Energia nucleare e gas fossile restano inclusi fra gli investimenti sostenibili. Tribunale UE respinge ricorso Austria

LUSSEMBURGO – Nel 2020 il legislatore dell’Unione (vale a dire il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea) ha adottato il regolamento sulla tassonomia, con il quale ha istituito un quadro per favorire gli investimenti sostenibili. Detto regolamento mira a orientare i flussi finanziari verso attività sostenibili al fine di realizzare un’Unione europea a
impatto climatico zero entro il 2050.

A tale scopo, esso stabilisce i criteri per determinare se un’attività economica sia considerata ecosostenibile, al fine di individuare il grado di ecosostenibilità di un investimento.

Per essere considerata sostenibile, un’attività economica deve in particolare, ai sensi del regolamento sulla tassonomia, contribuire in modo sostanziale a uno o più obiettivi ambientali, senza arrecare un danno significativo a nessuno di tali obiettivi, ed essere conforme a determinati criteri di vaglio tecnico la cui definizione spetta alla Commissione europea.

Pertanto, il legislatore dell’Unione ha delegato alla Commissione il compito di fissare i criteri di vaglio tecnico che consentano di determinare a quali condizioni si possa considerare che un’attività economica contribuisce in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all’adattamento a questi ultimi e se arrechi un danno significativo a un altro obiettivo ambientale. Su tale base, nel 2021 la Commissione ha adottato un regolamento
delegato che fissa criteri di vaglio tecnico per le attività economiche connesse alle energie rinnovabili.

Nel 2022 la Commissione ha adottato un altro regolamento delegato, con il quale ha stabilito criteri di vaglio tecnico per includere talune attività appartenenti ai settori dell’energia nucleare e del gas fossile nelle categorie delle attività che contribuiscono in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all’adattamento a
questi ultimi.

L’Austria ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea chiedendo l’annullamento di tale regolamento delegato.

Il Tribunale respinge il ricorso dell’Austria e conferma pertanto il regolamento delegato della Commissione.

Secondo il Tribunale, includendo l’energia nucleare e il gas fossile nel regime degli investimenti sostenibili, la Commissione non ha violato i limiti delle competenze che il legislatore dell’Unione le ha validamente attribuito.

In particolare, la Commissione poteva validamente ritenere che la produzione di energia nucleare generi emissioni di gas a effetto serra tecnologicamente ed economicamente praticabili su una scala sufficientemente ampia, come le fonti di energia rinnovabili, per coprire la domanda di energia in modo continuo e affidabile.

La Commissione ha tenuto sufficientemente conto dei rischi connessi al normale esercizio delle centrali nucleari, agli incidenti gravi ai reattori e ai rifiuti radioattivi ad alta attività. In particolare, la Commissione non era tenuta ad imporre un livello di protezione che andasse oltre la disciplina normativa esistente. Gli argomenti dell’Austria relativi agli effetti negativi della siccità e dei rischi climatici sull’energia nucleare sono troppo astratti per poter essere
accolti.

Inoltre, come per le altre attività economiche connesse alla produzione di energia, la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione né le attività di estrazione e lavorazione del minerale di uranio, di raffinazione, conversione, arricchimento dell’uranio, di assemblaggio di combustibili e di trasporto, che sono attività situate a monte o a valle, né i conflitti armati, i sabotaggi e i rischi di abuso e proliferazione delle applicazioni civili e militari.

Infine, il Tribunale avvalora la concezione secondo cui le attività economiche connesse al gas fossile possono, a determinate condizioni, contribuire in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento a questi ultimi. Infatti, il regolamento delegato del 2022 adotta un approccio progressivo fondato su una riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra lungo fasi successive, consentendo al contempo la sicurezza dell’approvvigionamento.


Il ricorso di annullamento mira a far annullare atti delle istituzioni dell’Unione contrari al diritto dell’Unione. A determinate condizioni, gli Stati membri, le istituzioni europee e i privati possono investire la Corte di giustizia o il Tribunale di un ricorso di annullamento. Se il ricorso è fondato, l’atto viene annullato. L’istituzione interessata deve rimediare all’eventuale lacuna giuridica creata dall’annullamento dell’atto.

Avverso la decisione del Tribunale può essere presentata impugnazione alla Corte entro due mesi e dieci giorni a decorrere dalla data della sua notifica, limitatamente alle questioni di diritto.

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