempre più stringenti e di difficile applicazione”.

“Le nostre stalle restano piene. L’indice di apprezzamento di questa razza è tutto in calo. Fatichiamo a vendere i capi, nonostante il prezzo di mercato si sia progressivamente abbassato fino a posizionarsi sui livelli delle altre razze”, si lamenta Marcello Polverini,  allevatore valtiberino, a capo di un’azienda familiare multifunzionale, che, invece di protestare salendo sul trattore, in questi giorni, in cui infuria la protesta degli agricoltori, ha preferito  rappresentare i disagi del settore rimanendo vicino ai suoi animali.

“Ho chiesto alla presidente di Cia Arezzo   un incontro in azienda, insieme ad altri colleghi. Per discutere e affrontare insieme temi che necessitano di soluzioni urgenti”, spiega l’imprenditore.

“L’allevamento della razza – aggiunge – richiede una gestione complessa e costosa, che oggi non è più remunerativa. Negli ultimi anni, poi, abbiamo assistito ad un autentico crollo delle richieste. Ormai si mangia meno carne e i canali di vendita si sono ristretti. Senza considerare che l’affermazione di nuove realtà commerciali ha svalorizzato il prodotto. Pensate che basta un 20 per cento di questa carne, per fare di un hamburger  un hamburger di Chianina. E’ evidente la necessità di avviare una campagna di  tutela del prodotto complessiva, insieme a un programma di informazione e comunicazione adeguato per promuovere un’eccellenza a cui tanti allevatori da anni si dedicano con impegno e passione”.

La presidente Stefani sostiene: “L’allevamento di Chianina non è più economicamente sostenibile. Diminuiscono le stalle, calano i capi allevati, l’emorragia di aziende è forte soprattutto nelle aree più marginali, dove rappresentano anche un elemento di presidio importante. In questo momento occorre un grande sforzo per migliorare la tutela del prodotto. Mai come adesso il  confronto con tutti i soggetti della filiera è importante per cercare di risolvere il problema e gestire la minore richiesta da parte della GDO e delle macellerie. Occorre  valorizzare sempre di più il legame che unisce razza, territorio e certificazione Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, tutelando la qualità dell’intera filiera, dall’allevatore al consumatore”.

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