ROMA – La proposta di riforma della legge 157/92 sulla fauna selvatica rappresenta finalmente il primo passo concreto per la revisione di una normativa obsoleta e carente che, ormai da anni, non consente più di far fronte all’emergenza ungulati, nonostante i danni milionari ad agricoltura e ambiente, il rischio di malattie, gli incidenti stradali sempre più frequenti e le minacce alla sicurezza dei cittadini anche nelle aree urbane.
Così Cia-Agricoltori Italiani mette il punto sulla proposta di disegno di legge in materia nell’incontro organizzato oggi a Roma, presso la sede nazionale, con il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.
“Siamo davanti a una svolta epocale per provare a cambiare una legislazione vecchia di trent’anni che non risponde più alle mutate condizioni agricole, ambientali e faunistiche del Paese -ha spiegato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. Se la legge del 1992 si focalizzava sulla protezione della fauna, oggi la situazione si è ribaltata, con alcune specie in sovrannumero se non infestanti. L’esempio più lampante riguarda i cinghiali, responsabili dell’80% dei danni al settore agricolo: si è passati da una popolazione di 50 mila capi in Italia nel 1980 ai 900 mila nel 2010, fino agli oltre 2 milioni di oggi”. Quindi “apprezziamo che il ministro Lollobrigida abbia aperto la strada, con il ddl, alla costruzione di un nuovo quadro normativo sul tema -ha continuato Fini-. Non si può aspettare ancora, la situazione è fuori controllo e servono strumenti efficaci e adeguati per mettere fine all’emergenza”.
In particolare, tra le istanze di Cia accolte nel testo attuale del disegno di legge, spicca il riconoscimento del ruolo attivo degli imprenditori agricoli nel controllo della fauna selvatica, in primis dei cinghiali. Il ddl prevede, infatti, la possibilità per gli agricoltori, muniti di licenza venatoria e specifica formazione, di partecipare direttamente ai piani di contenimento, anche in contesti emergenziali, contribuendo da un lato a un presidio più capillare e tempestivo del territorio e, dall’altro, rispondendo alla richiesta del settore di strumenti operativi per difendere le colture e il bestiame e tutelare l’attività agricola. Positivo, per Cia, anche il potenziamento della funzione degli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia), ai quali è affidato il compito di promuovere sinergie con il mondo agricolo e che potranno incentivare pratiche favorevoli al riequilibrio della fauna selvatica.
“Il disegno di legge messo sul tavolo dal ministro Lollobrigida è fondamentale per iniziare a invertire la rotta sulla questione animali selvatici, diventata insostenibile da Nord a Sud Italia -ha ribadito Fini-. Da parte di Cia c’è la massima disponibilità a lavorare insieme per cogliere appieno l’opportunità di riformare la materia, riconoscendo pari dignità alle esigenze di tutela ambientale e a quelle produttive”.
In questo senso, Cia ha riportato al ministro tre punti chiave che dovrebbero assolutamente trovare spazio all’interno del ddl, a partire dall’introduzione di strumenti automatici di indennizzo per i danni provocati dalla fauna selvatica, che ormai si aggirano tra i 50-60 milioni di euro l’anno. È una delle richieste più sentite dalla Confederazione e da tutti gli agricoltori: l’istituzione di un fondo di compensazione e di procedure semplificate per il ristoro. Inoltre, servirebbe una cabina di regia nazionale, anche con rappresentanza agricola, perché la responsabilità del contenimento è ancora troppo frammentata tra enti diversi (Regioni, Province, forze di polizia, gestori delle aree protette) con rischio di scarsa efficacia; infine, un maggiore ruolo delle organizzazioni agricole nella governance e nella programmazione faunistico-venatoria.